di
Francesco Zanotti
Leggo oggi sul Corriere un
pezzo di Pierluigi Battista dal titolo “Se l’ideologia della discussione blocca
le decisioni” che riassume, in una efficacissima sintesi “negativa”, perché non
riusciamo a costruire sviluppo. Intendo dire: non riusciamo a costruire
sviluppo perché pensiamo sia costruibile accentrando le decisioni.
Mi spiego: innanzitutto perché
parliamo di decisioni? Vogliamo recuperare il senso delle parole? Il decidere è
scegliere tra opzioni precostituite. Per quanto riguarda la legge elettorale
occorre progettarla.
Smettendola di parlare di
decisioni si comincia a capire. Facciamo il passo decisivo. E arriva in ballo
la grande complessità sociale e culturale dell’Italia.
Noi siamo un Paese “complesso”, articolato, ad esempio, in una grande diversità di attori sociali e politici. Ognuno di essi deve (ed ha il dovere) affermare la sua identità. Ed ha il diritto di farlo perché deve affermare la sua diversità è aggiungere complessità, quindi ricchezza. Allora, in occasione di qualunque processo progettuale (in politica siamo raramente di fronte a processi decisionali), vi sono solo due alternative. La prima è che tutti gli attori politico-sociali vengano coinvolti nella progettazione fino al risultato finale che tutti devono approvare senza riserve. La seconda è che … ci si infila nel pantano delle opposizioni, dei divieti, dei boicottaggi. Perché si costringe chi non ha partecipato alla progettazione (o non ne condivide il risultato) ad affermare la propria identità contestando il risultato della progettazione che li ha visti esclusi.
Noi siamo un Paese “complesso”, articolato, ad esempio, in una grande diversità di attori sociali e politici. Ognuno di essi deve (ed ha il dovere) affermare la sua identità. Ed ha il diritto di farlo perché deve affermare la sua diversità è aggiungere complessità, quindi ricchezza. Allora, in occasione di qualunque processo progettuale (in politica siamo raramente di fronte a processi decisionali), vi sono solo due alternative. La prima è che tutti gli attori politico-sociali vengano coinvolti nella progettazione fino al risultato finale che tutti devono approvare senza riserve. La seconda è che … ci si infila nel pantano delle opposizioni, dei divieti, dei boicottaggi. Perché si costringe chi non ha partecipato alla progettazione (o non ne condivide il risultato) ad affermare la propria identità contestando il risultato della progettazione che li ha visti esclusi.
Se, poi, si volesse con
qualche legge elettorale eliminare questa complessità dal Parlamento ce la
ritroveremo, energeticamente (anche violentemente) protestante nelle piazze.
Dobbiamo accettare il fatto che “Un uomo solo al comando… “ vale solo se la
conclusione è quella ciclistica “…la sua maglia è azzurra e il suo nome è
Fausto Coppi”. Non vale per nessun Berlusconi o Renzi.
Obiezione: ma come si fa a
coinvolgere tutti nella progettazione? Ecco questa domanda nasce semplicemente perché
non si conosce nulla di sistemica, scienze cognitive, perché nessuno ha letto Luhmann,
perché non si segue il nostro blog. Altrimenti si saprebbe che esiste una
modalità di governo della progettualità sociale che si chiama Sorgente Aperta.
E lo si userebbe, invece di reclamare perché tutti vogliono dire la loro. E non
si allineano buoni buoni dietro a qualche leader.
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