di
Francesco Zanotti
Oramai credo sia chiaro a tutti che stiamo assistendo alla lunga agonia di un intero modello economico e sociale e che dobbiamo immaginarcene un altro.
Altrettanto chiaro è che non stiamo immaginando alcunchè. Cerchiamo di conservare. Non sono certo liberalizzazioni sostanzialmente ideologiche che sostituiranno una progettualità che non vogliamo avere.
Facciamo qualche esempio.
Le dichiarazioni di Domenico Siniscalco, Presidente di Assogestioni riportate nell'articolo “Il clima sta cambiando” pubblicato sul Sole 24 Ore di oggi, 27 gennaio 2012. Se poi leggete l’articolo è tutto uno stare alla finestra. Se cambierà qui, se cambierà là … Questa non è progettualità strategica. Non è ridisegnare il business del risparmio gestito, come è assolutamente necessario fare collocando, ad esempio, il risparmio più vicino agli investimenti nello sviluppo dei nostri territori. Non necessariamente uno sviluppo industriale. E perché non si cerca di ridisegnare questo business? Perché si è perso il coraggio dell’imprenditore che crea mondi. E perché non si hanno neanche le conoscenze che sarebbero necessarie per sviluppare progetti strategici oggi. Sto parlando delle conoscenze di strategia d’impresa (e della teoria dei sistemi che sta alla sua base) …
Un altro esempio: se leggete l’articolo di Guido Gentili (sempre sul Sole 24 Ore di oggi) scoprirete che l’autore sostiene che siamo ancora a metà strada nell’uscire dalla crisi. Io penso che non siamo neanche agli inizi e carichi di risorse. Mi spiego ...
Siamo veramente agli inizi, ma abbiamo risorse “cognitive” immense. In Italia sta iniziando un movimento diffuso (non ancora organizzato, ma, forse per questo, più efficace) che sta costruendo nuove conoscenze, modelli e metodologie per arrivare ad una nuova progettualità sociale ed economica. Esistono queste risorse, ma se ci si accorge che ci sono, allora si conclude davvero che, forse, siamo ancora più indietro dell’inizio. Perché le classi dirigenti le rifiutano completamente. Rifiutano anche il concetto che esistono conoscenze di cui non dispongono e che dovrebbero “imparare”. Non da chi è più bravo di loro. Ma di che ha investito nello svilupparle.
Forse leggendo tra le righe di tanti interventi di tanti commentatori, si comprende la ragione del rifiuto della conoscenza. La vera soluzione che si cerca è l’intervento di qualche “Papà” che sistemi le cose così che tutti noi si possa tornare a vivere come prima. E, soprattutto, le classi dirigenti possano continuare a dirigere il mondo che conoscono e che non possono ammettere stia perdendo di senso. Che il “papà” si chiami Monti o Merkel o una nuova BCE poco importa. Serve solo che sia stabilizzante, tranquillizzante … E per carità, non ci chieda di tornare a studiare perché ci proviamo troppo gusto a insegnare.
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