venerdì 13 maggio 2011

Il debito greco, i debiti delle PMI e la classe dirigente

di
Francesco Zanotti

Quali sono le ricette che vengono proposte per risolvere il problema del debito greco? Beh … ridurre le spese pubbliche ed aumentare le tasse. Più, dice Daniel Gross sul Sole 24 Ore di oggi, 12 maggio 2011, spostare il debito pubblico da creditori esteri a creditori interni. Cioè: convincere (o costringere?) i cittadini greci a comprare i loro titoli di stato.

Bene, immaginiamo che lo Stato Greco sia una PMI. La soluzione aumentare i ricavi e diminuire i costi è, anche in questo caso, la soluzione regina. Ma c’è qualche differenza fondamentale: una impresa non può costringere i clienti a comprare e neanche può ridurre la qualità dei prodotti. Può rivolgersi agli azionisti, ma non può costringerli a comprare nuovi titoli della società. E sa benissimo che questa soluzione funziona solo se i soldi degli azionisti vengono investiti in azioni di sviluppo.

Se una PMI si trova in una situazione di crisi (in genere la crisi è riconosciuta molto in ritardo: quando si manifesta come crisi di liquidità), sa (dovrebbe sapere) che il modo per risolverla è aumentare la sua capacità di produrre cassa. E questo è possibile solo in parte, riducendo le spese. Molto più dipende dall’aumentare i ricavi. E l’aumento dei ricavi dipende dal fatto di riuscire a progettarsi una nuova identità (vision, mission, struttura strategica, cioè: il suo sistema d’offerta, organizzazione) molto più interessante di quella attuale. Un sistema d’offerta che nasce da una nuova  visione e da una nuova mission, che viene progettato, realizzato e proposto da una nuova organizzazione ed al quale i clienti attribuiscono un nuovo valore. La soluzione è condensata in un Piano Strategico che descriva dettagliatamente ed emotivamente le cose nuove che l’impresa ha progettato, come intende organizzarsi e venderle.

E per uno Stato? Se non vuole accanirsi sui cittadini (uno Stato può farlo fino a che i cittadini non si ribellano; un impresa, no!) anche uno Stato deve sviluppare un proprio progetto Strategico attraverso il quale il Paese si costruisce una propria visione sulla nuova società che vuole partecipare a costruire e all’interno di questa visione definisce il suo ruolo specifico. Definisce, poi, come stimolare l’iniziativa privata per realizzare la sua mission, quale sistema di infrastrutture, quale sistema di welfare etc.

Ma perché queste cose non vengono fatte?

E qui nasce il problema della classe dirigente. Per rendere la drammaticità di questo problema, racconto una esperienza che ho trovato profondamente scioccante. La racconto rispettando il principio: si dice il “peccato”, ma non il “peccatore”.
Il contesto è quello di una conferenza internazionale alla quale ero stato chiamato a partecipare come speaker, insieme ad altri personaggi di diversi paesi. Il tema che trattavo era proprio quello della necessità di dotarsi di un progetto strategico, ad ogni livello. Eravamo 5 speaker. Io ho parlato per ultimo: dopo di me, il Chairman della conferenza ha dato, come di abitudine, la parola ai Partecipanti (non erano, non dovevano essere “pubblico”).
Appena il Chairman ha dato la parola ai Partecipanti è entrato un signore con un seguito. Si è seduto ed uno del suo seguito ha chiesto per lui la parola. Nota: se era appena entrato, non aveva seguito nessuno degli interventi precedenti. Si è qualificato come Parlamentare, Presidente di una commissione economica del Parlamento del suo Paese ed ha iniziato a leggere un intervento nella sua lingua madre. Non è una delle lingua usate internazionalmente… Il traduttore simultaneo ha fatto del suo meglio, ma chi ascoltava la versione inglese del traduttore… non capiva quasi nulla. Finita la sua lettura, si è alzato e se ne è andato. Seconda nota: non avrebbe seguito neanche gli interventi successivi. Sintesi: una autorappresentazione vuota. Nessun desiderio di dialogo, nessun impegno progettuale. Solo la voglia di dimostrare di esistere … in modo anche ridicolo: cioè parlando una lingua che nessuno capiva.

Morale: una classe dirigente di questo tipo certamente non è in grado di generare nessun Piano Strategico Paese. Conseguentemente: non è in grado di affrontare il debito pubblico di quel Paese. Forse (e senza “forse”) ha certamente avuto un ruolo nel crearlo

E le imprese? Certamente molti imprenditori rischiano una altrettanto nefasta autoreferenzialità, chiusi nella loro storia. Altrettanto certamente è questa chiusura che genera i loro problemi.

Soluzione? Esistono conoscenze e metodologie (appartengono a quel trascurato “corpus disciplinare” che si chiama “strategia d’impresa) per sbloccare la visione del presente e per riuscire a progettare nuove imprese e nuovi Sistemi Paese: convinciamo le classi dirigenti ad usarli …

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.