di
Gianfranco
Minati
Da tempo ormai l’aspetto sociale
del fare scienza, come attività umana, tende a trasformarsi o ridursi o
degenerare in intreccio tra il fare scienza e modalità di essere dei sistemi
sociali.
Fanno parte di questo intreccio
l’uso concettuale e spaccio della
scienza come garanzia di oggettività, scoperta della verità e indipendenza o
neutralità. Ancora la necessità di finanziamenti ottenuti spesso sposando
interessi commerciali e militari http://www.nature.com/news/specials/military/index.html?WT.ec_id=NEWS-20111004 . I finanziamenti pubblici d’altro canto non
solo sono, eventualmente, erogati concessivamente come attività relativamente necessarie, ma anche risentono
sia della difficile comprensibilità dei progetti da parte di valutatori in
altre logiche (e quando nelle stesse, di
parte) sia della commistione e difficile distinguibilità tra uso
scientifico, spese di struttura e mantenimento di burocrazie e carriere
accademiche di difficile distinguibilità, nel migliore dei casi, da teorie,
progetti e approcci.
Questo intreccio infetta concettualmente il tutto.
Ricerche contro (è già un programma) la sclerosi multipla sono affidate alla
vendita di arance per strada -sono personalmente un disabile con la sclerosi
multipla…-. A quando anche quelle di fisica? Collette e marketing di scienza.
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Francesco Zanotti è intervenuto su
aspetti di questi processi degenerativi
dove quella che dovrebbe essere interdisciplinarità si riduce a non si sa bene
chi e che cosa faccia come scienza.
Dobbiamo mantenere la bussola e la
retta via in questa selva oscura. Fuor di metafora si tratta di saper specificare,
distinguere e mantenere la proprietà di fare scienza senza ridurla a definizioni insensibili al contesto. Mi
si perdoni il riferimento personale, ma si tratta di riprodurre concettualmente
la differenza tra la Torah scritta e quello orale, che si declina nei tempi
senza far parte di alcun tempo.
La scarsa fruibilità concettuale
della scienza, il suo cimentarsi ove la sperimentazione è difficile se non
impossibile come in cosmologia, l’uso di un linguaggio matematico per esprimere
astrazioni remote dalla vita macroscopica come nella fisica quantistica, sono aspetti,
problemi e sfide che portano all’accettazione di a-scientificità come rinunzia.
Se Bach avesse potuto sentire la
sua musica venire da una scatoletta, Newton
le immagini di Londra su una televisione e Leonardo vedere un aereo o
elicottero atterrare che cosa avrebbero pensato? Alla magia? Forse. E forse
come rinunzia consapevole a capire.
Ma questo è il nostro destino e dovere di specie.
Un cavo può anche essere staccato.
Il fatto che sia un evento fa parte della degenerazione infettiva che dicevamo.
Riattacchiamolo pure e
rimettiamoci a pensare.
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