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Sarà un post molto breve perché problematico. Anche incerto …
La giustificazione di fondo dell’intervento armato in Libia è, in buona sostanza, che stiamo facendo una operazione di polizia internazionale. Proteggiamo i deboli contro i soprusi di un tiranno.
Io, onestamente, non so se un intervento di questo tipo porterà alla “liberazione” della Libia.
So, però, alcune cose che pongo all’attenzione dei lettori.
La prima è che ogni polizia ha una delega ad operare da parte di tutta la collettività nella quale esercita questa funzione. In genere, questa delega le viene da uno Stato sovrano sulla collettività che la polizia dovrà “proteggere e servire”.
Bene, questo non è certo il caso. E’ vero che esiste una risoluzione dell’ONU. Ma, prima di tutto, Russia, Cina, Lega Araba e i Paesi Africani (tutto il mondo tranne l’Occidente) contesta l’interpretazione che Francia ed amici ne stanno dando.
Quindi è una azione di polizia condotta solo da una parte della Comunità internazionale (sempre la solita) che si è auto proclamata polizia del mondo.
Forse questa parte è così avanzata ed attenta al proteggere e servire e sono gli altri che non capiscono?
E qui arriviamo alla seconda “cosa” che intendo sottoporre all’attenzione del lettore: credo proprio che non abbiamo alcuna autorevolezza etica per auto proclamarci polizia del mondo.
Soprattutto non ce l’hanno le nostre classi dirigenti. Tutti riconoscono e proclamano che il problema è come posizionarsi con la futura dirigenza libica. Che il problema è proteggere i nostri interessi. Già queste affermazioni rendono molto “pelosa” ogni auto proclamazione.
Ma si può anche andare oltre. Sto forse proponendo di non curare i nostri interessi? No! Sostengo che le nostre classi dirigenti non sanno neanche quali sono i nostri interessi. E anche se lo sapessero, non sanno come perseguirli.
Il nostro interesse fondamentale è che il popolo libico progetti una sua vera profonda e solidale via di sviluppo. Solo all’interno di questa via potremo dare affari importanti, molto più importanti di quelli attuali. Ed equi. Le nostre classi dirigenti hanno una visione molto primitiva dei processi di sviluppo politico sociali. E non può che essere così, perché sono impegnati a combattersi tra di loro, non a studiare, approfondire, progettare insieme e solidariamente.
Nel mio libercolo (Un Expo della Conoscenza per fare emerger una nuova società), che è disponibile su questo sito e del quale sto preparando la terza edizione, esiste una analisi dettagliata delle ragioni e della sostanza di questa povertà culturale. Ho citato pubblicazioni molto più autorevoli della mia che aggiungono ragioni a ragioni per dimostrare la primitività delle nostre classi dirigenti. Aggiungo un’altra citazione: andate a dargli una occhiata. Si tratta del libro di Parag Khanna: “How to run the world”.
Credo sia proprio fuori discussione che le nostre classi dirigenti non sono legittimate ad auto proclamarsi alcun che.
Se, poi, guardiamo ai piccoli mondi di casa nostra, troviamo spaventosi ologrammi di questa povertà di conoscenze di prospettive. I crudelissimi redattori delle Iene hanno inviato una giovane e dolce fanciulla ad interrogare i nostri parlamentari (con diligenza davvero bipartisan) sui momenti fondamentali del nostro Risorgimento. La domanda più inevitabile ed insistita è stata: “Ma perché abbiamo scelto proprio il 17 marzo come data per festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia?”. Il rispondere è stato tragico: nessuno degli intervistati ha dato segno di sapere che il 17 marzo 1861 è stato proclamato il Regno d’Italia e Vittorio Emanuele II° è stato proclamato Re d’Italia. Hanno anche chiesto in che anno Roma è diventata capitale ed ovviamente non avevano neanche conoscenze del decennio in cui questo è accaduto. Si è dovuta attendere l’intervista di un politico non parlamentare (il Sindaco di Firenze, Renzi) per trovare uno che sapesse che i Bersaglieri sono entrati in Roma, dalla breccia di Porta Pia, nel 1970 e Roma è stata proclamata capitale d’Italia nel 1871.
Vorrei concludere con un nota che potrà sembrare blasfema, ma che a me sembra tristissima. Mi fa una grande impressione, pensando all’immenso bisogno che abbiamo di costruire un nuovo mondo completamente diverso da quello attuale, quando scolaresche sorridenti cantano “Stringiamci a coorte, siamo pronti alla morte”. Stringiamci a coorte per combattere, ovviamente… E combattere non è esattamente una delle strategie con le quali si costruisce un nuovo mondo.
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