di
Francesco Zanotti
Anni ’50, bassa padana. Giovanni è l’uomo degli spettacoli di marionette. Un puparo cantastorie lombardo. Egli disegna e costruisce le sue marionette, disegna e costruisce le quinte dove le marionette vivranno le loro storie. Si immagina le storie straordinarie che farà rappresentare dalle marionette E, poi, fa vivere queste storie muovendo le marionette e deliziando un pubblico sempre ingenuo. Alla fine prende due soldi e mille abbracci dal suo pubblico che si è immedesimato nella sua storia e lo applaude perché gliel’ha fatta vivere. un pubblico che sempre è marionetta di qualche altro teatro. Dopo tutto, non si piò essere solo pubblico nella vita …
E così Giovanni se ne va di
paese in paese, di storia in storia, di teatrino in teatrino, di spettacolo in
spettacolo tra le nebbie di quella bassa padana che è diventata lo sfondo della
sua vita.
Ma oggi è diverso. Non è solo che nell’aria non
c’è qualcosa di nuovo. E’ che tutto sembra vecchio.
Giovanni si accorge che non riesce
più a immaginare nuove storie.
Per questo le marionette
vivono un disagio profondo. A loro piace far vivere tra quinte sempre nuove,
storie altrettanto nuove. E sono disposti a farsi guidare da Giovanni che
riesce ad immaginare storie, mentre loro non ci riescono. Ma se Giovanni nuove
storie non le ha e le fa solo muovere tra vecchie quinte per raccontare vecchie
storie, allora perde di senso fare i suoi burattini … Giovanni, o sei un poeta
del futuro o non ci interessi. Meglio: negoziamo. Proviamo almeno a raccontare
le storie in modo diverso: facci essere un po’meno burattini ed un po’ più
cantastorie …
All’inizio dello spettacolo il
pubblico da credito a Giovanni. Sì, questa storia all’inizio non sembra tanto
nuova, ma ha fiducia in Giovanni cantastorie. A mano a mano che lo spettacolo procede
la storia si rivela in modo sempre più evidente solo una delle tante storie già
raccontate nel passato. La novità (quindi l’emozione del futuro) non arriva.
Anzi il pubblico si accorge che non stanno guardando alcuna storia: solo il
disordinato muoversi di burattini tra paesaggi improbabili. Forse qualche
pennellata di innovazione in quella quinta, qualche battuta nuova, ma sempre
meno e sembra addirittura che Giovanni le veda con fastidio. Come un ribellarsi
dei burattini, non come un loro contributo solidale.
Il pubblico si sta perdendo in
un chiacchiericcio che non fa altro che prefigurare cosa accadrà quando loro
torneranno ad essere marionette di qualche Giovanni. Qualche innovazione di
forma, ma che ottiene solo il risultato di evidenziare ancora di più che la mancanza
di nuova sostanza. Allora anche il pubblico comincia a disinteressarsi di
Giovanni. Giovanni non ti abbandoniamo, ma guarda che negoziamo anche noi.
Ma oggi è molto diverso ...
Mentre questo
disinnamoramento si trasforma in un negoziare sempre più triste di tutti accade
l’imprevedibile: il paesaggio diventa tremolante e poi piano piano scompare. Si
vede arrivare una schiera di operai che … ecco, sì … arrotolano il paesaggio.
La bassa padana era una tela che ora sembra davvero troppo vecchia. Ed allora
gli operai lo arrotolano per gli archivi della storia. Giovanni i burattini e
gli spettatori diventano un volgo disperso che nome non ha. Personaggi non solo
in cerca di autori, ma di teatri e di mondi.
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