martedì 8 novembre 2011

Esame di coscienza o produzione di valore. Lettera aperta al Direttore del Sole 24 Ore

Egregio Direttore,

ho letto stamattina (8 novembre 2011) il suo richiamo sul giornale che dirige ad un esame di coscienza collettivo della classe politica e il suo invito ad un Governo fatto di persone che “aiutino il mondo a percepirci come seri e credibili ed abbiano alle loro spalle il sostegno determinato, magari a termine, della politica italiana”.

Apprezzo, ma mi sembra … poco.

Le propongo una strada più … ecco … precisa. Purtroppo, credo, inaudita ed inascoltabile dalla attuale classe politica e mediatica. Dobbiamo ancora fare qualche altro passo nella giungla della crisi per accettare di cambiare i nostri schemi di riferimento, le nostre conoscenze.

Anche se inaudita ed inascoltabile, questa strada gliela propongo lo stesso. Mi permetto di pubblicare questa lettera aperta sul nostro blog e di mandarla a qualche opinion leader per avviare un dibattito nuovo nei contenuti e nelle speranze .

Credo che l’ “urgenza più urgente” sia quello di riavviare il meccanismo di produzione di valore del nostro sistema industriale ed economico. E’ ovvio che se ci si riuscisse il problema della disoccupazione, della stabilità delle banche e delle risorse per costruire infrastrutture, per migliorare il sistema formativo del welfare sarebbe risolto. Si avvierebbe anche un processo di riduzione del debito pubblico. Mi lasci usare un paradosso (che poi voglio trasformare in speranza, indicando come fare a realizzarlo): se in Italia ci fossero 50 Apple, con la capacità di produrre valore della Apple, la pianteremmo di tirare una coperta sempre troppo corta.

Come fare a riavviare il meccanismo di produzione di valore?

Cambiando il rapporto banca-impresa. Mi spiego. Perché il nostro sistema industriale ed economico aumenti la sua capacità di produrre valore è necessario che le imprese riprogettino profondamente le loro identità. Non basta l’innovazione tecnologica. Anzi il continuo ed insistito richiamo alla innovazione tecnologica rischia di essere un alibi per tutti. Anche per gli imprenditori che possono dire: ma se lo Stato non ci dà le risorse …


La riprogettazione delle imprese non deve essere fatta con l’obiettivo della competitività. Ma con l’obiettivo di uscire dal pantano della competizione. Con l’obiettivo di costruire originalità ed unicità. Una strategia “imprenditoriale”, capace di creare nuovi mercati. Come ha fatto Steve Jobs, appunto. O per rimanere a casa nostra, come ha fatto la FIAT con la prima 500.

Come fare perché le imprese riescano compiere questa rivoluzione imprenditoriale? Occorre fornire loro conoscenze. In particolare le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa per valutare quanto sono invischiate nel pantano della competizione e per progettare la via per uscirne.
Chi può fornire alle imprese queste conoscenze e metodologie? Io credo non possano che farlo le banche perché ne hanno un diretto interesse. La prossima grande crisi sarà generata dall’attuale trend di perdita della capacità di produrre valore delle imprese. Se non si avvia un trend di riprogettazione profonda l’attuale trend non si ferma, ma peggiora. E le banche si troveranno a non riuscire ad affrontare tutte le sofferenze che si genereranno. E, quindi, diverranno un altro assorbitore di risorse che, a quel punto, non si sa chi potrebbe produrre.

Ovviamente le banche si dovranno dotare di queste conoscenze e metodologie perché attualmente non ne dispongono. Anzi, dovrebbero avviare un grande progetto di ricerca per migliorare le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa.

La proposta che ho avanzato è solo un ologramma di una proposta più generale che riguarda la conoscenza. I lettori del nostro blog la conoscono: si tratta dell’Expo della conoscenza.

Le propongo una sintesi “estrema” di questa proposta più generale e le mando, come approfondimento, il Manifesto della Associazione per l’Expo della conoscenza (APEC) che ha, appunto, l’obiettivo di realizzare l’Expo della conoscenza.

Davvero in estrema sintesi: noi siamo la visione del mondo (i modelli ed i linguaggi di cui disponiamo) che utilizziamo. Oggi le nostre classi dirigenti utilizzano una versione ideologizzata della visione delle “sensate esperienze e certe dimostrazioni” di Galileo. Detto diversamente, il nostro modo di guardare al mondo e di ragionare sul mondo è quello della meccanica classica. Questa visione del mondo ha generato la società industriale, ma ora questa società ha esaurito il suo ciclo vitale e serve progettarne un’altra. Per progettarne un’altra non si può, però, partite dalla stessa visione del mondo che ha generato quella attuale: occorre cambiarla. Nel corso del XX secolo (ma anche nel secolo precedente) sona nati, proprio all’interno delle due scienze “fondamentali” (la matematica e la fisica), i prolegomeni di una nuova visione del mondo: dai teoremi di incompletezza alla fisica quantistica. Questi stimoli iniziali hanno poi fecondato tutte le altre scienze naturali ed umane. Oggi tutte queste stille di “innovazione concettuale” sparse in ogni scienza stanno coagulandosi in una visione del mondo radicalmente “diversa” da quella che sta a fondamento della società industriale. Essa può permette alle classi dirigenti di sviluppare una visione “diversa” della società e della Natura e suggerire “diverse” forme di Governo della società e della natura.

Come, per far si che i nostri imprenditori ricostruiscano la loro capacità di produrre valore, occorre fornire loro nuova conoscenza (le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa), così occorre fare anche con tutte le nostre classi dirigenti. Occorre fornire loro la nuova visione del mondo che sta emergendo e che costituisce la materia prima per la costruzione di una nuova società.

E’ possibile raggiungere questo obiettivo attraverso un Evento che potrebbe dare il via alla nascita di una nuova imprenditorialità economica, sociale, politica, istituzionale, culturale che abbiamo chiamato, appunto, Expo della Conoscenza e che trova descritto nel Manifesto della nostra Associazione.

Ritengo che questa mia visione/proposta meriti di essere diffusa e dibattuta. Le chiedo la possibilità nei modi e nelle forme che Ella riterrà più opportune, di diffondere questa proposta attraverso il suo giornale.

La ringrazio e cordialmente La saluto

Francesco Zanotti
Presidente
Associazione per l’Expo della Conoscenza

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.