mercoledì 26 maggio 2010

Un commento ed una risposta


Provo a dare un mio contributo, dopo i due interventi al mio post "oltre i miti ... ed oltre Galileo". Uso un altro post, perché è un testo un po' lunghetto :-)

Inizio dal secondo, che non ha bisogno di una risposta. Solo, vorrei dichiarare il mio apprezzamento per un punto di vista a cui non avevo pensato. E provo a rilanciare… Allora una delle aree di conoscenza che non dovrebbe mancare alla nostra classe dirigente è la filosofia. Magari, così, oltre a immaginare davvero qualche soluzione alla crisi, ci risparmierebbe anche lo spettacolo meschino di mille baruffe chiozzotte televisive…

Poi, l’intervento del Sig. G.,
Poiché l’intervento contiene domande, ecco la mia risposta …

Rimane vaga ed indistinta la proposta, dice il Sig. G. ..

Be’, la proposta viene descritta in dettaglio nel libretto di circa 100 pagine che si può scaricare dal blog.

Certo, rimane una proposta particolare.
Essa non usa come chiave di lettura del reale i sistemi di interesse. Per il semplice motivo che questo modo di leggere il mondo porta solo a conflitti. Mi obietterà: ma gli interessi esistono e sono forti e ben decisi a difendersi e perpetuarsi. Ecco, innanzitutto, dico che, se così fosse davvero, l‘unica soluzione possibile è la violenza. Una violenza che deve essere rivoluzionaria. Non so se ricorda i librettini della allora sinistra extra parlamentare, negli anni ’70. Allora, il presunto sistema di interessi che governava il mondo si chiamava “governo mondiale delle multinazionali”. E quella sinistra, coerentemente, ha provato a distruggerlo facendo la rivoluzione con gli esiti che tutti conoscono.
A me la via della rivoluzione non piace e propongo di metterla in soffitto per sempre.

Ma, allora, ci teniamo gli attuali Signori degli interessi?
Certo che no! Ma per “eliminarli” propongo questa strada. Abbandoniamo la visione del mondo del “logicamente e oggettivamente” e usiamo quella suggerita dalla metafora della complessità. Essa ci propone (e ci chiede di accettare questa proposta solo se ci piace) che è il nostro sguardo che vede sistemi monolitici intelligenti, dediti a costruire la loro egemonia sociale per disporre a loro piacimento delle risorse. In realtà, esistono certamente battaglie (non strategie coordinate, ma battaglie) per accaparrarsi le risorse attuali. Ma sono battaglie sempre più sterili, condotte da persone che fanno scelte sempre meno efficaci. Per poter veramente impostare una egemonia, dovrebbero conoscere le dinamiche di sviluppo dei sistemi umani. E se ne guardano bene dal farlo. Sono sistemicamente degli sprovveduti.
Possono creare guai, ma lo possono tanto più quanto più noi, che vogliamo cambiare le cose, continuiamo a rosicarci dentro, invece di costruire un nuovo mondo. Che, al loro apparire, li vedrebbe immediatamente sparire per perdita di significato.
Immaginate Berlusconi e Bersani (o Geronzi e gli altri manager padroni attuali) che cercano disperatamente di mantenere il potere su strutture che non interessano più a nessuno, perché la vita economica, sociale, politica, istituzionale se ne è andata da un’altra parte.

Ma costruire un nuovo mondo non è facile. E, invece sì! Basta cambiare gli occhiali che indossiamo. Vedremo un nuovo mondo e cominceremo a volerlo abitare. Concretamente, sì, penso che l’Expo della conoscenza, così come è descritto sul libretto, sia la strategia politica più efficace per costruire una nuova società. E’ l’esatto opposto del combattere gli interessi esistenti.

Expo della conoscenza significa una serie di iniziative plurali e multipolari che hanno l’obiettivo di diffondere nuovi occhiali (i nuovi modelli e le nuove metafore che stanno nascendo in tutte le scienze), che vengono raccolti sotto i nomi di “complessità” e “sistemica”.

Con queste nuove metafore, è possibile cominciare a dare una risposta alle domande che sono pubblicate in un altro articolo di questo blog e che sono una prima sintesi dei problemi più rilevanti che ci affliggono (una visione più completa sta nel libretto che è possibile scaricare dal blog). Ognuna di queste domande invita ad un percorso progettuale. Che non può venire intralciato dalle strategie di difesa degli interessi esistenti, perché sono indirizzate a far nascere nuovi mondi.

Faccio un solo esempio per non dilungarmi: la crisi dei consumi è caratterizzata dal disinteresse per il tipo di prodotti attualmente costruiti e commercializzati. Innanzitutto, meno male che sta crescendo questo disinteresse perché, se stesse diminuendo, saremmo nei guai. Infatti, una ulteriore grande crescita di questa produzione industriale è incompatibile con la natura. Ed anche con le nuove aspirazioni degli uomini. Secondo: viene aperta la strada alla progettazione di un nuovo sistema di prodotti costruirti attraverso nuovi sistemi produttivi. Nessuno impedisce questa riprogettazione.

Il mio invito a tutti i lettori è quello di fare esperienza di questa proposta. Provando ad immergersi nella metafora della complessità ed usarla per rispondere alle domande che ci siamo permessi di porre.

Mi si permetta una conclusione ed una chiarificazione. Io sto avanzando la proposta di un metodo per costruire una nuova società. Non sto avanzando la proposta di una nuova società. Neanche mi candido a guidare un movimento che possa usare la mia proposta per cambiare il mondo. Non so fare nessuna di queste cose.
Accadrà qualcosa se tanta gente più concreta ed esperta di me comincerà, innanzitutto, a migliorare e precisare la mia proposta di processo. E, poi, ad usarla per attivare processi di costruzione di una nuova società.
Ovviamente, la mia proposta non è l’unica possibile. E’ quella che, dopo tanti anni di ricerca, vedo io. Spero che a tanta gente piaccia. A così tanta gente, che possa diventare veramente la strada per costruire una nuova società.
Se si percorreranno altre strade, sarà solo una ricchezza. Certamente saremo alleati solidali ed attivi.

1 commento:

  1. Collaboro e conosco da tempo Francesco e forse per questo comprendo il significato di ciò che vuole dire. Ma per lo stesso identico motivo comprendo le difficoltà degli altri e mi convinco sempre di più che lui abbia ragione.
    Il paradigma nel quale siamo immersi, la visione del mondo che si è impossessata di noi, gli occhiali che non sappiamo neppure di avere incollati al volto ci obbligano a vedere un unica strada, uguale per tutti, sempre la stessa.
    Questa strada ci porta nella stessa direzione, tutti insieme, ed è quella di "magnifiche sorti e progressive" , usando parole di Francesco, note e identiche per tutti. Alternativa a questa sono sorti analoghe, progressive forse, ma sempre uguali per tutti. Parafrasando la battuta di un comico recente: ditemi quello che devo fare, e io lo faccio.
    L'anonimo commentatore vuole sapere quale è la strada alternativa, così la percorre. Nella sua, come nella stragrande maggioranza di noi e mi perdoni se lo prendo ad esempio, vi è una sola scelta, percorrere la strada disegnata da pochi altri, e due sole opzioni, accettarla o rifiutarla. Questo modo di ragionare, che lascio a Francesco l'onere di dimostrare che derivi dal pensiero di Galileo, ci ha anche portato alla situazione che viviamo adesso e nella quale ci radichiamo ancor di più reclamando a voce alta che qualcuno ci dica cosa fare per poi, subito dopo, contestarlo o abbracciarlo acriticamente, perchè qualcosa bisogna pur fare!
    Come uscire da questa empasse?
    Con idee nuove, più che soluzioni, ed è questo il compito dell'expò: una sorta di evento promozionale di "ottica", tanti paia di occhiali nuovi, tutti diversi per provare a cambiarli e scoprire, magari, che il mondo che ci circonda è un tantino diverso da quello che ci appare ora. Un mondo dove finalmente lo spazio nostro ce lo possiamo costruire insieme agli altri e non farcelo imporre dagli altri. Un mondo dove più che soluzioni abbiamo bisogno di strumenti per costruirle, tutte diverse e compatibili. E vi pare poco?

    RispondiElimina

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.