venerdì 4 novembre 2011

Terra sconosciuta o conoscenza sconosciuta? Lettera aperta ad Antonio Polito

di
Francesco Zanotti

Egregio Dott. Polito,
ho letto il Suo pregevole fondo di stamattina (4 novembre2011) sul Corriere della Sera dal titolo: “Una terra sconosciuta”.
Se la mia interpretazione è corretta, il suo articolo esplora eventi che le sembrano “strani” ed arriva alla conclusione che “si ha l’impressione di avventurarsi in una terra sconosciuta”.
Le propongo una visione completamente diversa della “stranezza”: ci sembra di addentraci in una terra sconosciuta perché non vogliamo cambiare gli “strumenti concettuali” che stiamo usando. Detto diversamente: questi eventi ci sembrano strani perché gli strumenti concettuali che usiamo non sono adatti ad interpretarli. E ci rifiutiamo di imparare i mille altri strumenti concettuali (di analisi e di progetto) che sono disponibili.

Le faccio un solo esempio di strumenti: la teoria dei sistemi autopoietici ed autoreferenziali.
Usandola si capisce che il continuo riapparire di ideologie, il manifestarsi di prigioni logiche (come applaudire i mercati quando danno addosso a Berlusconi e combatterli quando chiedono sacrifici) e, aggiungo io, l’incapacità attuativa dei Governi sono frutto del fatto che le classi dirigenti sono diventate sistemi autoreferenziali. Questa espressione non vuole essere etica: come siamo cattivi perché siamo diventati autoreferenziali. Ma ha un suo significato tecnico preciso: significa, che i sistemi autoreferenziali sono in accoppiamento strutturale con l’esterno, cioè con la società e con il mondo che dovrebbero guidare. Questo fa sì, da un lato, che il modo in cui guardano la società e il mondo è distorto dagli strumenti concettuali che hanno sviluppato al loro interno. Si tratta di distorsioni molto più gravi di quella della caverna di Platone: si tratta di vere ricostruzioni della realtà che hanno un rapporto casuale con la realtà stessa.
E, poi, significa che i contenuti delle nostre comunicazioni non vanno presi sul serio. Essi sono strumentali, funzionali all’auto rappresentazione ed al posizionamento degli appartenenti al sistema della classe dirigente.

I fenomeni strani sono frutto di accoppiamento strutturale. Le faccio solo l’esempio delle difficoltà realizzative di progetti, proposte. Queste sono generate da “ribellioni” di coloro che dovrebbero attuarle. E queste ribellioni non sono contro i contenuti delle diverse proposte, ma nascono dal modo in cui sono costruite. Sono costruite da poche persone che le voglio imporre agli altri con la presunzione che queste proposte siano “scientifiche”, cioè le uniche possibili. Ma questa pretesa è destituita da ogni fondamento. Le proposte dipendono dagli strumenti concettuali (e che non sono leggi scientifiche) che si usano per formularle. Se vengono fatte da élite dipendono dagli strumenti concettuali di queste élite. Chi li riceve, innanzitutto, li trova incomprensibili perché, inevitabilmente, usa altri strumenti concettuali. Se aggiungiamo che queste proposte sono solo da realizzare (al massimo si possono esprimere opinioni, ma poi decide chi le ha formulate) allora sono proposte che lasciano come unica via di autorappresentazione (l’obiettivo fondamentale dei diversi gruppi sociali) quella della opposizione.



Le faccio anche l’esempio della competizione. Essa è generata dal fatto che gli imprenditori cominciano ad interessarsi ai concorrenti, invece di fare evolvere continuamente il loro sistema d’offerta. Interessandosi ai concorrenti, non possono che competere. E’ l’interessarsi solo al competere, è l’usare lo strumento concettuale della competizione che genera la competizione. Se, poi, socialmente, si genera il mito della competitività, allora il processo di chiusa autoreferenziale si accelera. E la competizione diventa l’unica strategia possibile. Col risultato che si degenera in quella competizione di prezzo che sta scassando tanta parte del nostro sistema imprenditoriale. La delocalizzazione produttiva è stata stimolata dalla voglia di competere senza cambiare. Oggi, si comincia a riconoscere che lasciarsi trascinare dalla stretta logica competitiva è stato un errore.

E’ il momento di concludere. Se il mio ragionamento fila, cioè se davvero la realtà ci sembra strana perché usiamo strumenti concettuali che non sono adatti a capirla e, quindi, tanto meno a trasformarla, allora la conclusione è semplicissima. L’ “urgenza più urgente” è che le classi dirigenti inizino ad imparare da usare i mille nuovi strumenti concettuali oggi disponibili.

A confermare l’urgenza di questo processo di aggiornamento vi sono due fatti. Il primo è che la produzione di questi nuovi modelli concettuali sta avvenendo in quasi tutte le scienze: dalla matematica alla biologia alla teoria dell’evoluzione, alle scienze cognitive. Lo strumento dei sistemi autopoietici ed autoreferenziali è nato una quarantina d’anni fa nella scienze biologiche ed è stato trasferito nelle scienze sociali da Niklas Luhmann. Il secondo è che i membri delle classi dirigenti hanno tempo solo per le comunicazioni interne, cioè tra di loro. Quando arriva una comunicazione si chiedono da chi arriva. L’attenzione dipende solo dalla fonte. Tanto più le fonti sono note, tanto più l’attenzione è alta. E questo è un tipico comportamento che impedisce il rinnovare degli strumenti concettuali usati e, quindi, costruisce quella autoreferenzialità che impedisce di capire e di agire.

Proposta conclusiva: dia una occhiata al nostro progetto di Expo della Conoscenza per realizzare il quale abbiamo fondato anche una Associazione (Apec) di cui sono Presidente. Le mandiamo il Manifesto, insieme all’invito a rispondere a questa lettera aperta.
Con stima
Francesco Zanotti

Nessun commento:

Posta un commento

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.