di
Francesco Zanotti
I tecnici hanno senso solo in quei pezzi di mondo (sistemi)
per i quali esistono leggi naturali di tipo classico.
Ha senso che esista un ingegnere strutturale perché egli
si muove in un pezzo di mondo nel quale vale (con un elevato livello di precisione)
la meccanica classica. Il tecnico conosce le “leggi” della meccanica classica e
le sa applicare progettando strutture che “stanno in piedi”. E’ anche possibile
valutare quale tra le strutture che stanno in piedi sia la migliore. Chi non
conosce la meccanica classica non sa applicare le leggi e, quindi, non
riesce a progettare strutture che stiano in piedi.
Non ha senso, però, che si cerchi un “tecnico” economico
o sociale. Per la semplice ragione che nei sistemi economici e sociali non
esistono “leggi classiche”. Se non esistono leggi, non esiste un tecnico che
sia capace di progettare sistemi economici e sociali che stanno in piedi, che
sono meglio di altri.
Il Governo dovrebbe generare i sistemi economici e
sociali del futuro, ma non può seguire la via tecnica per la semplice ragione
che non c’è nessuna tecnica.
Questo significa che un Governo tecnico non può esistere.
Non solo perché ogni decisione è politica, ma proprio perché non esiste nessuna
tecnica.
L’affermazione “ prima il rigore e poi lo sviluppo” non è
giustificato da nessuna legge economica assoluta. Il modello di mercato del
lavoro che ha progettato il Governo non può essere spacciato come il migliore
possibile perché progettato da tecnici.
Negli spazi economico e sociale dobbiamo progettare anche
le leggi. Le leggi che ci permetteranno di costruire i sistemi economici e
sociali che preferiremo.
L’ha intuito anche Susanna Camusso che in una intervista
televisiva ha detto che se le attuali leggi economiche ci creano guai, allora
ne dobbiamo costruire altre. Aveva ragione! Hanno torto (e fanno danni) tutti
coloro che credono che esistano leggi economiche e sociali che hanno, nell’economico
e sociale, la stessa validità che ha la fisica classica in un ben delimitato “pezzo”
di mondo. E non oltre. Può venire il sospetto che cerchino di spacciare come
assolute le leggi che convengono loro. A me viene il dubbio che lo facciano per
semplice (e poco responsabile) ignoranza epistemologica.
Lo spazio nel quale muoversi verso il nostro futuro è una
immensa prateria libera. In essa possiamo costruire le città, le strade e i
villaggi che vogliamo. Se costruiamo città e villaggi zozzi e puzzolenti,
sappiamo che li abbiamo costruiti noi. Se le strade sono sterrate, polverose o
impantanate, sappiamo che siamo noi a volerle così.
Se l’economia sta andando a rotoli e la socialità trasuda
di conflitti, sappiamo che tutto questo l’abbiamo costruito noi. Non solo, ma
dobbiamo riconoscere anche che altri infiniti mondi sono possibili ed è nostro
dovere morale costruirli.
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