domenica 9 aprile 2017

Anche sparare pur di non studiare: commento di Stefano Pollini

Pubblicato e commentato da
Francesco Zanotti

Ricevo da Stefano Pollini un commento al post “Anche sparare pur di non studiare”. L’ho pubblicato come Commento, ma poi ho pensato che fosse giusto evidenziarlo in post ad-hoc. Innanzitutto per il suo interesse: mi piacerebbe sapere che ne penserebbero Trump e anche quell’ingenuone (ammetto: avrei voluto usare un altro aggettivo) del nostro Presidente del Consiglio se lo leggessero.  E, poi, anche perché mi permette una precisazione del mio pensiero.

Ecco il commento di Stefano Pollini:

Bellissimo post come sempre. In questo caso aggiungo un punto vista ulteriore. La scelta della guerra non so se sia solo una questione legata alla mancata conoscenza di altre strade. Non è detto che la semplice conoscenza aiuti in quanto in ballo ci sono questioni molto profonde. Cito per esempio Pagliarani che a lungo si occupò di questi temi cercando una risposta alla domanda “perchè si fa la guerra piuttosto che la pace? Anche se tutti, a parole vogliono la pace?

“La pace paradossalmente non è pacifica, ma è la scienza della complessità e della coesistenza degli opposti....ci vuole molto più coraggio la complessità e la conflittualità della pace che non nel fare la guerra. La scelta dell'elaborazione pacifica e dolorosa del conflitto è la scelta di chi è animato dal bisogno di conoscere, di vedere in sé stesso e nella parte avversa, come stanno le cose e , quindi, è capace di entrare in una depressione positiva che comporta il pentimento, la rinuncia, la mediazione... Invece il bisogno di negare nasce dalla paura della depressione. Ma se si evita la depressione del conflitto, si finisce nella paranoia della violenza e della guerra.

Dal punto di vista di Pagliarani ( e di altri psicoanalisti come Fornari), quindi, la scelta della guerra risiede a livello molto più profondo. Non è solo una mancanza di conoscenza, ma incapacità di gestire la paura della depressione. Un approfondimento e uno studio di questi temi aiuta certamente a gestire la complessità connessa alla pace, ma forse la conoscenza è solo uno dei tasselli.

Il mio commento
Innanzitutto un ringraziamento a Stefano per il complimento e, soprattutto, per il commento che è certamente molto interessante. Ecco la mia precisazione. Per conoscenza non intendevo solo “la conoscenza di altre tre strade”, ma dei “sistemi di conoscenze più profonde” che cita Stefano. E dei quali da un esempio straordinario che invito a leggere.
A questo punto mi sento di indicare una strada. Io scrivendo avevo in mentre altri sistemi di conoscenze (dal pensiero quantistico al pensiero autopoietico), ma sarebbe importante costruire una sintesi aggiungendo il sistema di conoscenze proposte da Stefano che non conoscevo.
Roba da intellettuali, dirà qualcuno. Un piffero (ma anche in questo caso l’espressione che avrei usato era un’altra) rispondo. Se le sfide sono complesse non vi è stupidaggine più grande che trattarla con modi di pensare banali. Il rifiuto della conoscenza è uno dei tradimenti più gravi alla solidarietà umana.
Ricito (perché l’ho già citato) Papa Francesco:
“Queste situazioni provocano i gemiti di sorella terra, che si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo, con un lamento che reclama da noi un’altra rotta …… Il problema è che non disponiamo ancora della cultura necessaria per affrontare questa crisi.”
LETTERA ENCICLICA
LAUDATO SI’
DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
SULLA CURA DELLA CASA COMUNE

2015

1 commento:

  1. Caro Francesco grazie del feedback. Aggiungo solo una cosa. Per chi volesse approfondire il pensiero di Pagliarani, consiglio vivamente un piccolo libretto: "Violenza e bellezza. Il conflitto negli individui e nella società". Molto bello anche il video realizzato da Dario D'Incerti "Angoscia della bellezza" con una serie di interviste a Pagliarani. Il video non è più in commercio ma basta contattare il regista Dario D'Incerti.

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.