lunedì 22 agosto 2011

Libia: e se poi si divideranno?

di
Francesco Zanotti

Il copione è sempre lo stesso. In ogni regime dittatoriale, prima o poi, si genera un moto di protesta popolare che viene scatenato da un evento apparentemente banale che porta alla caduta, quasi sempre violenta, dello stesso regime. Se leggete l’ANSA di stamattina, scoprirete che la rivolta in Tunisia è stata scatenata da un giovane venditore ambulante che si è dato fuoco. Come scoprirete che un piccolo gesto, come quello di una donna che ha sfidato il divieto di guidare l’automobile da sola, rischia di coagulare una valanga che, forse, inizierà venerdì, quando le donne saudite, mussulmane e non, si metteranno al volante per trasgredire il divieto di guida e posteranno i loro video su youtube.
La dittatura, insomma, coagula inevitabilmente la protesta. Ci si mette insieme facilmente contro un nemico. E i social network sono grandi facilitatori dei processi di catalizzazione della protesta.

Ma poi, quando la protesta ha vinto, che accade?

Sulle macerie, quasi sempre fisiche, di una vecchia società occorre progettarne una nuova. Ma qui iniziano i guai. I vincitori, immediatamente dopo aver vinto, si dividono e si combattono, perché hanno visioni di società molto diverse. Hanno trovato una momentanea aggregazione nella protesta, ma, raggiunto il risultato di abbattere una società spesso veramente insostenibile, litigano sul modello di società che vogliono costruire. Spesso accade che un modello di società alternativa non ce l’abbiano neppure.

Ma non c’è problema! Arriviamo noi occidentali a dare la soluzione: la democrazia rappresentativa. Ora, a parte il fatto che la democrazia rappresentativa è solo una forma di Governo e, dopo averla scelta, occorre aggiungere ad essa una economia, una finanza, delle istituzioni, una visione del mondo, vi è il grave problema che la democrazia rappresentativa non è lo strumento adatto a progettare e realizzare una nuova società.
Non lo è, come ho proposto più volte, perché è fondata su un meccanismo competitivo.  Ed un meccanismo competitivo non può generare progettualità solidale. Immaginate che Berlusconi e Bersani (per semplificare, ovviamente) decidano di mettersi insieme a progettare una nuova società. Non lo farebbero in una situazione di parità, ma in una situazione squilibrata: uno sarebbe al potere e l’altro all’opposizione. Questo squilibrio impedirebbe ogni progettualità profonda. Infatti, supponete che, insieme, scrivano davvero i grandi lineamenti di una nuova società. Poi, come si presentano alla prima scadenza elettorale? Con che faccia chi è all'opposizione potrebbe improvvisamente interrompere il dialogo progettuale ed iniziare a dire peste e corna di colui che governa e con il quale, fino a poco prima della scadenza elettorale, stava collaborando? Che giudizio potrebbe dare del lavoro progettuale svolto? Se desse un giudizio positivo, non avrebbe ragioni per chiedere al popolo sovrano di sostituire chi è in maggioranza. Dovrebbe darne un giudizio negativo che non saprebbe come fondare.
Specularmente, chi è al potere come potrebbe dire peste e corna di una opposizione con la quale ha appena finito di collaborare? Come potrebbe riconoscere i risultati di una progettualità comune e nel contempo attaccare, cercare di combattere chi ha dato un contributo essenziale nel formulare questi risultati? E’ inutile: progettualità politica e competizione elettorale non vanno d’accordo.
Ed allora? Noi occidentali, dobbiamo piantarla di dare lezioni di democrazia a destra e a manca. Non abbiamo lezioni da dare, non sappiamo quale potrebbe essere un metodo per costruire una democrazia sostanziale e progettuale.
Dobbiamo, allora, proporre a questi popoli nascenti una riflessione comune su come strutturare una democrazia sostanziale e progettuale.
Magari la proposta di Sorgente Aperta di noi balbettanti poietici può diventare utile …

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.