martedì 5 ottobre 2010

Un vera agenda … ma da presentare a chi?

Articolo di fondo de Il Sole 24 Ore di oggi (5 ottobre 2010), a firma Alberto Orioli. Titolo: "La vera agenda che serve al paese". Con una sintesi sopra il titolo: “Competitività”.
Leggiamo l’agenda che l’Autore riferisce essere quella formulata dalle associazioni imprenditoriali riunite ieri all’ABI: misure per sbloccare le infrastrutture, prorogare gli ammortizzatori sociali, detassare ulteriormente lo straordinario, dare più certezze previdenziali ai lavoratori in mobilità.
L’autore supporta questa agenda e dichiara anche che essa serve a risolvere il problema dei cassaintegrati, valorizzare le migliori risorse imprenditoriali, gli sforzi delle associazioni imprenditoriali …
E come si fa a non commentare?
A me sembra che questa agenda abbia una sintesi sola: lo Stato deve tirare fuori i soldi. Il futuro è nelle mani dello Stato che deve garantire a tutti le risorse per …
Ho lasciato i puntini perché la risposta che mi viene è “crudele”: per continuare a vivere come prima.
Per capire la problematicità di questa sintesi vorrei sottoporre alcune considerazioni che a me sembrano gravi e banali. Ma che non ascolto in altri luoghi … Forse, allora, mi sbaglio nel proporle … Per tutti noi lo spero vivamente, altrimenti siamo nei guai molto più di quello che pensiamo. E sono guai che potremo risolvere facilmente, proprio perché sono così radicali …
Considerazione di partenza: non è lo Stato che deve garantire la sopravvivenza degli attori economici e sociali. Sono questi ultimi che devono fornire risorse allo Stato per aumentare il livello di servizi ai cittadini. Lo Stato non guadagna: per definizione spende (e, ovviamente, deve spendere bene) le risorse generate dalla società. Se questa si dichiara incapace di produrne, ma chiede allo Stato di essere sovvenzionata, allora si attiva un circolo vizioso perché lo Stato deve, ovviamente, prelevare i soldi dalla società.
Certo c’è quella congrega di puzzoni che sono gli evasori e quell’altra congrega (sulla quale ci sono meno consensi sul fatto che siano puzzoni) dei “ricchi”. Andiamo a prendere da loro i soldi. Bene, facciamolo. Ma poi come usiamo le risorse?  Per continuare tutti a vivere come prima? A vendere gli stessi prodotti, ad usare le stesse tecnologie, la stessa cultura?  Se facciamo così accadrà che, prima o poi anche questi soldi finiranno! E se le imprese non ricominciano a produrre ricchezza e la società conoscenza, siamo nei guai.
Che fare allora? Guardate al miracolo economico italiano. E’ stato un periodo in cui tutti si sono comportati da creatori di un nuovo mondo. Cioè da imprenditori (la natura profonda dell’imprenditorialità è quella di creare nuovi mondi): dai singoli imprenditori, ai lavoratori, alle associazioni sindacali ai partiti.
Questa imprenditorialità diffusa, non solo economica, ma sociale, politica, istituzionale e culturale ha generato il nostro Paese attuale, la sua economia, il suo Stato, la sua cultura.
Oggi questo Paese è invecchiato: le sue imprese producono oggetti sempre meno interessanti, i servizi sono antichi, il tipo di democrazia è primitivo. Ed allora serve un’altra stagione di imprenditorialità. Di una imprenditorialità più intensa e complessa che abbiamo definito: imprenditorialità aumentata.
E “imprenditorialità” è l’esatto opposto, se non si vuole dichiarare inutile la semantica, di “competitività”.
Allora provo a proporre un’altra agenda.
Non cancella la prima. Ma le si affianca e serve e ritornare a produrre ricchezza economica, sociale, politica, istituzionale, culturale. Diffondiamo una nuova cultura capace di scatenare una nuova imprenditorialità aumentata. Come? I lettori di questo blog lo sanno: attraverso un Expo della conoscenza …

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.