mercoledì 1 gennaio 2014

Cari amici …

di
Francesco Zanotti


L’evento che conclude l’anno politico, sociale e istituzionale è il discorso del Presidente della Repubblica …
E’ stato un discorso scoraggiante …
Sig. Presidente, i problemi, i drammi di questi tempi nelle nostre contrade li conoscevamo già. Forse l’aver citato lettere di cittadini ha aggiunto pathos, come quando le tragedie hanno un nome che conosciamo. Ma quel pathos è già nei nostri cuori: i drammi e le tragedie hanno anche il nostro nome, il nome di qualche amico, il volto di chi troviamo a elemosinare per strada, il volto dello straniero che bussa alle nostre porte …

Ci aspettavamo una proposta alta e forte, come deve fare il padre della nazione quando si rivolge i propri figli. Questa proposta non può riguardare le riforme istituzionali. Non può nemmeno riguardare i costi della politica. Questa proposta non l’abbiamo sentita. Abbiamo sentito esortazioni, nobili. Ma le esortazioni senza proposta sono retorica.

Quest’anno la politica ci ha regalato un “contro discorso”. Al di là di un incipit inquietante (Buon Anno a tutte le italiane e a tutti gli italiani in ascolto ovunque voi siate. Vi guardo, vi vedo attraverso la Rete. So tutto di voi. Vi controllo), poi è solo protesta, protesta ed ancora protesta. Con una conclusione da venditore: votate per noi che si salveremo. Velata di minaccia: se non farete e non scaccerete la classe politica attuale, non avrete più il diritto di lamentarvi.

Cari amici che, a diverso titolo seguite questo blog, sapete che noi abbiamo una proposta. Alta, forte, complessiva.


Non pretendo che essa sia l’unica possibile, ma voglio gridare alto e forte che esiste. Non voglio impedire che la rabbia gridi, ma dico che dobbiamo aggiungere il racconto della proposta. Dobbiamo “costringere” la classe dirigente ad ascoltarla. Non chiedo neanche che sia messa in pratica: basta l’ascolto. Se l’ascoltarla non mobilita, allora la proposta non va bene. Ma l’ascolto dobbiamo ottenerlo.

La nostra proposta in estrema sintesi.
Non stiamo subendo una crisi finanziaria ed economica che sta diventano crisi sociale, politica istituzionale. Stiamo vivendo una crisi “cognitiva”. E’ una crisi cognitiva che scatena una vera e propria ecologia di crisi in tutte le dimensioni del vivere umano.
E’ una crisi cognitiva che sta distruggendo le persone, la convivenza civile, la Natura.
In cosa consiste? Nel fatto che le nostre classi dirigenti non riescono a staccarsi dalla visione del mondo della società industriale. E’ una visione che è stata grandiosa, che ci ha permesso il più grande progresso che l’umanità abbia mai costruito.
Ma ora non basta più, ha perso di senso.  Lo dimostrano, da un lato, proprio l’ecologia di crisi che stiamo vivendo e che ci racconta come l’attuale modo di fare economia, socialità, politica ricerca stia opprimendo l’Uomo e la Natura. Dall'altro, mille “Segni del tempo Futuro” ci aprono squarci (esperienze, persone) di insperabile bellezza su di una nuova società possibile. Ci raccontano di mille nuove risorse cognitive che stanno nascendo in ogni area del sapere dell’uomo e che sono tracce, inizi, ologrammi di una nuova visione del mondo che già si legge nelle filigrane degli squarci di futuro che vivono intorno a noi. Nuove risorse cognitive nascenti e generatrici.
Ma se le classi dirigenti (e, diciamo francamente: anche tutti noi) continuano a farsi schermo con le risorse cognitive tipiche della società industriale e con la visione del mondo che ne costituisce la sintesi (la visione del mondo della fisica classica), leggeranno i “problemi” soltanto come malfunzionamento della società attuale. E cercheranno di aggiustarla, di farla funzionare meglio. La ricerca della competitività e la voglia di riformare le attuali istituzioni sono la manifestazione di questa strategia dell’aggiustare. Che è sostanzialmente una strategia del conservare.
E non riusciranno a veder, coltivare i mille “Segni del tempo Futuro”.

Il cercare disperatamente (perché il farlo è senza speranza) di conservare il passato e il trascurare ogni futuro emergente indicano, però, la via maestra per trasformare la protesta, che nasce dal disagio profondo verso una società che ha perso di senso, in una rivoluzione. Tristemente, è probabile che non si scatenerà una grande rivoluzione come lo sono state quelle del passato che, pur dopo la catarsi (da evitare con tutte le forze) del distruggere, hanno acceso nuovi futuri. Probabilmente, si scatenerà, invece, una ecologia di rivoluzioni locali che avranno come risultato solo quello di spegnere la Storia dell’Umanità.

Per superare disagi profondi e rischi di rivoluzioni, ecco allora la proposta: l’Expo della Conoscenza. Si tratta di organizzare un Evento che genererà comunità di futuro. E’ un Evento che raccoglierà tutte le nuove risorse cognitive che stanno nascendo in ogni area del sapere umano. E tutte le esperienze di futuro più rilevanti. Un Evento che radunerà insieme tutte le persone che hanno sviluppato le nuove conoscenze e le nuove esperienze. Con loro si cercherà di costruire una sintesi (i tratti di una nuova visione e di una nuova società possibile)  da rendere, poi,  disponibile a tutta l’Umanità.
E questo basterà! Perché il buttare nuove risorse cognitive e diffondere esperienze, che le rendono visibili, scatenerà il formarsi di nuove comunità di futuro che continueranno il percorso di ricerca e sperimentazione per costruire una nuova visione del mondo che “risuoni” in una nuova società.

E’ già accaduto. Noi italiani lo sappiamo fare accadere. Come abbiamo fatto con il Rinascimento. Esso è nato dal buttare nella società medioevale la cultura classica, mediata anche dalla cultura araba. Il solo buttare ha generato la ricerca di un nuovo futuro.

Cari amici … Cesare, Luciano, Maria Chiara, Riccardo, Laura, Marco, Simone, Gianfranco, Ignazio, Franco, Emanuele, Alessandro, Gianni … e mille altri.

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.