di
Francesco Zanotti
In uno dei Gruppi di linkedin “Generazione 21”, avviato da Andreas
Voigt, nella discussione “E dopo?”, trovo, proposta da Luca Nocenti, una poesia
“profetica” di Pierpaolo Pasolini http://crisis.blogosfere.it/2011/12/la-recessione-di-pier-paolo-pasolini.html.
Per puro caso, trovo in un vecchio scatolone, il sogno, la profezia di
Aleph V, il Fantalico che del 2332 …
Non è pensata e curata come la profezia di Pasolini. Nelle note
introduttive dice che è buttata giù di getto …
La propongo qui … Un invito:
confrontatela con quella di Pasolini …
Un chiaro e dolce rosso tramonto su una natura nuova, limpida.
Anticipo di una sera che ci porterà l’infinita visione di cieli stellati che saranno
popolati di fratelli lontani di tante umanità.
E di fratelli vicini che avranno la gioia di guardare la stessa
luna, a cui raccontare, perché la faccia risuonare nel mondo, le mille giornate
di solidarietà e di scoperta.
La gioia dei giovani nel raccontare ai vecchi il loro girovagare
sperimentare la gioia dei vecchi nel comporre sempre nuovi poemi di senso,
aggiungendo la saggezza del tempo, ogni sera rinnovata.
La sera sarà il riposo in attesa di una nuova l’alba che aprirà un
altro episodio della Storia dell’Umanità nella quale essere protagonisti. L’indomani
mattina quando tutti i figli dell’uomo si svegliano e sanno che gli altri
uomini attendono la loro immaginazione, la loro forza, la loro generosità, il loro
amore.
Lontano, i monumenti della società industriale: da visitare come
un libro di storia. Per ricordare come un progredire non è mai seguire
ideologie. E’ un continuo immaginare nuovi mondi. E quando l’immaginare ripete
se stesso, allora nascono i mostri che ossessionano, la vita. La sera, il
sorriso.
Guardare, forse anche conservare la loro inutilità cadente come
cattedrali di un passato che è stato utile, ma non bello.
Il lavoro come gioco perenne, da fare insieme come una festa che
da soli non ha senso. La tecnologia come scienza praticata e non come violenza
alla scienza che la butta in creodi di specializzazioni disperate e disperanti.
Il viaggiare non sarà una maledizione di fumo e sudore. Non avrà i
tempi della fretta, ma la fretta gioiosa dell’impazienza di visitare le storie
personali e collettive di altri uomini. Di stringere la mano a chi fa continuamente
arte con noi. Di immergersi in altri ologrammi dell’universo.
I treni e le corriere saranno fermi nei musei fisici e nei
ricordi. Il viaggiare sarà come essere trasportati dall’erba dalle onde del mare,
dall’immergersi nell’Unità nascosta nell’Universo che ci porta fuori dal tempo
per riportarci nel tempo in un altro luogo.
Il viaggiare quotidiano avverrà nei territori della conoscenza, dell’arte
che racconta la conoscenza, della storia che il fare arte costruisce. Il
viaggiare quotidiano, individuale, locale, universale, costruirà conoscenza,
arte, storia
Costruirà continuamente nuovi mondi che la sera, intorno ai mille
fuochi reali dell’umanità, potranno essere raccontati a chi sente il calore di
quella legna con noi. Ma anche a chi sente altri calori, altri grilli, altri
venti, altri canti d’uccelli. Forse anche a chi vede nuove lune.
Ogni sera sarà celebrazione della vita, canto del passato,
promessa del futuro
Ogni mattina sarà il risveglio con quella promessa nel cuore che
scorrerà in tutte le vene come energia purissima.
Ogni nascita sarà speranza e stupore, ogni morte sarà vita e senso
compiuti.
I banditi saranno tristemente ad elemosinare speranza, oramai
padroni di tutti i soldi del mondo, ma soldi senza valore. Che non permettono
loro di sedere davanti ad alcun fuoco, di sorridere ad alcun amico. Non
permettono loro di sorridere alla propria disperazione per spegnerla.
La società come il contado dei nostri giorni, delle nostre albe e
tramonti, del nostro vivere e morire.
Il suono di fondo della speranza alla quale ognuno può tendere l’orecchio
quando la fatica e il dolore opprimono.
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