lunedì 13 marzo 2017

Qualche contributo agli economisti in crisi di ... scienza

di
Francesco Zanotti

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Sul nuovo inserto “Economia” del Corriere della Sera ho trovato due “paginate” interessanti. Federico Fubini elenca con spietatezza gli errori degli economisti. E riferisce di due interpretazioni illuminanti di questa incapacità di previsioni. Lucrezia Reichlin tenta di prendere la difesa d’ufficio degli economisti, ma poi finisce per aggiungere una critica pesantissima.
Il problema è che manca una proposta, allora proviamo a farla … Almeno accennarla visto che siamo su di un blog.

Se non fosse tragico, sarebbe spassoso leggere degli errori di previsione degli economisti. Riconosciuti dagli stessi economisti. Fubini cita uno studio della Banca Centrale Australiana dove si sostiene che una volta su due le previsioni sono diametralmente sbagliate. Cita anche gli Autori di Freakonimics che sostengono che gli economisti “fanno centro” tante volte quanto degli scimpanzé che tirano freccette. Di fonte a questa realtà mi chiedo: perché andiamo ancora a cercare spiegazioni e previsioni economiche dagli economisti? E anche: perché ancora i politici usano addirittura visioni caricaturali di una scienza economica che è già in crisi per conto suo?
Veniamo alle interpretazioni. Sono sostanzialmente due che tendono a rafforzarsi l’un l’altra. La prima è di Andy Aldane, Capo Economista della Banca d’Inghilterra. Egli sostiene che, sostanzialmente, gli economisti hanno invidia dei fisici e ne scimmiottano l’epistemologia: pensano che i sistemi economici, come i sistemi fisici, tendono ad andare verso situazioni di equilibrio che risultato sempre meno realistiche. La causa di questa insistenza nell’errore è la grave autoreferenzialità degli economisti che non credono nella interdisciplinarietà. Aggiunge Paul Rommer, Capoeconomista della Banca Mondiale: “Tremenda fiducia in sé stessi, una comunità monolitica, un senso di identificazione simile a quello verso una fede religiosa, indifferenza e disinteresse di chi non è parte del gruppo, una tendenza ad ignorare la possibilità che le proprie idee siano sbagliate […]“.
Lucrezia Reichlin cerca di difendere gli economisti dichiarando che le previsioni che riguardano i fatti umani sono difficilissime. E sostiene una strana distinzione tra descrizione e previsione ... Ma poi finisce con confermare le ragioni dei critici aggiungendone un’altra: “[…] i modelli usati dalle Istituzioni non tenevano conto del nesso tra rischio finanziario e attività economica, una carenza fondamentale.”

Arriviamo ora a qualche contributo, anche se con la consapevolezza che oggi, in realtà, nessuno è alla ricerca di contributi.

Il primo è una spiegazione, prima matematica e poi etica, del perché una teoria dell’equilibrio non funziona.
La spiegazione matematica. Lee Smolin, uno dei fisici più autorevoli, sostiene, discutendo dei modelli di Arrow-Debreu, che gli stati di equilibrio di un sistema economico certamente esistono, ma sono moltissimi, come accade nella teoria delle stringhe. Sono forse proprio tutti quelli che si desiderano. La scelta tra l’uno e l’altro deve essere fatta con ragioni extraeconomiche. Data la loro varietà e numerosità, non è neanche possibile fare una esplorazione sistematica di tutti. E allora?
Allora il contributo degli economisti che propongono la teoria dell’equilibrio è nulla proprio per le caratteristiche matematiche della teoria che propongono. E’ necessario, quindi, immaginare socialmente quelli che si considerano desiderabili.
Per chi volesse approfondire il discorso, il riferimento è al paper “Time and symmetry in models of economic markets(25 Feb 2009) di Lee Smolin.
La spiegazione etica: il concetto stesso di equilibrio non è etico. Vi sembra il caso di cercare di riequilibrare la società attuale? Capsico che lo facciano le società occidentali, ma non credo con grande possibilità di successo. Tra l’altro: quando mai la storia dell’Uomo si è sviluppata attraverso ristrutturazione di equilibri che si andavano disgregando? Quando si è tentato questo, si sono scatenate rivoluzioni. Purtroppo il concetto di equilibrio è molto radicato, soprattutto nelle classi dirigenti che hanno interesse a rimanere tali tanto da coniare veri e propri ossimori come “sviluppo nella stabilità”.


Il secondo contributo è una applicazione della teoria dei sistemi autopoietici alle dinamiche finanziarie: permettono una spiegazione elementare del formarsi delle bolle che non ha nulla a che vedere con la regolamentazione. Ecco la spiegazione. Il sistema degli scambi sui mercati finanziari genera sistemi autopoietici che sviluppano un loro proprio concetto di valore che va continuamente aumentando. E’ questa specifica autopoiesi che “isola” gli operatori dei mercati finanziari dall’economia reale. Il valore che si forma nei mercati finanziari, però, non è riconosciuto da chi opera al di fuori di questo sistema di scambi.
Nulla accade fino a che qualcuno non cerca di fare accettare fuori dal sistema degli scambi finanziari il concetto di valore che in essi si è formato. Cioè di monetizzare il valore dei titoli nella valuta con cui si scambiano i beni economici. Quando questo accade gli operatori dei mercati finanziari si accorgono che nessuno è disposto a comprare con moneta “economica” i titoli al valore che essi hanno nei mercati finanziari. Una storiella è più efficace della teoria:. … Vuoi comprare il mio cane? Sì, ma quanto costa? Ecco costa un milione di Euro. Ok te lo pago due gatti da 500.000 Euro ciascuno. Nei bilanci lasciamo il valore del cane a un milione di euro, ma sappiamo che possiamo solo scambiarlo con due gatti da 500.000 e non con moneta corrente.
Per un riferimento al pensiero autopoietico “Per comprendere Luhmann” di H-G Moeller, tradotto da Lorenzo e Luciano Martinoli e con una mia Appendice.
Per completare quanto è possibile dire usando la teoria dei sistemi autopoietici ci si può riferire all’ultima fatica di Arjun Appadurai “Scommettere sulla parole”, traduzione italiana edita da Raffaello Cortina.

Il terzo contributo è una proposta complessiva. Sarà, inevitabilmente, un contributo schematico che proprio la lettura dei nostri blog permette di approfondire. La finanza deve tornare a ragionare in termini di analisi fondamentale, cioè sul valore del sottostante i titoli. Per farlo gli operatori dei mercati finanziari e tutti i “finanzieri”, compresi i top manager delle banche commerciali, devono usare quelle conoscenze e metodologie di strategia d’impresa che sono loro sconosciute. Come d’altra parte sono sconosciute agli economisti. Queste conoscenze e metodologie usano non solo la teoria dei sistemi autopoietici, ma molte altre conoscenze che vengono dalle diverse scienze umane a naturali.
A questo proposito mi si permetta una battuta: ma perché gli economisti pensano solo alla fisica classica e non alla fisica quantistica, come è suggerito tra l’altro nel paper di Smolin?
Usando tutte queste conoscenze il discorso si sposta dalla valutazione alla progettualità strategico-imprenditoriale che è la vera attività da intraprendere non solo per uscire dalla crisi, ma per costruire una nuova economia e una nuova società.



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Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.