martedì 1 marzo 2011

Bonino, Nord Africa e stormi

di
Francesco Zanotti

Ieri sera, sono andato a sentire Emma Bonino alla Associazione per il Progresso Economico. Parlava della crisi del Nord Africa. E’ certamente una delle personalità politiche più preparate, dall’alto senso etico… Ma abita ancora nel ‘900…

Attenzione, non lo dico perché crede ancora in una delle ideologie del ‘900. Ma perché non ha dato evidenza di conoscere il fenomeno degli stormi … e tutta la teoria dei sistemi che ci sta dietro, intorno e sopra e che mi sembra assolutamente chiave sia per comprender cosa sta accadendo in Nord Africa e come poter fare qualcosa.

Mi spiego.
Gli stormi volano insieme, anche se non hanno un leader: si auto organizzano.
Ora la Senatrice Bonino ha riconosciuto che il sommovimento nel Nord Africa è “emerso” spontaneamente. Ma ha, poi, sostenuto che, perché questo emergere non si perda in un caos conflittuale, è necessario… che si metta ordine a questo spontaneismo sociale attraverso una guida direttiva. La Senatrice spera, si augura che nascano leader carismatici e profondamente etici che possano prendere in mano la situazione e guidarla verso un processo di "democratizzazione". Parallelamente, auspica anche che l’Europa si sbrighi a portare avanti un processo di accentramento del potere (non ha usato questa espressione, ma è questa la sostanza sistemica di quello che ha sostenuto) attraverso la costituzione degli Stati Uniti d’Europa.
Solo l’esistenza di una forte Unione politica (quindi “decisionale”) a livello Europeo potrà far sì che l’Europa possa contare qualcosa rispetto nuovi futuri assetti del Nord Africa.
In sostanza, credo che il pensiero delle Senatrice possa essere il seguente: è accaduto un fenomeno di auto organizzazione, ma, ora, dobbiamo tornare ad una chiara, precisa, controllata “etero-organizzazione”.

Io credo che questo modo di pensare il Governo del mondo futuro sia la causa dei nostri guai attuali. Nonostante tutta la passione civile, prima che politica della Senatrice.

Il Governo del futuro dovrà seguire, assecondare i processi auto organizzativi, emergenti. E’ una utopia? No! In concreto, è necessario che i nuovi Governanti potenzino i processi di auto organizzazione. In modo che possano riuscire ad esprimere non solo rivoluzione, ma anche progettualità. E’ chiaro che le società non è costituita da stormi. Ma l’attuale teoria dei sistemi può aiutare a fare emergere anche fenomeni sociali complessi.
Credo che ogni smantellamento dei fenomeni auto organizzativi verso fenomeni di etero organizzazione crei le condizioni per una grande disillusione verso la rivoluzione vinta e per lo scatenarsi della rivoluzione prossima ventura contro le classi dirigenti che tentino di controllare i fenomeni emergenti.

Come i nostri lettori sanno, come è scritto in tanti post, noi abbiamo costruito una metodologia per il governo dell’emergere di nuovi sistemi sociali. Lo abbiamo definito “Sorgente Aperta”. Essa permette di costruire una reale democrazia progettuale. Essa, ovviamente, si fonda sulla disponibilità, che la Senatrice ha riconosciuto essere diffusissima in Nord Africa, delle Web Technologies.

Ora, il lettore e la Senatrice Bonino possono fare spallucce al pensiero di noi che gestiamo questo blog e considerare utopia Sorgente Aperta (anche senza approfondirne la proposta).

Ma il pensiero sistemico ha altri e più autorevoli propositori. Prima di andare all’incontro, come è mia abitudine, ho dato una occhiata alla letteratura sul tema. Ho trovato due studi che propongono esplicitamente un approccio sistemico non banale alle relazioni internazionali (l’approccio sistemico banale è quello che dice che un sistema è formato da parti in interazione. E, quindi, non si possono avere visioni parziali, perché tutto dipende da tutto.).
Questi studi propongono una teoria dei sistemi molto più evoluta che sta andando verso una “Sistemica Quantistica”.
I due studi sono: New Systems Theories of World Politics e Costructivism and International Relations.

Bene, delle problematiche, delle analisi, delle proposte contenute in questi studi non vi è stato alcun accenno nelle parole della Senatrice. E sì che Ella ha citato due fatti rilevanti che portano a cercare visioni sistemiche, a credere nei processi auto organizzativi, emergenti.
Il primo è la tenuta dell’Euro senza che vi sia un ministro del tesoro europeo. Cioè una etero guida delle dinamiche monetarie. Il secondo è il fatto che molte città arabe non abbiano un centro, una piazza centrale che guidi la vita e lo sviluppo delle città stesse.

La conclusione del discorso della Senatrice poi è stata assolutamente dirigistica e non sistemica: votatemi. Non posso che concludere ripetendo il giudizio inziale. Senatrice, Ella è uno dei migliori vecchi politici. Ma, Senatrice, la nostra generazione ha fatto la rivoluzione, ma non ha saputo guidare il processo di costruzione di una nuova società. Non lo ha fatto perché ha usato una cultura assolutamente inadatta. Senatrice, provi a Roma a guardare gli immensi stormi che si vedono volteggiare nel cielo. Non hanno un leader, vivono senza averlo, vivono proprio perché non ce l’hanno. Non competono l’uno contro l’altro, per guidare lo stormo. Ognuno vive il suo volare insieme con gli altri. Probabilmente felice di essere capace di volare insieme agli altri. Senatrice, facciamo in modo che le giovani generazioni possano accedere alla cultura che permetterà loro di volteggiare insieme verso una nuova società. E piantiamola di volergliela disegnare già bella e fatta. Magari convinti, come quando chiediamo loro di essere votati, che noi sappiamo farlo meglio di chiunque altro al mondo.

1 commento:

  1. Che dire? Che fare?

    Quello che mi viene in mente da un lato è che non possiamo considerare non sistemicamente il problema dell'imprenditorialità stessa e cioè come una fibra separata, indipendente del tessuto sociale. Fa parte del sistema, ad esempio, linguaggio, didattica, editoria, musica, moda, architettura, tecnologia, religione, scienza, filosofia, la 'convenienza' del'etica ... in una parola cultura dei sistemi sociali.

    Solo nei contesti disciplinari singoli vi possono essere interventi non-continui, non-omogenei grazie a intuizioni e genialità.

    Come può esservi un'imprenditorialità costruttivista in una società oggettivistica?

    L'imprenditorialità richiesta oggi è quella che sa trasformare i limiti in occasioni, mercati. Dare poi coerenza al tutto è un fatto di strategia culturale e politica.

    Direi senz'altro di cominciare dall'imprenditoria. Chi farà un'azienda con la mission di attivare mercati su cui a loro volta possano germogliare singole iniziative nella coerenza del costruttivismo e della visione sistemica?

    Come rendere economicamente significativa la multidimesionalita che dicevamo e non solo una pedante raccomandazione?

    Gianfranco Minati

    RispondiElimina

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.