martedì 29 novembre 2011

Né decidere né concertare

di
Francesco Zanotti


Oggi ho letto con amarezza e sgomento un articolo di Dario Di Vico sul Corriere, in prima pagina. Mi scuso da subito con Dott. Di Vico che seguo ed apprezzo: la mie parole saranno dure. Ma sui contenuti, non certo sulla sua Persona.

Egli sostiene che, certo, bisogna ricostruire il rapporto tra parti sociali ed il governo, il modello dei corpi intermedi, ma ora occorre fare subito alcune cose urgenti. A cambiare il mondo ci si penserà dopo, quando quello che viviamo oggi sarà sopravvissuto. “Meglio decidere che concertare” titola il suo articolo.

Pensiero apparentemente saggio, forse un po’ “scarica ansie”, ma che rivela quella che a mio parere è la vera causa della crisi: il cercare di comprendere e gestire una società complessa usando la cultura scientifica dell’ ‘800.

Ma che c’entra la cultura scientifica?
C’entra perché la cultura scientifica non riguarda solo specifici ambiti del mondo naturale, quindi, le tecnologie. E’, appunto, una cultura, un modo di pensare.
Oggi purtroppo la classe dirigente usa ancora, come modello di pensiero, la meccanica classica. Ma essa non è adatta a gestire società complesse.

La posizione di Di Vico né è un esempio. E’ un esempio dell’applicazione della fisica classica alla comprensione ed al governo di una società complessa.
Infatti, il pensiero ispirato alla fisica classica crede che esistano soluzioni ottimali, calcolabili (individuabili da esperti).
Se si usasse la nuova cultura sistemica (la cui ispirazione di fondo sta nella fisica quantistica) si scoprirebbe che non esistono soluzioni ottimali, ma possono esistere solo progetti costruiti socialmente. Anche le soluzioni ottimali progettate dai tecnici sono soluzioni costruite socialmente all’interno della comunità dei tecnici. Poiché sono costruite socialmente all’interno di una comunità, hanno valore solo per quella comunità. Se ne capisce il senso solo se si parte dalla cultura di quella comunità, se si tengono conto delle relazioni all’interno di quella comunità. Per chi sta fuori le soluzioni prodotte all’interno di una comunità a cui non partecipano perdono di senso. Perdono tanto più di senso quanto più la comunità è autoriferita. Oggi la classe dirigente complessivamente è del tutto autoriferita. Tanto da usare, tutta e complessivamente, un pensiero scientifico entrato in crisi già nell’ottocento senza ascoltare tutto quello che è venuto dopo.
Per concretizzare, le riforme di cui si discute sono un patetico tentativo di difesa dal futuro di una classe dirigente (non sono politica) del tutto inconsapevole di quello che sta accadendo, proprio perché autoriferita.

Se si usasse la nuova cultura sistemica si scoprirebbe che in una società complessa le èlite possono pure decidere, ma il problema è che queste decisioni devono essere approvate e messe in pratica. Tanto più sono decisioni prese da comunità ristrette, tanto meno verranno approvate. Tantomeno verranno messe in pratica..

Sono d’accordo con il Dottor Di Vico che la concertazione è una iattura, ma per ragioni opposte
La concertazione è la ricerca di un compromesso con chi non vuole accettare questa soluzioni ottimali e chi, più saggio e colto, le riconosce come le uniche possibili. Ma si tratterebbe di un compromesso che avrebbe un unico destino: quello di essere continuamente rinegoziato. Un compromesso al ribasso. Occorre avviare processi di progettualità sociale che diventano efficaci appena li si avvia.

Ovviamente queste che ho espresso e le molte altre che non ho espresso (in mille ambiti della vita sociale la visione del mondo tipica della fisica classica sta facendo perdere la trebisonda e il futuro) non sono solo una mia opinione. Larghe schiere di studiosi in tutte le discipline umane stanno arrivando alle mie stesse conclusioni. La nuova cultura sistemica avanza ed è disponibile, ma rifiutata …

Che fare, allora?
Non mi voglio ripetere … in questo blog ho più volte parlato del progetto dell’Expo della Conoscenza, è descritto in un libro, abbiamo fatto una Associazione per promuoverlo … basta fare riferimento a tutti questi luoghi...

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.