giovedì 19 luglio 2012

Il mondo da un ponte...


di
Samira Tasso

s.tasso83@gmail.com



Un nuovo motto molto in voga in vari ambiti (dal design, al teatro, alla creatività in generale) dice: “Less is More”. L’essenza di questa frase sta nel saper essere semplici e provare meraviglia per quello che si vive. Un principio molto valido che, però, a volte, è difficile da applicare. A volte per trovare un'identità ci si riempie di cose, di informazioni, di emozioni... Ma ci serviranno davvero tutte?
Oppure forse sono troppo poche e stiamo perseguendo ogni giorno la filosofia del “Less” svuotandoci di quel “More” che ci permetterebbe di progredire e di ripensarci. Credo siano vere entrambe le cose e che il segreto sia tutto nella selezione, nelle scelte e nello sguardo... nell’arte, nel design, nel teatro, nell’economia e nella vita. Credo che la risposta, la liberazione che tutti cerchiamo sia già dentro di noi, ma abbiamo paura ad accettarla.
L’altro giorno, ho trascorso circa un'ora sul ponte dei Navigli che si trova di fronte casa mia.
Qualche passante si è anche preoccupato, pensando volessi buttarmi giù per qualche strana ragione...
Io passo da quel posto ogni giorno, ma quella sera avvevo deciso di soffermarmi a guardarlo bene.
Mi è sembrato un posto diverso, quasi magico... Come una metafora della vita. L’ho guardato bene quel ponte e tutto quello che c’era intorno. Nel Naviglio scorreva un'acqua verde su cui si rifletteva la luce dei lampioni e sul fondale dei detriti. In lontananza dei palazzi che non avevo mai notato prima. Poi, alzando lo sguardo ho visto il cielo, di un blu intenso e coperto di stelle. Sul lato del ponte c’erano dei ragazzi che si
ritrovano lì tutte le sere a bere birra, fumare, chiacchierare, ridere e litigare.
Ho pensato a quanto sarebbe stato diverso e allo stesso tempo facile cadere giù sul fondo del Naviglio, in mezzo ai detriti, oppure stare lì sul bordo della strada con quei ragazzi, oppure sul balcone di una delle case che vedevo in lontananza e che non avevo mai notato prima... oppure, come me, star lì sul ponte da sola a osservare in giro.. oppure ancora in cielo, in mezzo alle stelle.
Ognuno aveva deciso di sua volontà dove voleva trovarsi. Basta cambiare lo sguardo, i pensieri e ci si ritrova da un'altra parte... Non c’è niente di più facile. Sono scelte, sono i luoghi che decidi di visitare, sono le persone che scegli di incontrare, quelle che scegli di rendere felici, quelle che scegli di deludere e quelle da cui scegli di restare deluso… Sono i sorrisi che decidi di regalare, attimi unici e irripetibili che decidi di vivere... Puoi scegliere di essere l'allievo o il maestro, la vittima o il carnefice, il medico o l'ammalato. Sono ruoli che sembrano condanne fino a quando non decidi di abbandonarli o di giocarci.  Sono mondi che decidi di costruire con un solo sguardo e che non sarebbero mai esistiti senza la tua volontà e la tua immaginazione.
E’ la responsabilità che ti assumi di decidere cosa guardi, dove guardi e cosa decidi di costruire.
Mentre tu lo guardi puoi essere in un luogo qualunque di quello scenario oppure cambiarlo e inventarne uno diverso. Puoi essere un indifferente, oppure un osservatore o ancora un creatore di mondi.
Sono le storie che ci costruiamo e che decidiamo di vivere insieme agli altri. Sono i ponti che collegano vite, emozioni, momenti in cui il “less” e il”more“, la consapevolezza e la meraviglia, la razionalità e l’emotività si uniscono magicamente e tutto sembra improvvisamente avere un senso. L'attimo in cui questo accade è sufficiente a riempire l’intera vita di un uomo. Perché in questo modo egli si ricorda di avere qualcosa di divino e bellissimo dentro di sé. Si ricorda di arrivare da un posto luminoso e che la vita non ci impone sofferenze, dolori e costrizioni, ma siamo noi a privarci delle cose che amiamo.
Come fare a perpetuare questi momenti di felicità, quando si perdono le speranze e la realtà sembra tutt’altro che luminosa? Quando si cerca disperatamente qualcosa che non si riesce a trovare nella tastiera di un computer o nella schermata di un telefono? Quando i paesaggi improvvisamente diventano luoghi orribili?
La cosa che personalmente mi riesce a risollevare è proprio il ricordo di questa esperienza del ponte. Ognuno ha il suo ponte nella vita a cui può fare riferimento... Ogni esperienza e ogni ricordo servono a far diventare lo sguardo più profondo e intenso, a capire cosa è importante... A capire che si è degni di vivere una vita che molte volte si ha la sensazione di non meritare... O alle volte sembra sia il mondo a non meritare noi. Altre volte ci si estrania vivendo in altre dimensioni o si è troppo egoisti e ci si costruisce degli ideali che non esistono a cui tutti dovrebbero obbedire e quando questo non accade perché la vita va da un'altra parte ci si dispera. L’importante è vivere i ponti, vivere la propria solitudine e la propria felicità, imparando ad ascoltare anche le storie e le passioni degli altri e a condividerle. Il sole può apparire come una palla infuocata, ma tutti i bambini lo disegnano come una faccia sorridente, perché la sua luce mette allegria e ci fa ricordare quanto la vita può essere bella.

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.