Quando si legge un articolo di questa portata, oltre alla necessaria contemplazione (meditazione riflessione, libertà di farsi guidare verso pensieri che altrimenti non sarebbero stati formulati), credo, sia un dovere
sociale tentare di dare un proprio contributo, perché i pensieri che contiene diventino un granello di lievito verso un nuovo mondo.
Ci provo e arriverò a trattare argomenti concreti come l’Expo 2015, l’imprenditorialità … Credo sia un dovere di tutti gli intellettuali rendere, spingere le loro riflessioni nella carne della storia.
La prima osservazione è che il sottotitolo (non credo proprio pensato dal Prof Severino) è quasi una vergogna. Ci sarebbe da indignarsi se non si conoscessero le profonde insicurezze della stampa, che ha paura di una conoscenza che non venga caricata di sensazionalismo. Insicurezza e sfiducia nella maturità di noi lettori.
Ma andiamo oltre la stampa. Appena si va oltre si scopre un grande affresco che non mi permetto di riassumere. Ma che mi sembra di avere il dovere di interpretare e “incarnare” nella nostra realtà di passaggio (tutto da costruire) da una società all’altra.
A me sembra che si possa sintetizzare (ovviamente ogni sintesi non può pretendere di essere assoluta o esaustiva) il grande affresco di Severino nel modo seguente: la scienza attuale e tutta la nostra società nasce ed è ancora legata alla visione del rapporto tra uomo e mondo di Galileo.
E la visione di Galileo è sintetizzata da due avverbi: “oggettivamente” e “logicamente”.
L’uomo guarda il mondo attraverso “sensate esperienze” e ne scopre l’"oggettiva” natura (quali sono le componenti e le leggi della natura). L’uomo ragiona (progetta) sulla natura scoperta con una logica “ferrea” e costruisce il migliore dei mondi possibile.
Ragionando in termini di “oggettività” e “logica”, si costruiscono, ovviamente, ideologie. E il confrontare ideologie non può che portare al conflitto.
Innanzitutto, si costruisce una scienza che pretende di essere unica ed eterna.
Ma non voglio fermarmi a ragionare sulla scienza, ci ritornerò dopo. Voglio soffermarmi sulla economia e sulla politica. Esse sono impastate di “oggettivamente” e “logicamente”. Cioè sono ideologie.
L’attuale sistema economico è guidato dalle leggi dell’economia: leggi considerate oggettive, ovviamente. Per migliorarlo è necessario applicare queste leggi correttamente, cioè logicamente. Se non lo si vuole migliorare è perché non lo si vuole a causa di interessi meschini ed egoistici.
I progetti politici nascono da una analisi oggettiva della realtà (quali sono i problemi ad esempio) e da una consequenziale (logica) costruzione di soluzioni. Quindi sono “verità” inattaccabili. Se ce ne sono tanti, non possono che configgere.
I progetti strategici delle imprese nascono anch’essi da analisi (del mercato) ritenute oggettive e da ragionamenti logici che li rendono indiscutibili.
I fondamenti della nostra società (il libero mercato, la democrazia e i loro valori, per esempio) sono “indiscutibili” …
Ma che male c’è per tutto questo? C’è quasi tutto di male. Infatti, l’attuale società non sta più in piedi. Perché sta entrando in conflitto sia con l’uomo sia con la natura. Se fosse l’unica società, come seguendo il pensiero di Galileo dovrebbe essere, saremmo veramente nei guai. Sarebbe finita la storia.
Per fortuna, ci viene in aiuto proprio la scienza. Al suo interno, sono nati mille germi anti-ideologici. Detto diversamente: la scienza ha cominciato a contestare se stessa.
Se ritornate alla fine del secolo XIX, scoprirete che i fisici avevano la quasi certezza che mancavano pochi calcoli per spiegare tutto dell’uomo e della natura. Erano convinti di aver costruito la ideologia finale. Forse, era una certezza che sarebbe dovuta essere messa in discussione già da allora, a causa della costruzione delle geometrie non euclidee che, essendo l’una diversa dalle altre, avrebbero dovuto mettere sull’avviso che questo sogno della ideologia unica e definitiva proprio non stava in piedi. Ma la cultura dello specialismo, propria della società industriale, faceva dei fisici una comunità poco attenta a quanto accadeva fuori di essa e così, alla fine dell’ottocento, essi potevano ancora sognare di aver letto tutto il libro della natura, scritto

Ma, dopo di allora, tutto è franato. Come è noto, si è iniziato, nel 1905, con un articolo, dal titolo apparentemente insignificante come “Sull’elettrodinamica dei corpi in moto”, di un tecnico di terza classe dell’ufficio brevetti di Berna. Ma, poi, si è sontuosamente continuato con la meccanica quantistica (oggi ancora in profonda evoluzione) che ha reso evidente che il guardare produce una visione oggettiva solo per sistemi semplici. Per i sistemi complessi, il guadare significa entrare a far parte del sistema osservato. Allora non si guarda, ma si partecipa a costruirne l’evoluzione. Detto diversamente, non ci sono sensate esperienze, ma appassionate partecipazioni. E si è drammaticamente continuato con i due teoremi di Godel che hanno dimostrato che fare matematica è costruire storie. Altro che costruire ideologie.
In sintesi, la nuova scienza ci ha rivelato che la visione delle sensate esperienze e certe dimostrazioni vale solo per una “parte” del mondo: per i sistemi semplici. Quando si cerca di applicare questa filosofia ai sistemi complessi, è necessaria un’altra visione del mondo, la cui struttura di fondo è suggerita dalla meccanica quantistica. La nuova scienza ci sta, insomma, offrendo una via di speranza… come, d’altra parte, aveva fatto la scienza di Galileo. Essa ci aveva permesso di costruire una società che ha liberato l’uomo dai bisogni materiali. Ed è stata capace di raggiungere questo obiettivo proprio perché ha guardato l’uomo e la natura con gli occhiali della materialità. Cioè, considerando l’uomo e la natura come sistemi semplici.
Ma non poteva andare oltre, verso un uomo che non è solo bisogni materiali, in armonia con una natura che non è solo giacimento di materie prime. Cercando di andare oltre, si è costruita la crisi che tutti stiamo vivendo.
Da questa crisi usciremo solo se riusciremo a progettare una nuova società. E potremo farlo solo se supereremo la visione della scienza e del mondo di Galileo e adotteremo quelle che sta nascendo in mille spazi di conoscenze, con una ispirazione di fondo formalizzata nella meccanica quantistica.
Per essere più concreti, riusciremo a costruire una nuova società quando aboliremo dal linguaggio economico, politico e sociale gli avverbi “oggettivamente” e “logicamente” …
Per riuscirci, noi abbiamo proposto l’organizzazione di un Expo della Conoscenza che potrà essere il catalizzatore di quella che definiamo una nuova imprenditorialità aumentata. Non solo economica, ma anche sociale, politica, culturale ed istituzionale. Quella imprenditorialità che ha costruito la nostra attuale economia e società e che ora deve diventare molto più intensa (una imprenditorialità aumentata, appunto) per costruire una nuova economia ed una nuova società.
Caro Zanotti, ho letto diversi dei contributi qui sotto, non so se sono sempre suoi o di altri, ma ritorna più volte questa proposta dell'expo della conoscenza. Interessante l'analisi, ma, anche dal suo ultimo scritto, rimane pur vaga ed indistinta la proposta. Che vuole fare, una rivoluzione delle parole? Con cosa vuole sostituire oggettivamente e logicamente, e davvero crede che cambiando due parole un intero sistema mondiale di intereressi e rapporti cambi? e verso cosa, in meglio, ne è sicuro? Ed è tutta qui la proposta? o c'è qualcosa di più consistente? cosa ha visto in quel mondo di complessità..perché no ce lo dice?
RispondiEliminanon so, mi pare un poco come quelle ragazza che sollevano la gonna e fanno un poco intravvedere le cosce...però poi non si vede la gamba..e sa coi tempi che corrono..le sorprese sono..in prossimità.
G.
Anche la dimostrazione di Godel, a voler essere coerenti, non é altro che una storia. Godel presuppone, del resto, che esistano numeri e funzioni, negazioni e affermazioni, congiunzioni disgiunzioni e implicazioni e così via..del resto solo un sapere che riesca a rendere ragione, incontrovertibilmente, del suo fondamento, può stare realmente sopra (epi-steme) la storia, perché sarebbe innanzitutto un sapere circa la storia (principio, fine e mezzo). Ora, il problema é determinare se un tale sapere sia o meno possibile. Io credo che la cosa più importante, e che contraddistingue la filosofia da tutte le altre scienze, consista innanzitutto nel retrocedere verso il fondamento (il che non implica che un tale fondamento sia o meno possibile). Vi faccio un esempio. Euclide definisce il concetto di punto come 'ciò che é privo di parti' e quello di linea come una 'lunghezza senza larghezza'. La geometria euclidea, così come le geometrie non euclidee presuppongono questi concetti come pimitivi e soprattutto come intuitivi senza inerrogarsi né sulla loro paradossalità (come possiamo rappresentarci intuitivamente l'assenza di parti?) né sulla loro ragion d'essere. Questi concetti, irrappresentabili, non possono che essere di natura metafisica. Ma allora la geometria, che é costruita sulla base di questi concetti puri non ha niente a che vedere né con lo spazio fisico né con quello intuitivo che possiamo rappresentarci mentalmente quando facciamo geometria. Non ci voleva certo la rivoluzione non euclidea per capire che la geometria non ha alcuna relazione con l'esperienza..Se Euclide fosse stato cosciente di questo avrebbe provato a dedurre i concetti primitivi sulla base di quelle categorie metafisiche (l'uno e il molteplice, l'identtà e la differenza ecc..) che quaeti concetti presuppongono. E magari il quinto postulato non sarebbe stato nemmeno concepito. Se così fosse la storia della geometria euclidea, così come la conosciamo, non sarebbe mai cominciata, né certo si sarebbe conclusa. Avremmo invece proseguito nel lavoro di deduzione arrivando a concepire anche i teoremi più complessi e probabilmente ora guarderemmo alla geometria come ad un sapere del tutto diverso.
RispondiEliminaSe invece si crede nell'esistenza di un fondamento incontrovertibile, come accade ad Aristotele, Severino e a tanti altri, bisogna innanzitutto premurarsi di mostrare perché é incontrovertibile ed é questo il lavoro più importante e più difficile di tutti: i grandi filosofi ci dedicano la vita perché sanno che da questo dipende ogni autentica possibilità di sapere. Segretamente, dunque, essi lavorano per tutte le scienze e per tutte le prassi..