sabato 10 marzo 2012

Pasolini ed Aleph V°: due profezie


di
Francesco Zanotti

In uno dei Gruppi di linkedin “Generazione 21”, avviato da Andreas Voigt, nella discussione “E dopo?”, trovo, proposta da Luca Nocenti, una poesia “profetica” di Pierpaolo Pasolini http://crisis.blogosfere.it/2011/12/la-recessione-di-pier-paolo-pasolini.html.
Per puro caso, trovo in un vecchio scatolone, il sogno, la profezia di Aleph V, il Fantalico che del 2332 …
Non è pensata e curata come la profezia di Pasolini. Nelle note introduttive dice che è buttata giù di getto …
La  propongo qui … Un invito: confrontatela con quella di Pasolini …

La gente vestita con sobrietà serena e curiosa. Tessuti fatti di Natura che torneranno Natura quasi ogni giorno. Ogni vestimento sarà una piccola opera d’arte che non racconterà più stereotipi di identità sterili ed immobili. Ma la storia che quel giorno si vuole vivere e costruire.

Un chiaro e dolce rosso tramonto su una natura nuova, limpida. Anticipo di una sera che ci porterà l’infinita visione di cieli stellati che saranno popolati di fratelli lontani di tante umanità.
E di fratelli vicini che avranno la gioia di guardare la stessa luna, a cui raccontare, perché la faccia risuonare nel mondo, le mille giornate di solidarietà e di scoperta.

La gioia dei giovani nel raccontare ai vecchi il loro girovagare sperimentare la gioia dei vecchi nel comporre sempre nuovi poemi di senso, aggiungendo la saggezza del tempo, ogni sera rinnovata.

La sera sarà il riposo in attesa di una nuova l’alba che aprirà un altro episodio della Storia dell’Umanità nella quale essere protagonisti. L’indomani mattina quando tutti i figli dell’uomo si svegliano e sanno che gli altri uomini attendono la loro immaginazione, la loro forza, la loro generosità, il loro amore.

Lontano, i monumenti della società industriale: da visitare come un libro di storia. Per ricordare come un progredire non è mai seguire ideologie. E’ un continuo immaginare nuovi mondi. E quando l’immaginare ripete se stesso, allora nascono i mostri che ossessionano, la vita. La sera, il sorriso.
Guardare, forse anche conservare la loro inutilità cadente come cattedrali di un passato che è stato utile, ma non bello.

Il lavoro come gioco perenne, da fare insieme come una festa che da soli non ha senso. La tecnologia come scienza praticata e non come violenza alla scienza che la butta in creodi di specializzazioni disperate e disperanti.

Il viaggiare non sarà una maledizione di fumo e sudore. Non avrà i tempi della fretta, ma la fretta gioiosa dell’impazienza di visitare le storie personali e collettive di altri uomini. Di stringere la mano a chi fa continuamente arte con noi. Di immergersi in altri ologrammi dell’universo.

I treni e le corriere saranno fermi nei musei fisici e nei ricordi. Il viaggiare sarà come essere trasportati dall’erba dalle onde del mare, dall’immergersi nell’Unità nascosta nell’Universo che ci porta fuori dal tempo per riportarci nel tempo in un altro luogo.

Il viaggiare quotidiano avverrà nei territori della conoscenza, dell’arte che racconta la conoscenza, della storia che il fare arte costruisce. Il viaggiare quotidiano, individuale, locale, universale, costruirà conoscenza, arte, storia
Costruirà continuamente nuovi mondi che la sera, intorno ai mille fuochi reali dell’umanità, potranno essere raccontati a chi sente il calore di quella legna con noi. Ma anche a chi sente altri calori, altri grilli, altri venti, altri canti d’uccelli. Forse anche a chi vede nuove lune.

Ogni sera sarà celebrazione della vita, canto del passato, promessa del futuro
Ogni mattina sarà il risveglio con quella promessa nel cuore che scorrerà in tutte le vene come energia purissima.

Ogni nascita sarà speranza e stupore, ogni morte sarà vita e senso compiuti.

I banditi saranno tristemente ad elemosinare speranza, oramai padroni di tutti i soldi del mondo, ma soldi senza valore. Che non permettono loro di sedere davanti ad alcun fuoco, di sorridere ad alcun amico. Non permettono loro di sorridere alla propria disperazione per spegnerla.

La società come il contado dei nostri giorni, delle nostre albe e tramonti, del nostro vivere e morire.

Il suono di fondo della speranza alla quale ognuno può tendere l’orecchio quando la fatica e il dolore opprimono.

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.