giovedì 18 aprile 2013

Si muore di correlazione, si vive di desiderio e volontà


di
Francesco Zanotti


Amici, siamo tutti “liberi e forti”. Non possiamo lasciarci condizionare da accademici banali. O da politici che usano le teorie di accademici banali per venire incontro a loro debolezze psicologiche. Dobbiamo riprendere in mano il nostro destino di costruttori di mondi. Soprattutto noi italiani, costruttori di imperi ricordati per il diritto, rinascimenti di bellezza, qualità innate di santi, poeti e navigatori.
A cosa si riferisce questa filippica?
Stamattina sul Corriere leggo che tre economisti (Ash, Pollin e Herndon) hanno scoperto degli errori nello studio dove altri due economisti (Reinhart e Rogoff) avevano trovato una correlazione statistica tra alto debito a bassa crescita, concludendo che sono necessarie politiche di austerity per ridurre il debito e, così, aumentare la crescita.
Non dico che fare e trovare errori sia uno scandalo. Dico che è uno scandalo che studi di questo tipo siano presi sul serio ed usati per condizionare il futuro di interi paesi.
Il problema di fondo è epistemologico e psicologico. Ma non infieriamo sulle persone e fermiamoci all’epistemologia.
Mi direte, ma l’epistemologia è un mestiere da filosofi: noi dobbiamo campare tutti i giorni.
Guardate sono proprio considerazioni epistemologiche che ci possono liberare dalla tirannia stupida di correlazioni che vogliono tarpare le ali dei liberi e forti.
Provo a spiegarmi. Supponiamo pure che i dati dei due studiosi “austeristi” siano corretti, non significano nulla lo stesso. Il trovare una correlazione statistica non significa che si è scoperta una legge. Non significa che si è scoperto un rapporto di causa ed effetto dal quale non si può scappare. Nel caso specifico, scoprire una correlazione statistica tra bassa crescita ed alto debito non significa che abbassato il debito si aumenta la crescita. Tanto è vero che nello stesso articolo si cita Krugman che propone una legge “opposta”: l’Italia e il Giappone hanno un alto debito perché hanno avuto una bassa crescita.
La difesa dei due studiosi, poi, è peggio dell’errore: “ma il fatto che ci sia qualche errore non inficia la nostra tesi fondamentale che serve l’austerity”. Come a dire: “Io sostengo l’austerity e vi faccio vedere delle correlazioni statistiche che ne dimostrano la necessità. Ah … le mie correlazioni statistiche non esistono? E va beh, ma non saranno due errori nei dati ad inficiare la mia tesi”. Come a dire: io voglio sostenete a tutti i costi la tesi dell’austerity.
Al di là della stupidaggine epistemologica del dire che ad ogni correlazione statistica corrisponde una legge, una tale ostinazione può derivare solo dalla paura (le debolezze psicologiche di cui parlavo all'inizio di un mondo che vuole ... diventare un altro mondo. Ah già, ma ho promesso di non infierire sulle persone …
Ok ... basta l’epistemologia. Essa ci difende dunque da tutti i tarpatori di ali. Ma fa anche molto di più: ci dice che il nostro sviluppo futuro non dipende da presunte “leggi dell’economia”, ma dipende dalle nostre ali. Quanto sono libere e forti. Quanto abbiamo voglia di usarle per viaggiare in altri mondi.
Infatti, le conclusioni che ricaviamo quando “analizziamo” un sistema complesso (la società) dipendono dalle risorse cognitive con cui guardiamo questo sistema che, di suo, è “uno nessuno e centomila.
Allora, tocca a noi progettare come vogliamo che diventi questo mondo che oggi è uno, nessuno e centomila.  Noi che siamo tutte le “cose” che ho detto all'inizio.
Se continuiamo a dare retta ad economisti che credono di esporre tesi e invece raccontano delle loro paure, allora ogni “uno, nessuno, centomila, diverrà il nulla.

E noi pavidamente ed ingloriosamente parleremo di crisi.

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.