di
Francesco Zanotti
Sulla prima pagina del Corriere di oggi sono pubblicati due articoli che
mandano due messaggi opposti. Il primo indica un conflitto insanabile che sarà
foriero di scontri sociali. Il secondo indica la strada per trasformare questo
conflitto in alleanza per lo sviluppo.
Cominciamo dal secondo. Il titolo è “Se un telefono vale un punto di Pil”. L’articolo riassume uno studio di JP Morgan: sostiene che,
direttamente ed indirettamente, la proposta sul mercato dell’iPhone 5 (che sarà
presentato oggi) genererà un aumento da un terzo di punto allo 0,5% del Pil americano del
terzo trimestre del 2012. Cioè: la
vendita di un prodotto con le stesse caratteristiche strategiche, costruito in
Italia, trasformerebbe la nostra recessione in sviluppo. Non sottovaluto i
problemi rilevati dal giornalista sulle inumane modalità di produzione
dell’assemblatore cinese di Apple. Ma dico che se in Italia si ideasse un prodotto
con quell’impatto sul mercato, non lo si produrrebbe a quel modo.
Ed arriviamo al conflitto insanabile. E’ un articolo di
Enrico Marro “Il grande scambio flessibilità-salario”. Egli racconta del futuro
“dialogo” tra il Governo e le parti sociali sul tema del lavoro. E rivela
quella che viene considerata l’inevitabile l’ipotesi di fondo: se non si
aumenta la produttività (affiancata dalla immancabile competitività, anche se
nessuno sa dare una definizione professionalmente significativa di
“competitività”) non si possono aumentare i salari.
Dove è lo stridio assordante … Meglio: una mancanza di
visione sconcertante?
Da noi si finisce per “leticare", per cercare di fare
pagare un po’ meno i prodotti che oggi facciamo, anche se nessuno sa
quantificare quanto occorre farli pagare meno e quanto aumento del Pil potrebbe
produrre questo fare pagar meno. Si finisce per “leticare” perché l’unica via
per fare pagar meno è peggiorare la fatica del lavoro. E i lavoratori non ci
stanno.
Gli altri invece sfornano in continuazione nuovi prodotti
ognuno dei quali basterebbe a risolvere gran parte dei nostri problemi.
Ma da noi si potrebbe produrre qualcosa di questo tipo?
Sì! In ogni angolo di Italia! Certo occorrerebbe un diverso sistema economico
(produttivo, finanziario etc.). Ma pensateci bene: il miracolo economico italiano
è stato conseguito facendo diventare più produttive le produzioni di prima
della guerra? Assolutamente no! E’ stato generato dal proporre sul mercato un
“sistema” di prodotti radicalmente nuovo.
E come si può avviare la immaginazione di un nuovo futuro?
Il primo passo dovrebbe essere quello di costruire un Libro Bianco dei Segni
del tempo Futuro come stimolo progettuale. Potrebbero dare un contributo le
grandi imprese. Per le PMI il contributo potrebbe essere dato dalle
Associazioni imprenditoriali. Un ruolo rilevante dovrebbe averlo il sindacato
che andrebbe “sfidato” sulla individuazione dei Segni del Tempo Futuro.
Noi pubblichiamo una primissima e ridottissima edizione
del Libro Bianco dei Segni del Tempo Futuro come possibile primo stimolo
progettuale.
Il secondo passo dovrebbe essere quello di diffondere le
conoscenze che servono a concretizzare in nuovi prodotti servizi ed imprese.
Sono le conoscenze e metodologie di analisi e progettazione strategica che,
oggi, sembrano completamente sconosciute.
Sia nel fare il primo che il secondo passo, un ruolo
rilevante dovrebbero averlo le Fondazioni bancarie
Il terzo passo sarebbe quello di avviare in ogni impresa
e in ogni territorio uno specifico lavoro progettuale. Dovrebbero essere le
banche e le Associazioni Imprenditoriali a stimolare e guidare questo processo
dotandosi per prime delle conoscenze e delle metodologie di analisi e
progettazione strategica
E i lavoratori? Devono diventare i protagonisti
fondamentali di questa immaginazione del futuro: dal lavoratore esecutore al
lavoratore progettuale. Provate ad immaginare questo shift concettuale e vedete
come cambiano i rapporti tra impresa e lavoratori. Su questa base si potrebbe
davvero costruire una alleanza di sviluppo tra imprese, lavoratori e banche.
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