venerdì 4 marzo 2011

Porter e il capitalismo da reinventare


di
Luciano Martinoli
Sull'ultimo numero di Harvard Business Review Italia è riportato un commento all'articolo di Michael Porter che fa un'analisi, e propone soluzioni, sull'attuale crisi del capitalismo. Se sull'analisi si può concordare, le proposte partono da un punto di vista che è la vera causa della crisi. Riporto integralmente il testo che affronta la questione

Le aziende, afferma Porter, devono attivarsi per riconciliare business e società e la strada da percorrere è quella di “creare valore condiviso”. ...La soluzione del valore condiviso comporta che la creazione di valore economico avvenga in modalità tali da creare valore per l’azienda ma anche per la società, rispondendo a un tempo alle necessità dell’azienda e alle esigenze di tipo sociale.

L'immagine che se ne ricava da questa affermazione è la seguente: da una parte vi è il mondo del business, aziende, mercati, finanza, ecc., da un altro, completamente staccato, il mondo reale, persone, società, natura con le sue risorse, ecc.
E' raro trovare nella storia dell'umanità una falsa convinzione che ha prodotto effetti più devastanti.

Come se il mondo del business fosse su un pianeta, e le stesse persone che ci lavorano, poi, abitino su un altro!
Chi comprerà i prodotti e i servizi che le aziende producono se non coloro che costituiscono la società che si vuole "sfruttare"? Come è pensabile che il mondo degli affari possa prosperare in un contesto impoverito?
Le posizioni di Porter, e tanti come lui, suonano come la maledizione del cane che lecca la lima di un libro di Erri De Luca (Montedidio) : "...il cane che lecca la lima sta leccando il suo sangue, però gli piace più del dolore e continua fino a dissanguarsi"
Oggi il mondo del business si nutre del suo stesso sangue!

Tale situazione non è solo inaccettabile ma anche irreale e perpetuarla non farà altro che creare disastri anche peggiori di quelli ai quali abbiamo assistito.

L’azienda, quella nata dalla volontà di un imprenditore che voleva creare qualcosa che non c'era, è sempre stata “incarnata” in un contesto sociale reale (le persone non sono virtuali, dunque vivono in un posto preciso e solo in quello e lo scoppio mondiale dei localismi è il loro grido di protesta) e non ha mai sofferto dei problemi di cui nell'articolo si parla (e nemmeno di Responsabilità Sociale, visto che è sempre stata "integrata" all'azione dell'impresa nella sua dimensione sociale). Un esempio di ciò, giusto per citarne qualcuno emblematico, viene proprio da alcune case automobilistiche i cui fondatori hanno voluto testimoniare la loro presenza in un luogo proprio dai nomi: FIAT significa Fabbrica Italiana Automobili TORINO, ALFA ROMEO Anonima LOMBARDA Fabbrica Automobili Ing. Romeo, BMW Bayerische Motoren Werke, in italiano Fabbrica BAVARESE di Motori, ...

Dunque il "peccato" del capitalismo è la sua deriva dal contesto reale e la soluzione non è un mantenimento di questo stato con un tentativo di riconciliazione con esso, ma la su reimmersione nel mondo vero, quello dove vi sono i luoghi con le loro culture, le persone con i loro bisogni e le loro capacità, la natura con i suoi delicati equilibri e le sue bellezze, cioè i luoghi dove chi sostiene queste sciocchezze, una volta usciti dall'ufficio (in fabbrica non si sognerebbero mai di sostenere assurdità del genere), ha piacere di immergercisi... insieme alla sua famiglia.
Perchè è umano anch'egli!

Luciano Martinoli

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.