di
Francesco Zanotti
… lo è anche la competizione economica, ma non ne parlo in questo blog. Il Lettore può leggere della mia convinzione che il competere sia distruttivo, che occorra l’intraprendere e che le due cose non sono compatibili sul nostro blog http://imprenditorialitaumentata.blogspot.com/.
Qui voglio parlare di politica, non di economia. E sostenere che la competizione politica è insensata.
Primo indizio di insensatezza, quando scrivo stanno ancora svolgendosi le operazioni di voto dei ballottaggi per le Amministrative 2011. Ho seguito gli sforzi dei giornali per differenziare le proposte (i programmi) dei due candidati. Tutte le tabelle che sono state presentate per confrontare i due candidati nelle città principali (Milano e Napoli) hanno individuato grandi somiglianze.
Le differenze esistono e sono ispirate da sensibilità politiche diverse, grosso modo ancora legate al vecchio dibattito pro o contro l’iniziativa privata e l’industrializzazione.
Ma, se non si è sfegatatamente partigiani, si fa in fretta a concludere che sono due sensibilità complementari che ogni persona di buon senso (interessata al proprio e altrui benessere) vorrebbe sintetizzare.
Ed allora perché proposte molto “sovrapponibili” e, quando diverse, integrabili e da integrare, scatenano battaglie ferocissime con colpi bassi immiserenti?
Io credo che le risposte siano le seguenti.
La prima: una sintesi non è neanche pensabile proprio perché abbiamo costruito una democrazia fondata sul concetto di competizione. E sembra che una democrazia non possa che essere fondata sul concetto di competizione. Il ragionamento che si fa è il seguente.Tutte le idee e le proposte hanno diritto di cittadinanza. Poiché esistono idee opposte, opzioni opposte di società, allora occorre creare attori politici (i partiti) che portano avanti queste opzioni e trovare un meccanismo decisionale per scegliere tra le une e le altre: le votazioni precedute da una campagna elettorale. Nella campagna elettorale, le diverse parti politiche organizzate raccontano le loro proposte. Nel momento ritualmente forte delle elezioni, il cittadino sovrano sceglie.
In queste elezioni (ma anche nelle altre precedenti) si è visto che il presupposto iniziale della competizione (esistono opzioni opposte) si è squagliato. Così profondamente che ogni persona di buon senso vede che i programmi dei due candidati sono molto simili e che potrebbero e dovrebbero essere integrabili. Ma le parti politiche hanno senso solo se sono diverse le une dalle altre. E se i loro programmi non sono diversi, allora occorre costruire quelle differenze che non ci sono. E così la vera differenza che si riesce a costruire è la demonizzazione dell’avversario che impedisce di ammettere che esistono proposte comuni, che impedisce a maggior ragione di tentare sintesi.
Ma da dove proviene questa ansia, questa voglia perversa di diversità a tutti i costi? Da una ragione profonda e da bassi interessi di bottega.
La ragione profonda sta nella visione del mondo che sta alla base della nostra società. Essa è sostanzialmente una caricatura della visione del mondo di Galileo che mi chiamerei “riduzionismo ideologico”.
E’ questo riduzionismo che mi fa scambiare la mia visione delle cose come “oggettiva”. E che mi fa dire che quelli che non concordano sono ciechi, che tutte le visioni diverse sono errate.
E’ questo riduzionismo che mi fa credere che il mio modo di ragionare sia quello “logico”.
Sommando una visione oggettiva con un ragionare logico, si arriva a concludere che quello che si propone è il meglio. Chi non lo capisce o è scemo o è in malafede.
E’ una visione così profonda che la condividono personaggi così diversi come Roosevelt e Berlusconi. Se il lettore si va a rileggere il primo discorso di insediamento di Franklin Delano Roosevelt (4marzo 1933) trova il seguente passo: : “Nel caso però che il Congresso non riesca ad aderire a queste direttive e che la situazione del paese rimanga critica non fuggirò dalle evidenti responsabilità che mi troverò di fronte. Chiederò al Congresso l’unico elemento per affrontare la crisi: il conferimento di ampi poteri all’esecutivo per ingaggiare una guerra contro l’emergenza, poteri paragonabili a quelli che mi sarebbero assegnati se fossimo davanti ad un nemico straniero.”
Chi non sente echeggiare queste parole nel desiderio del nostro Premier di maggior potere per guidare un Paese che non capisce?.
Questa voglia di potere è frutto della voglia smodata di potere e di ricchezza? Credo proprio di no! E’ frutto di una visione del mondo “ideologica” che fa credere che il proprio modo di vedere le cose e le proprie proposte sono le uniche efficienti ed etiche. Se ci aggiungete un grande “ego” … trovate questa filosofia del “non disturbate il navigatore che .. lui sì che sa come va il mondo” in ogni dimensione della società industriale. Lo trovate anche nella sciocca filosofia del “Macho Management”, troppo simile alla filosofia dell’ “Uomo del Destino”.
E’ chiaro che quando questo gioco della competizione diventa il riferimento del fare politica, esso viene anche usato per bassi giochi di bottega. La società industriale è fondata sui beni materiali, si crede che il benessere sia generato dal possedere il più possibile, una carica politica importante serve a possedere di più (e gratificare il proprio io perché il comando è segno di eccellenza) ed allora occorre vincere il gioco delle elezioni. A tutti i costi: ne va del “posto”. Che può lo scranno di Montecitorio o Palazzo Madama, per tanti onorevoli che così campano egregiamente. Oppure un posto nella storia, come è ambizione del Nostro.
Poi, gli esseri umani sono essere umani e la convinzione di essere “unti del Signore” e i piccoli interessi di bottega si sommano. Aggiungete un pizzico di infantilismo (presente egualitariamente nelle diverse parti politiche) e troverete le ragioni di una campagna violentemente fondata sul nulla.
E’ ovvio che una campagna fondata sul costruire conflitti intorno al nulla non serve a nessuno. Anche perché i risultati che verranno fuori dai risultati elettorali che genera saranno occasione di nuove campagne elettorali fondati sul nulla.
Che fare?
Prima di tutto, cominciare a diffondere l’idea che alla radice dei nostri problemi c’è una voglia di ideologia che nasce dalla nostra cultura profonda. Poi, cambiare questa nostra cultura profonda: tutto il mondo della scienza sta proponendo una visione del mondo alternativa: non ideologica, ma costruttiva. E, poi, trovare una nuova visione più profonda di democrazia nella quale il metodo di governo sia radicalmente diverso. Noi ce la siamo immaginata e l’abbiamo chiamata Sorgente Aperta.
Nessun commento:
Posta un commento