martedì 23 aprile 2013

Sarchiapone: chi era costui?

di
Luciano Martinoli


Non di rado si sente usare questo termine per indicare qualcosa, o qualcuno, di ingombrante, goffo, grosso se pur non ben definito. Ma cosa è esattamente un "sarchiapone"? La domanda corretta però sarebbe "chi" era Sarchiapone. Infatti egli nasce come personaggio apparso per la prima volta nel Cunto de li Cunti overo lo trattenimiento de peccerielle, di Giambattista Basile, una raccolta di 50 fiabe in lingua napoletana edite fra il 1634 e il 1636 a Napoli. L'opera è nota anche col titolo di Pentamerone (cinque giornate) in quanto 10 narratrici si susseguono nella narrazione in uno schema usuale all'epoca che richiama il Decamerone di Boccaccio. 
Il nostro eroe compare nel racconto Peruonto come protagonista in quanto definito "Lo chiù granne sarchiopio e lo chiù sollenne sarchiapone c'avesse creiato la natura". 
Da allora si intende per Sarchiapone, almeno nel dialetto napoletano, un uomo grosso e grasso, bietolone e melenso, nonché lo stupido, ma più esattamente, con riferimento all'aspetto fisico, un tipo basso e storto. Da qui la trasposizione ad oggetti con simili caratteristiche è stato quasi naturale.

A proposito de lu Cunto pochi sanno che alcune delle più belle fiabe del mondo, da Cenerentola al Gatto con gli stivali, un po’ prima di finire dentro i libri di Perrault e Grimm, dove tutti le scoprimmo da bambini, erano giunte all'orecchio del Basile, che all'inizio del Seicento le acciuffò e inguainò nella sua lingua, infilandole in questo libro che fu definito da Croce il «più bel libro italiano barocco» e da Italo Calvino «il sogno d’un deforme Shakespeare partenopeo». Ancora oggi, infatti, questo libro straordinario, insieme regale e cencioso, gentile e brutale, fastoso e plebeo, resta un capolavoro sconosciuto in Italia ma molto noto all'estero anche per i riconoscimenti dei favolieri, Perrault, Grimm e altri, che non mancavano di citarlo all'inizio delle loro opere.

Il nostro eroe però continua la sua presenza nelle arti popolari di Napoli apparendo nel 1698 nella Cantata dei Pastori di Andrea Perrucci, drammaturgo gesuita tra i primi napoletani a dedicarsi allo sviluppo della commedia dell'arte. Si tratta di un dramma sacro che rappresenta la nascita di Gesù tra personaggi del Seicento napoletano tra cui Razzullo, scrivano ignorante inviato per il censimento, e, appunto, Sarchiapone. L'opera ebbe un grande e duraturo successo tanto che si è inserita nelle tradizioni natalizie partenopee venendo rappresentata ancora oggi a Napoli e dintorni. Ciò ha contribuito al perdurare nella memoria collettiva popolare di Sarchiapone.

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Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.