domenica 7 febbraio 2016

Attendendovi a Modena: cosa permette di capire il pensiero di Luhmann

di
Francesco Zanotti
Presidente ApEC


Una piccola anticipazione di cosa il pensiero di Luhmann permette di capire della situazione che stiamo vivendo.
E’ un estratto dall’appendice alla traduzione del libro del Prof. Moeller su Luhmann che presenteremo giovedì prossimo all’Università di Modena e Reggio Emilia.

La crisi politica e l’inutilità delle semplificazioni. I partiti politici sono perennemente impegnati nella danza della pioggia delle elezioni. Leggono i problemi della società cercando quello che può servire a combattere i loro avversari, costruiscono proposte che, pensano, servano a raggiungere il maggior consenso, indipendentemente dalla loro potenzialità di costruire sviluppo.
Forse si attendono che, dopo aver vinto, potranno fare davvero quello che “serve al Paese”; ma è una pia (forse proprio non tanto pia) illusione, perché le elezioni sono diventate un riferimento che non si può abbando-nare mai. E la chiusura autoreferenziale della battaglia elettorale non può che diventare sempre più assorbente, perché il sistema dei partiti non può che diventare sempre più complesso.
La strategia della semplificazione, ispirata all’ideale prometeico dell’uomo solo al comando, serve solo a fare emergere una nuova complessità politica in altra forma. In questa trappola autoreferenziale l’uomo davvero scom-pare: chiunque si inserisca nell’autopoiesi delle elezioni, non può più abbandonarla. Detto diversamente: è inutile cambiare i giocatori se non si cambia gioco.
Anche l’intervento di nuovi attori non cambia le cose. Luhmann descrive bene questa dinamica parlando degli ecologisti tedeschi, coloro che hanno costituito in Germania un movimento che è nato per bloccare il proliferare del nucleare, ma non riuscendo nell’intento. L’unico risultato che hanno ot-tenuto è che il movimento è diventato un influente partito politico che ha reso più complessa l’autopoiesi del sistema politico; insomma, si sono trovati un posto al sole pur lasciando le cose come prima.

La crisi della scienza. Il problema di fondo della scienza è lo specialismo che chiude gli scienziati in loro specifici circuiti autopoietici che non sono altro, ancora una volta, che danze della pioggia che finiscono per produrre nonsense.
Eclatante è l’esempio della fisica. Ai nostri giorni la visione che la fisica ci propone del mondo è costituita dalla “somma” di due teorie: il modello standard delle particelle elementari (che si fonda sulla teoria quantistica dei campi) e la relatività generale. La prima manifestazione dei guai dello specialismo è che queste due teorie sembrano irriducibili l’una all’altra, frutto del fatto che esse vengono sviluppate in circuiti autopoietici loro propri. Ma più eclatante è la seconda: la fisica attuale si è accorta che sa spiegare solo il 4% della materia-energia (che per un fisico sono la stessa cosa) esistente nell’Universo.

La crisi della filosofia. Non va certo meglio nell’ambito delle discipline umanistiche come ad esempio la filosofia. Da tempo si assiste al fenomeno della ideologizzazione del pensiero che genera inevitabilmente conflitto. Emblematico quello che si sta sviluppando, qualche volta anche con attacchi personali, tra sostenitori del realismo e del pensiero postmoderno.

Il paradosso complessivo della società industriale. La teoria di Luhmann spiega quale sia il paradosso complessivo della società industriale. Essa è finalizzata a migliorare la qualità del vivere dell’uomo e, in questo senso, ha ottenuto certamente successi rilevanti e indiscutibili, ma ora è arrivata al capolinea.
La società industriale funziona solo se si ipotizza che la natura sia infinita e inerte: una fonte di materie prime senza fine, tanto che il sottrarre materie prime non la cambia, come accade all’infinito matematico al quale si può togliere qualunque numero finito senza che cambi di una virgola, e poi un deposito di rifiuti di capacità infinita. Ma la natura non è né infinita né inerte. E ci sta facendo pagare un conto salatissimo per averla considerata tale.


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Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.