venerdì 28 maggio 2010

Le parole da aggiungere ... guardando l'Ipad e la scienza

Vorrei aggiungere qualche parola al discorso che ieri (27 maggio 2010) ha tenuto il Presidente Confindustria alla Assemblea annuale di Confindustria nella quale si sono celebrati i 100 anni dell’Associazione.
Prima, però, è doveroso un piccolissimo riassunto, i dettagli sono su tutti i giornali, delle proposte/richieste di Emma Marcegaglia. Esse sono telegraficamente sintetizzate da Franco Locatelli nel suo fondo sul Sole di oggi (28 maggio 2010): 
  • infrastrutture, 
  • energia, 
  • ricerca, 
  • capitale umano, 
  • fisco, 
  • giustizia, 
  • concorrenza 
  • legalità.
Che altro aggiungere? 


Ci sono tutte le parole (richieste) che da tutte le parti, forse in ordine più sparso, vengono avanzate in questi giorni.
Si può aggiungere molto. Basta guardare nella stessa prima pagina de Il Sole 24 Ore e leggere l’articolo di Luca De Biase: "Ecco l'iPad quel nero oggetto del desiderio. Per trovare cosa aggiungere...
Riporto due sue frasi. 

La prima:  … la domanda di iPad supera di molto l’offerta, anche se prima del 28 gennaio scorso nessuno sapeva di aver bisogno di un iPad”. 
La seconda: “Oggi, un intero ecosistema innovativo sembra chiedere all’iPad di esistere."
Cosa mi ispirano questa parole? 

Che, accanto alla via dall’alto, (forse necessaria, ma faticosa, difficile, lunga: troppo per imprese che devono pagare gli stipendi tutti i mesi) è possibile una via dal basso. Che permette di pagare gli stipendi senza dipendere da decisioni e riforme che vengono caldeggiate da anni, ma che da anni non accadono.
E scoprire che, forse, non sono poi così  essenziali. Anche il discorso va invertito: prima, le imprese ricomincino a produrre valore alto e forte e, poi, facciamo quelle riforme che diventano possibili proprio perché possono godere di parte delle risorse prodotte dalle imprese
Questa via è costituita da una innovazione imprenditoriale che non nasce dalla ricerca delle esigenze del mercato, che non è il semplice utilizzo della tecnologia. Una innovazione imprenditoriale che considera la società e la tecnologia come immense capacità di divenire che l’imprenditore è capace di far precipitare in una specifica direzione di sviluppo.
Allora, si vede che l’iPad può davvero essere solo la punta dell’iceberg di un nuovo sistema di prodotti e servizi che sono la concretizzazione di una nuova società. Che di questa nuova stagione di imprenditorialità ci sia bisogno lo dimostra anche il fatto che l’attuale sistema di prodotti, caratteristico di una società industriale, è sempre meno desiderato. Lo dimostra il fatto che il produrre questi prodotti in quantità più rilevanti dell’attuale con gli attuali sistemi di produzione diventa incompatibile con la natura.
Ma come far sì che queste parole non suonino solo come esortazioni retoriche? E qui arrivano altre parole: scienza, conoscenza, metodo.
Fino ad oggi, la progettualità imprenditoriale si è basata su istinto e passione. Un istinto ed una passione che sono sopravvissuti e sono riusciti a creare ricchezza, anche se gli imprenditori sono statti “attaccati” da una cultura e metodi di management strategico che cercavano di eliminare istinto e passione con una presunta razionalità scientifica.
Oggi, istinto e passione non bastano più. Occorrono metodi di progettazione e di valutazione strategica che permettano di aumentare le potenzialità di istinto e passione. Dovranno essere metodi completamente diversi da quelli attuali. E faranno fatica ad affermarsi perché la parola stessa “metodo” si porta dietro il ricordo di proposte consulenziali e prassi valutative frustranti.
Da dove possono venire questi metodi? Ecco che entrano in ballo le altre due parole: scienza e conoscenza.
Oggi ci troviamo di fronte ad una rivoluzione scientifica, che trova corrispondenza solo nella prima rivoluzione scientifica scatenata da gente come Galileo e Bacone. Purtroppo, di questa attuale rivoluzione scientifica vi sono solo vaghi cenni nelle tecnologie e in dispute scientifiche che assurgono agli onori della cronaca (non certo degli altari scientifici), quando scivolano nella dimensione della rissa. Come quella scatenata dall’ultimo libro di Piattelli Palmerini e Fodor. In realtà, questa nuova rivoluzione scientifica consiste in una nuova visione del mondo che permette di capire i processi di evoluzione dei sistemi umani (impresa compresa, ma non solo) e trovare delle modalità per gestire questa evoluzione. Detto meno scientificamente: permette di trovare metodi per capire quando una impresa sta perdendo la sua vitalità imprenditoriale e permette di fornire strumenti progettuali per far lavorare meglio istinto e passione in modo da progettare nuovi sistemi di prodotti, servizi, di cui nessuno sentiva il bisogno prima, ma che, appena appaiono, vengono riconosciuti come passi verso quella nuova qualità della vita che tutti sognano. Permette di trovare modalità di produzione e di distribuzione completamente diverse da quella attuali. Permette di progettare un nuovo sistema di servizi, compresa una nuova finanza. Permette di progettare una nuova società. Compresa quella ristrutturazione dello Stato che può essere solo l’obiettivo finale e non può essere un obiettivo strumentale.
Ancora più concretamente, è nostro intendimento proporre questa nuova visione del mondo alla classe imprenditoriale ed alla intera classe dirigente di questo paese. Il punto di attacco è costituito da una nuovo sistema di rating (che proporremo a banche e ad imprese) che non vive della sindrome del giudizio, ma attiva la voglia di progettualità, sia nelle imprese sia nelle banche sia (speriamo) in tutta la classe dirigente. Il Progetto Rating che stiamo avviando è un “ologramma” di quel progetto complessivo che abbiamo definito Expo della Conoscenza e che viene descritto nel volume scaricabile da questo blog.

1 commento:

  1. A supporto della via "dal basso", e di come forse le dichiarazioni di Confindustria appaiano rinunciatarie, almeno di una parte della classe imprenditoriale, vorrei ricordare, senza scomodare i soliti colossi americani, il nostro dopoguerra. Era forse quell'Italia con maggiori infrastrutture, energia, legalità, ecc.? Sicuramente no.
    Ha questo impedito a uomini e donne, di cui non faccio nomi per timore di dimenticarne qualcuno, di costruire nuovi "ecosistemi innovativi" che creassero ricchezza e benessere per tutti? Anche in questo caso la risposta è no. Certo una obiezione ovvia può essere " ma c'era stata la guerra che aveva distrutto tutto", e la domanda allora ancora più ovvia è "ma bisogna sempre aspettarsi una guerra per rinascere?" Io penso di no, e ritengo che la via del metodo-conoscenza-scienza sia quella giusta. A meno che qualcuno si faccia avanti proponendone una migliore, ma che non si riduca, per favore, a chiedere agli altri di fare cose senza le quali non si può far niente. Un vecchio adagio diceva "il modo migliore di non fare le cose è farle fare agli altri".

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.