giovedì 23 settembre 2010

Ed allora parliamo del fare banca al futuro: una prima domanda


Partiamo da un dato reso noto dall’ABI ieri e pubblicato su Il Sole 24 Ore di oggi (23 settembre 2010): l’aumento delle sofferenze, cioè il peggioramento della qualità del credito.

Riporta il giornale che le sofferenze bancarie ammontano a 70 miliardi di Euro. Ricordiamo che questa cifra corrisponde a 140.000 miliardi di lire, ad una ventina di finanziarie “normali”. E’ una cifra che sembra a tutti astronomica, ma va valutata facendosi una domanda: le banche se le possono permettere queste sofferenze? Leggiamo un altro dato: il rapporto tra sofferenze lorde e impieghi è arrivato al 4% (mentre era al 2,3% a novembre). Ma quante sono le sofferenze rispetto al patrimonio netto delle banche che stanno manifestando queste sofferenze? Detto più brutalmente: queste sofferenze vanno solo a ridurre il patrimonio netto delle banche oppure sono superiori? Non conosco la risposta precisa a questa domanda (credo la si possa trovare facilmente, lo farò), ma so che il patrimonio delle banche non è che una percentuale molto bassa dei soldi che prestano (gli impieghi). Il 4% di sofferenze è un colpo importante al patrimonio netto del sistema. Se non lo dimezza, ci manca poco.

Questo dato inizia a rendere evidente che la recente e non finita crisi finanziaria non sia nulla al confronto della prossima futura crisi delle sofferenze, che sarà frutto della crisi di un sistema economico che, invece di rinnovarsi completamente, pensa solo a cercare di funzionare meglio, alla ricerca di una impossibile duratura competitività. Non dettaglio questa mia tesi perché di essa ho parlato a lungo su questo blog. E su questo blog pubblicherò un documento che riporta i vari post che ho scritto su questo tema.

Credo che questo dato (l’aumento delle sofferenze) chiami noi tutti i cittadini, molto più della vicenda di Profumo e di Unicredit, a parlare del futuro del sistema bancario perché nella sostanza, ne siamo tutti azionisti. E siamo azionisti che stanno perdendo parte del patrimonio.

Parlare … cambiamo verbo: progettare. Credo che noi tutti cittadini dobbiamo partecipare alla progettazione del sistema bancario prossimo venturo.
Allora, provo a proporre alcune domande che possano guidare questo percorso progettuale.

In questo post proporrò la prima. Nei prossimi giorni le altre.

Quale ruolo può avere la banca nel promuovere lo sviluppo economico?
La risposta “tradizionale” è: fornire le risorse finanziarie per lo sviluppo. Ecco, io credo che non basti più. Credo che le banche debbano fornire alle imprese tutte quelle conoscenze e quei servizi che possano permettere loro di riprogettare da capo la loro identità.
Prima di fornire queste conoscenze e servizi, devono, però, possederle, possederli e saperli erogare.
Quali nuove conoscenze e servizi? Le nuove conoscenze di strategia d’impresa che nascono dalle scoperte della nuova sistemica (che io penso debba essere definita “quantistica”). Esse permettono di valutare in modo completamente diverso le imprese e i loro progetti strategici. Esse permettono di scegliere quali imprese finanziarie e quali no. Non solo, ma attraverso di esse è possibile fornire alle imprese servizi che moltiplicano la loro capacità di progettazione imprenditoriale. Perché non basta saper scegliere le imprese, ma occorre anche aiutarle a diventare non competitive, ma completamente nuove.
Forse occorre ridire tutto in modo più diretto: le banche stanno aumentando le sofferenze perché non sanno valutare le imprese e i loro progetti strategici. E quando anche lo sapessero fare, non riuscirebbero ad aiutare le imprese a migliorare progetti strategici zoppicanti.
Banche incompetenti? No! Le banche usano le migliori conoscenze e metodologie tradizionali. Il problema è che queste conoscenze e metodologie non bastano più. Ed occorre che ne acquisiscano di nuove per poterle riversare alle imprese arricchite di servizio.
Che ne pensano le banche di questa domanda e del mio tentativo di risposta?
Che ne pensiamo tutti noi cittadini, azionisti morali e sostanziali di questa domanda e di questo tentativo di risposta?

1 commento:

  1. Santissime parole che però cadono in vuoto pneumatico per paura o incapacità di affrontare il problema. Ancora più drammatico però è il silenzio con il quale l'argomento brilla sulla stampa, più interessata ai pettegolezzi di corridoio che ad urlare che il re è nudo. Sigh!

    RispondiElimina

...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.