lunedì 21 marzo 2011

Noi, la polizia del mondo? Ma se …

di
Francesco Zanotti

Sarà un post molto breve perché problematico. Anche incerto

La giustificazione di fondo dell’intervento armato in Libia è, in buona sostanza, che stiamo facendo una operazione di polizia internazionale. Proteggiamo i deboli contro i soprusi di un tiranno.
Io, onestamente, non so se un intervento di questo tipo porterà alla “liberazione” della Libia.

So, però, alcune cose che pongo all’attenzione dei lettori.

La prima è che ogni polizia ha una delega ad operare da parte di tutta la collettività nella quale esercita questa funzione. In genere, questa delega le viene da uno Stato sovrano sulla collettività che la polizia dovrà “proteggere e servire”.
Bene, questo non è certo il caso. E’ vero che esiste una risoluzione dell’ONU. Ma, prima di tutto, Russia, Cina, Lega Araba e i Paesi Africani (tutto il mondo tranne l’Occidente) contesta l’interpretazione che Francia ed amici ne stanno dando.
Quindi è una azione di polizia condotta solo da una parte della Comunità internazionale (sempre la solita) che si è auto proclamata polizia del mondo.

Forse questa parte è così avanzata ed attenta al proteggere e servire e sono gli altri che non capiscono?

E qui arriviamo alla seconda “cosa” che intendo sottoporre all’attenzione del lettore: credo proprio che non abbiamo alcuna autorevolezza etica per auto proclamarci polizia del mondo.
Soprattutto non ce l’hanno le nostre classi dirigenti. Tutti riconoscono e proclamano che il problema è come posizionarsi con la futura dirigenza libica. Che il problema è proteggere i nostri interessi. Già queste affermazioni rendono molto “pelosa” ogni auto proclamazione.
Ma si può anche andare oltre. Sto forse proponendo di non curare i nostri interessi? No! Sostengo che le nostre classi dirigenti non sanno neanche quali sono i nostri interessi. E anche se lo sapessero, non sanno come perseguirli.
Il nostro interesse fondamentale è che il popolo libico progetti una sua vera profonda e solidale via di sviluppo. Solo all’interno di questa via potremo dare affari importanti, molto più importanti di quelli attuali. Ed equi. Le nostre classi dirigenti hanno una visione molto primitiva dei processi di sviluppo politico sociali. E non può che essere così, perché sono impegnati a combattersi tra di loro, non a studiare, approfondire, progettare insieme e solidariamente.
Nel mio libercolo (Un Expo della Conoscenza per fare emerger una nuova società), che è disponibile su questo sito e del quale sto preparando la terza edizione, esiste una analisi dettagliata delle ragioni e della sostanza di questa povertà culturale. Ho citato pubblicazioni molto più autorevoli della mia che aggiungono ragioni a ragioni per dimostrare la primitività delle  nostre classi dirigenti. Aggiungo un’altra citazione: andate a dargli una occhiata. Si tratta del libro di Parag Khanna: “How to run the world”.
Credo sia proprio fuori discussione che le nostre classi dirigenti non sono legittimate ad auto proclamarsi alcun che.

Se, poi, guardiamo ai piccoli mondi di casa nostra, troviamo spaventosi ologrammi di questa povertà di conoscenze di prospettive. I crudelissimi redattori delle Iene hanno inviato una giovane e dolce fanciulla ad interrogare i nostri parlamentari (con diligenza davvero bipartisan) sui momenti fondamentali del nostro Risorgimento. La domanda più inevitabile ed insistita è stata: “Ma perché abbiamo scelto proprio il 17 marzo come data per festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia?”. Il rispondere è stato tragico: nessuno degli intervistati ha dato segno di sapere che il 17 marzo 1861 è stato proclamato il Regno d’Italia e Vittorio Emanuele II° è stato proclamato Re d’Italia. Hanno anche chiesto in che anno Roma è diventata capitale ed ovviamente non avevano neanche conoscenze del decennio in cui questo è accaduto. Si è dovuta attendere l’intervista di un politico non parlamentare (il Sindaco di Firenze, Renzi) per trovare uno che sapesse che i Bersaglieri sono entrati in Roma, dalla breccia di Porta Pia, nel 1970 e Roma è stata proclamata capitale d’Italia nel 1871.

Vorrei concludere con un nota che potrà sembrare blasfema, ma che a me sembra tristissima. Mi fa una grande impressione, pensando all’immenso bisogno che abbiamo di costruire un nuovo mondo completamente diverso da quello attuale, quando scolaresche sorridenti cantano “Stringiamci a coorte, siamo pronti alla morte”.  Stringiamci a coorte per combattere, ovviamente…  E combattere non è esattamente una delle strategie con le quali si costruisce un nuovo mondo.

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.