giovedì 24 settembre 2015

Migranti: proposte eccellenti. Media, un po’ meno

di
Francesco Zanotti

Risultati immagini per Naguib Sawiris

Leggo a pag. 13 del Corriere di oggi una intervista a Naguib Sawiris, noto magnate egiziano, dove propone una idea che giudico eccellente. Emozionante, da pelle d’oca. Non solo perché è un grande contributo ideale ed operativo alla soluzione del problema dei profughi, ma anche perché indica una precisa strada per costruire sviluppo. E dimostra come un reale sviluppo non lo costruiscono mai le classi dirigenti politiche. Qualche volta hanno costruito il contesto dal quale è emerso alto e forte uno sviluppo immaginato e realizzato dal basso.
Ma veniamo all'idea che è più importante delle mie filippiche.

Il Sig. Sawiris vuole comprare (anche solo affittare) una intera isola che chiamerà “isola di Aylan” (che, come è oramai arcinoto, è nome del bambino morto e fotografato sulla spiaggia) sulla quale far costruire (a sue spese. Cioè: investe lui. Non sta chiedendo soldi.) un ologramma di una nuova società.

L’espressione “un ologramma di una nuova società” è mia. La modalità di racconto di Sawiris è più operativa.
“… l’isola ha il vantaggio di evitare che i rifugiati tolgano lavoro agli italiani, dipendano dalle infrastrutture, occupino posti nelle scuole e negli ospedali. Costruiremo tutto sull'isola.”.
E ancora “Sono un imprenditore e sono abituato a costruire (nota mia: a costruire, non a competere). La bellezza di questa idea è che assumi le persone per costruire la propria città, un Paese nuovo: come l’America.”.
Come anticipavo: un ologramma di una nuova società.

Il giornalista obietta che vi è il rischio che coloro che hanno costruito l’isola, poi, se vadano. E Sawiris risponde “L’isola diverrà un’attrazione turistica. Torneranno a visitare il luogo in cui sono stati accolti. Oppure resteranno se sono felici. C’è chi dice che i rifugiati puntano alla Germania e non ad un’isola, ma se gli date un salario di 2.000 euro al mese e i figli vanno a scuola e ci sono ospedali, perché non dovrebbero restare?”.
Sig. Sawiris ci rimarranno certamente. Le strade d’Europa sono le strade di un Continente decadente. Meglio dei paesi in guerra, ma molto peggio di un Paese che sa costruire il suo futuro.

Mi viene la tentazione di riportare altre parole di Sawiris, ma mi fermo. Vi invito a leggere questa intervista.
Ed arriviamo ai media. In particolare al Corriere della Sera. Come ho scritto, è collocata a pag. 13, taglio basso, del Corriere della Sera. Lo stesso giornale pochi giorni fa (il 19 settembre) metteva una gigantografia di Balotelli in prima pagina che annunciava un “profetico” (le virgolette rendono bene l’ironia) articolo di Paolo Conti dal titolo: Mario e l’amore vero (mai provato). Direttore, complimenti per la scelta delle priorità.


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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.