di
Samira Tasso
Oggi vogliamo condividere la storia di Maria Mirò che, da quanto ci racconta, coltiva delle specie tanto belle quanto insolite di fiori.
Prima di iniziare, è bene che sappiate che questa storia è attendibile nella misura in cui vi aggrada, in quanto la protagonista che ce l’ha raccontata non ci ha rassicurato sulla veridicità dei fatti, ma solo sulle intenzioni narrative.
I fiori di Mirò sono molto rari ed estremamente curati, lei li annaffia ogni mattina e conosce delle tecniche speciali per farli crescere in tutto il loro incanto. Come tutti i fiori, anche loro appassiscono, ma sono anche un po’ magici: acquistano forza e bellezza se ammirati da un vasto pubblico.
Mirò, che abita da sola e non ama la mondanità, è la sola però a godere di quelle bellezze e, nonostante i suoi grandi sforzi, i fiori, non appagati nella loro vanità, non resistono più di qualche giorno. Lei desidera ardentemente non essere la sola a trarre beneficio e ammirazione da tanta bellezza, che attraverso altri sguardi potrebbe essere accresciuta e prolungata. Decide allora di dover darsi da fare e mostrare al mondo i suoi bei fiori.
Il problema è che sono molto delicati, devono crescere in un giardino pulito, fresco e ventilato, e solo uno sguardo raffinato può coglierne lo splendore. Mirò decide così di fare delle foto del giardino e mostrarle alla gente.
Entra nel bar vicino casa e vi trova un ragazzotto dall’aria assopita e le guance rosse. Cerca di destarlo mostrandogli le foto: <Caro ragazzo, queste foto sono nulla in confronto alla reale grazia di questi fiori. Seguimi a vieni a guardarli>. Il ragazzo ubriaco riusciva solo a scorgere solo delle macchie colorate e diceva <Belli questi colori, ma troppo tenui …il mio colore preferito è il rosso, il rosso del vino, del tramonto, della passione..queste sono le vere bellezze!>
Mirò lascia il bar avvilita, ma presto scorge la grande e prestigiosa banca del paese. Dando un occhiata dal di fuori, scorge all’interno una grande sala con tanta gente indaffarata in continuo movimento. Pensa a quanto sia triste e freddo quel luogo in confronto al suo bel giardino, ma c’è tanta gente acculturata e raffinata che le darà ascolto. Colta dall’entusiasmo irrompe nella sala esclamando <Lasciate per un momento le vostre attività e venite a vedere quanto sono belli i miei fiori. Non vi pentirete del tempo che mi avete dedicato, ve lo prometto. Attraverso i vostri sguardi il loro prodigio potrà durare per sempre e tutti d’oggi in poi vivremo solo in posti incantevoli>.
Il direttore della filiale si avvcina a Mirò: < Buongiorno Signora, si accomodi pure, prenda un numerino e parli con il nostro cosulente corporate se ha bisogno di finanziare la sua piccola impresa. Si ricordi di specificare quante fiorerie intende aprire e il tempo di pay back dell’investimento da lei previsto. Le consiglio di procurarsi un business plan per aumentare le possibilità di erogazione del finanziamento. Se vuole le posso consigliare un mio amico consulente molto bravo…>
Mirò perplessa e frastornata lascia la banca e si rivolge a dei passanti, raccogliendo le reazioni più disparate.
Primo passante: <Sono sicuro che una donna affascinante come lei non potrà che coltivare dei bellissimi fiori, ma il mio tempo, ormai, è andato: lascio ai giovani l’onore di godere delle sue meraviglie>
Secondo passante: < Mi scusi, ma proprio non capisco quale sia il processo chimico che permette di prolungare la vita dei suoi fiori attraverso semplici sguardi, che sono per natura non correlati al processo fotosintetico. Cara signora lei è una ciarlatana.>
Terzo passante: Silenzio e sguardo impassibile
Quarto passante: < Mi piacerebbe tantissimo guardare le bellezze di cui parla, ma ahimè sono cieco>
Quinto passante: <Lo so voi come fate, parlate del paradiso in terra, promettete mari e monti... ma siete solo pagani, comunisti e ladri... io signora mia ho faticato tanto nella vita per guadagnarmi da vivere, per assicurare un futuro degno ai miei bambini, i soldi non si raccolgono nei campi e non permetterò ad una drogata figlia dei fiori di farmi portare via tutto questo>.
Sesto passante: Silenzio e guardo scettico. Torna indietro: < Lei è della corrente di Osho vero? C’è anche un momento meditativo contemplativo o un buffet macrobiotico? Se è così la seguo volentieri.>
Mirò, tornando a casa, ripensa a tutte le persone che ha incontrato quel giorno. Pensa che mostrando a tutti le stesse bellissime foto nessuno le ha guardate veramente, ma ha assistito alle reazioni più strane e disparate. Mirò pensa che ognuno, in fondo, sia schiavo della sua visione del mondo e anche lei forse è schiava dei fiori. Pensa che nessuno dei discorsi sentiti quel giorno le piace davvero, ma che i suoi fiori le piacciono tanto. Pensa che è importante non offendersi, ma pensa che è lo è altrettanto non essere umiliati. Pensa che
le cose belle vanno conservate e custodite, ma anche condivise. Pensa che questo mondo è più strano e incomprensibile di come le appariva nel suo giardino.
le cose belle vanno conservate e custodite, ma anche condivise. Pensa che questo mondo è più strano e incomprensibile di come le appariva nel suo giardino.
Immersa nei suoi pensieri, arriva nel giardino. I fiori in sua assenza erano più opachi del solito e anche la “sporcizia” dei suoi pensieri le faceva apparire tutto meno bello… nell’angolo accanto alla fontana, scorge la sagoma del quarto passante. <Sarò anche cieco, ma ho ancora le mani per annaffiare>. Le faceva ridere come chi avesse deciso di aiutarla a curare i suoi fiori fosse l’unico che non poteva ammirarli.
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