lunedì 1 agosto 2011

Dalla democrazia rappresentativa alla democrazia progettuale … passando per le vacanze

di
Francesco Zanotti

La vicenda del debito americano è un'ulteriore dimostrazione della inefficacia della democrazia rappresentativa. Detto diversamente, siamo a questo punto (non si riesce a fare nulla) a causa della natura competitiva della democrazia rappresentativa.

Infatti, essa è fondata sul fatto che esistono parti politiche che sono titolari di proposte di governo diverse e complessive. Per scegliere quali proposte debbano prevalere, si vota. La parte politica che prende più voti applica le proprie idee.

Cosa c’è che non va? Un po’ tutto, almeno in una società complessa.
Innanzitutto, in una società complessa che deve intraprendere un profondo  processo di cambiamento non esistono parti politiche che possano pretendere di avere proposte complessive, globali. Una società complessa ha mille potenzialità di evoluzione, ogni parte di questa società (politica, sociale, economica o culturale che dir si voglia) ne intravede parzialmente qualcuna. Il futuro potrà essere solo una sintesi di tutti questi sguardi. Peccato che un meccanismo elettorale competitivo (non importa quale legge elettorale lo concretizzi) spinga in direzione opposta. Le diverse parti politiche devono differenziarsi per attrarre più voti, quei voti che, sperano, permetteranno loro di realizzare le loro proposte. Ed allora devono dichiarare che queste loro proposte sono migliori di quelle degli avversari e non possono permette che anche solo si sollevi il dubbio che le proposte che si scontrano siano integrabili e, quindi, da integrare.
Assorbiti dalla lotta, le diverse parti politiche non hanno tempo di acquisire nuova conoscenza e neanche di ascoltare davvero la società che si candidano a guidare.
Questo fa sì che le proposte politiche diventino sempre più generiche, fatte di slogan che possano essere facilmente intercambiabili. La conseguenza ultima è che la lotta elettorale diventi solo lotta, assolutamente indifferente ai contenuti e combattuta con tutti i mezzi possibili. Alla fine della battaglia elettorale (ma non dello stato di guerra che permane per prepararsi alla prossima battaglia), chi vince finisce per fare le stesse cose che avrebbero fatto gli altri contendenti, se avessero vinto. Infatti, il disinteresse verso la conoscenza e il non ascolto della società profonda genera un' ideologia condivisa che crea miti insensati per tutti coloro che stanno a guardare questa battaglia politica permanente effettiva. L’esempio più eclatante è costituito dal mito delle riforme istituzionali che vengono giudicate il toccasana per costruire sviluppo, ma che non hanno alcuna influenza sui meccanismi fondamentali dello sviluppo, come ho scritto spesso in questa pagine.
Un’altra conseguenza drammatica è che gli sforzi comuni  (che saranno sempre più necessari) diventano sempre più difficili, come dimostra la vicenda del tetto del debito pubblico americano. Su di esso non si riesce a trovare un accordo perché il primo interesse dei due contendenti (democratici e repubblicani con tutte le loro suddivisioni interne) è quello di screditare l’avversario.
In realtà, diventa difficile ogni realizzazione, perché la partecipazione solleticata da una classe politica segnata da una ideologia e prassi conflittuale è una partecipazione contro. E’ la mobilitazione contro l’avversario. E, così, anche quando qualcuno vince, si ritrova gli avversari impegnati a far sì che non riesca a realizzare quello che aveva inserito nel programma.

Conclusione? E’ necessario abbandonare la democrazia rappresentativa ed inaugurare una nuova democrazia progettuale. In essa il partecipare significa non partecipare a qualche contestazione o qualche battaglia, ma garantire il proprio contributo progettuale costantemente rinnovato. Per essere capaci di un rinnovamento continuo i cittadini devono essere costantemente in viaggio nei territori della conoscenza.
Il ruolo della classe dirigente è quello di stimolare le progettualità in ogni angolo della società (individui, attori sociali) e portare a sintesi le diverse progettualità.

Ma in questi giorni iniziano le vacanze, il momento in cui tutti sperano di vivere quelle esperienze auto realizzanti che la vita di tutti i giorni nega loro. Non si parli di riposo, perché le vacanze sono vissute all’insegna della fatica. Ed allora rimandiamo tutto a settembre. I problemi (le opportunità) saranno lì ad attenderci come li abbiamo lasciati … o no?

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.