di
Francesco Zanotti
Egregio Dott. Polito,
ho letto il Suo pregevole fondo di stamattina (4 novembre2011) sul Corriere della Sera dal titolo: “Una terra sconosciuta”.

Le propongo una visione completamente diversa della “stranezza”: ci sembra di addentraci in una terra sconosciuta perché non vogliamo cambiare gli “strumenti concettuali” che stiamo usando. Detto diversamente: questi eventi ci sembrano strani perché gli strumenti concettuali che usiamo non sono adatti ad interpretarli. E ci rifiutiamo di imparare i mille altri strumenti concettuali (di analisi e di progetto) che sono disponibili.
Le faccio un solo esempio di strumenti: la teoria dei sistemi autopoietici ed autoreferenziali.
Usandola si capisce che il continuo riapparire di ideologie, il manifestarsi di prigioni logiche (come applaudire i mercati quando danno addosso a Berlusconi e combatterli quando chiedono sacrifici) e, aggiungo io, l’incapacità attuativa dei Governi sono frutto del fatto che le classi dirigenti sono diventate sistemi autoreferenziali. Questa espressione non vuole essere etica: come siamo cattivi perché siamo diventati autoreferenziali. Ma ha un suo significato tecnico preciso: significa, che i sistemi autoreferenziali sono in accoppiamento strutturale con l’esterno, cioè con la società e con il mondo che dovrebbero guidare. Questo fa sì, da un lato, che il modo in cui guardano la società e il mondo è distorto dagli strumenti concettuali che hanno sviluppato al loro interno. Si tratta di distorsioni molto più gravi di quella della caverna di Platone: si tratta di vere ricostruzioni della realtà che hanno un rapporto casuale con la realtà stessa.
E, poi, significa che i contenuti delle nostre comunicazioni non vanno presi sul serio. Essi sono strumentali, funzionali all’auto rappresentazione ed al posizionamento degli appartenenti al sistema della classe dirigente.
I fenomeni strani sono frutto di accoppiamento strutturale. Le faccio solo l’esempio delle difficoltà realizzative di progetti, proposte. Queste sono generate da “ribellioni” di coloro che dovrebbero attuarle. E queste ribellioni non sono contro i contenuti delle diverse proposte, ma nascono dal modo in cui sono costruite. Sono costruite da poche persone che le voglio imporre agli altri con la presunzione che queste proposte siano “scientifiche”, cioè le uniche possibili. Ma questa pretesa è destituita da ogni fondamento. Le proposte dipendono dagli strumenti concettuali (e che non sono leggi scientifiche) che si usano per formularle. Se vengono fatte da élite dipendono dagli strumenti concettuali di queste élite. Chi li riceve, innanzitutto, li trova incomprensibili perché, inevitabilmente, usa altri strumenti concettuali. Se aggiungiamo che queste proposte sono solo da realizzare (al massimo si possono esprimere opinioni, ma poi decide chi le ha formulate) allora sono proposte che lasciano come unica via di autorappresentazione (l’obiettivo fondamentale dei diversi gruppi sociali) quella della opposizione.
Le faccio anche l’esempio della competizione. Essa è generata dal fatto che gli imprenditori cominciano ad interessarsi ai concorrenti, invece di fare evolvere continuamente il loro sistema d’offerta. Interessandosi ai concorrenti, non possono che competere. E’ l’interessarsi solo al competere, è l’usare lo strumento concettuale della competizione che genera la competizione. Se, poi, socialmente, si genera il mito della competitività, allora il processo di chiusa autoreferenziale si accelera. E la competizione diventa l’unica strategia possibile. Col risultato che si degenera in quella competizione di prezzo che sta scassando tanta parte del nostro sistema imprenditoriale. La delocalizzazione produttiva è stata stimolata dalla voglia di competere senza cambiare. Oggi, si comincia a riconoscere che lasciarsi trascinare dalla stretta logica competitiva è stato un errore.
E’ il momento di concludere. Se il mio ragionamento fila, cioè se davvero la realtà ci sembra strana perché usiamo strumenti concettuali che non sono adatti a capirla e, quindi, tanto meno a trasformarla, allora la conclusione è semplicissima. L’ “urgenza più urgente” è che le classi dirigenti inizino ad imparare da usare i mille nuovi strumenti concettuali oggi disponibili.
A confermare l’urgenza di questo processo di aggiornamento vi sono due fatti. Il primo è che la produzione di questi nuovi modelli concettuali sta avvenendo in quasi tutte le scienze: dalla matematica alla biologia alla teoria dell’evoluzione, alle scienze cognitive. Lo strumento dei sistemi autopoietici ed autoreferenziali è nato una quarantina d’anni fa nella scienze biologiche ed è stato trasferito nelle scienze sociali da Niklas Luhmann. Il secondo è che i membri delle classi dirigenti hanno tempo solo per le comunicazioni interne, cioè tra di loro. Quando arriva una comunicazione si chiedono da chi arriva. L’attenzione dipende solo dalla fonte. Tanto più le fonti sono note, tanto più l’attenzione è alta. E questo è un tipico comportamento che impedisce il rinnovare degli strumenti concettuali usati e, quindi, costruisce quella autoreferenzialità che impedisce di capire e di agire.
Proposta conclusiva: dia una occhiata al nostro progetto di Expo della Conoscenza per realizzare il quale abbiamo fondato anche una Associazione (Apec) di cui sono Presidente. Le mandiamo il Manifesto, insieme all’invito a rispondere a questa lettera aperta.
Con stima
Francesco Zanotti
Nessun commento:
Posta un commento