di
Francesco Zanotti
La vicenda del debito americano è un'ulteriore dimostrazione della inefficacia della democrazia rappresentativa. Detto diversamente, siamo a questo punto (non si riesce a fare nulla) a causa della natura competitiva della democrazia rappresentativa.
Infatti, essa è fondata sul fatto che esistono parti politiche che sono titolari di proposte di governo diverse e complessive. Per scegliere quali proposte debbano prevalere, si vota. La parte politica che prende più voti applica le proprie idee.
Cosa c’è che non va? Un po’ tutto, almeno in una società complessa.
Innanzitutto, in una società complessa che deve intraprendere un profondo processo di cambiamento non esistono parti politiche che possano pretendere di avere proposte complessive, globali. Una società complessa ha mille potenzialità di evoluzione, ogni parte di questa società (politica, sociale, economica o culturale che dir si voglia) ne intravede parzialmente qualcuna. Il futuro potrà essere solo una sintesi di tutti questi sguardi. Peccato che un meccanismo elettorale competitivo (non importa quale legge elettorale lo concretizzi) spinga in direzione opposta. Le diverse parti politiche devono differenziarsi per attrarre più voti, quei voti che, sperano, permetteranno loro di realizzare le loro proposte. Ed allora devono dichiarare che queste loro proposte sono migliori di quelle degli avversari e non possono permette che anche solo si sollevi il dubbio che le proposte che si scontrano siano integrabili e, quindi, da integrare.
Assorbiti dalla lotta, le diverse parti politiche non hanno tempo di acquisire nuova conoscenza e neanche di ascoltare davvero la società che si candidano a guidare.
Questo fa sì che le proposte politiche diventino sempre più generiche, fatte di slogan che possano essere facilmente intercambiabili. La conseguenza ultima è che la lotta elettorale diventi solo lotta, assolutamente indifferente ai contenuti e combattuta con tutti i mezzi possibili. Alla fine della battaglia elettorale (ma non dello stato di guerra che permane per prepararsi alla prossima battaglia), chi vince finisce per fare le stesse cose che avrebbero fatto gli altri contendenti, se avessero vinto. Infatti, il disinteresse verso la conoscenza e il non ascolto della società profonda genera un' ideologia condivisa che crea miti insensati per tutti coloro che stanno a guardare questa battaglia politica permanente effettiva. L’esempio più eclatante è costituito dal mito delle riforme istituzionali che vengono giudicate il toccasana per costruire sviluppo, ma che non hanno alcuna influenza sui meccanismi fondamentali dello sviluppo, come ho scritto spesso in questa pagine.
Un’altra conseguenza drammatica è che gli sforzi comuni (che saranno sempre più necessari) diventano sempre più difficili, come dimostra la vicenda del tetto del debito pubblico americano. Su di esso non si riesce a trovare un accordo perché il primo interesse dei due contendenti (democratici e repubblicani con tutte le loro suddivisioni interne) è quello di screditare l’avversario.
In realtà, diventa difficile ogni realizzazione, perché la partecipazione solleticata da una classe politica segnata da una ideologia e prassi conflittuale è una partecipazione contro. E’ la mobilitazione contro l’avversario. E, così, anche quando qualcuno vince, si ritrova gli avversari impegnati a far sì che non riesca a realizzare quello che aveva inserito nel programma.
Conclusione? E’ necessario abbandonare la democrazia rappresentativa ed inaugurare una nuova democrazia progettuale. In essa il partecipare significa non partecipare a qualche contestazione o qualche battaglia, ma garantire il proprio contributo progettuale costantemente rinnovato. Per essere capaci di un rinnovamento continuo i cittadini devono essere costantemente in viaggio nei territori della conoscenza.
Il ruolo della classe dirigente è quello di stimolare le progettualità in ogni angolo della società (individui, attori sociali) e portare a sintesi le diverse progettualità.
Ma in questi giorni iniziano le vacanze, il momento in cui tutti sperano di vivere quelle esperienze auto realizzanti che la vita di tutti i giorni nega loro. Non si parli di riposo, perché le vacanze sono vissute all’insegna della fatica. Ed allora rimandiamo tutto a settembre. I problemi (le opportunità) saranno lì ad attenderci come li abbiamo lasciati … o no?
Nessun commento:
Posta un commento