lunedì 26 settembre 2011

La vicenda dei neutrini. Sensazionalismo disinformato o interessato?

di
Francesco Zanotti


Non sono certo un complottista. Non immagino il mondo disseminato di grandi fratelli che progettano piani complessivi, furbissimi, astutissimi e, ovviamente, coerentissimi che opprimono il popolo. Non lo immagino perché il costruire Piani perversi dall’alto presenta tutte le difficoltà (fino all’impossibilità) che incontriamo nel costruire Piani positivi dall’alto.
Accade, però, che emergano dal basso pratiche diffuse che sono concretamente molto dannose.
Quella di cui voglio parlare oggi è quella del sensazionalismo scientifico. Si tratta di un fenomeno che costituisce un grave ostacolo al progresso della conoscenza sull’uomo e sulla natura.
Parlando di esso non si può che finire a parlare delle logiche e delle modalità con cui si fa ricerca. Alla responsabilità di noi tutti e dei media nel far progredire la conoscenza sull’uomo e sul mondo.

L’occasione è data dalla recente vicenda dei neutrini: essa è un tipico caso di sensazionalismo scientifico. In questo caso si manifesta della spasmodica voglia di distruggere una teoria: la teoria della relatività ristretta.

Per dar un contributo alla battaglia contro questo sensazionalismo ho chiesto un contributo al Prof Ignazio Licata (*).

Egli ha preparato un documento che sintetizza la reale dimensione scientifica del “dramma dei neutrini” che i lettori potranno scaricare dai blog.

E mi ha concesso di “saccheggiare” il suo ultimo libro dal titolo “Complessità. Una introduzione semplice” edito da “Due punti edizioni”.

Ecco i “pezzi” saccheggiati. Sono molto eloquenti.

In termini generali Egli scrive:

« Certa divulgazione è il collante strategico tra due dimensioni della scienza, quella della scoperta originaria e quella del prodotto da vendere sul mercato, che è in genere la scoperta gonfiata di retorica prometeica ».

Poi, propone come esempio le neuroscienze, dove si mischia, irragionevolmente e con grandi rischi, retorica e realtà scientifica.



« La retorica delle neuroscienze sostiene che, studiando i singoli meccanismi neuronali, in qualche modo è possibile capire la complessità della mente. Le tecniche di neuroimaging vengono descritte quasi come una macchina leggi-pensieri »

«  …neuroimaging non ci dice, e non può dirci, “cosa pensiamo”, ma fornisce piuttosto informazioni globali sul metabolismo cerebrale di un’area. Però in qualche modo questa retorica non solo stimola i finanziamenti, ma serve anche a far passare una certa immagine della scienza che potremmo definire neo-materialista, una scienza forte perché ti dice come stanno le cose. Alla retorica idealista, 
pseudo-romantica e di vago sapore religioso, si oppone quella riduzionista del machismo scientifico. »

Questi “errori” e “travisamenti” assumono anche significato politico.
« Ed il gran rumore dato a teorie di non immediata applicazione, come le superstringhe e la cosmologia? Al di là della fascinazione intellettuale, basta vedere com’è impaginata una rivista di divulgazione per comprendere il ruolo “politico” delle “teorie fondamentali”; non diversamente dalla fisica newtoniana e da quella particolarissima “teoria del tutto” che è contenuta nell’ immagine del demone di Laplace, cosmologia e teorie unificate hanno la funzione di una spiegazione ultima di sapore “teologico” (non a caso il Bosone di Higgs è conosciuto come “particella di Dio”), che sta dunque a fondamento e giustificazione di ogni “spiegazione scientifica”. »

E’ allora necessario ripensare al significato profondo della scienza.
«Si vive come cani per colpa della scienza». Questa frase straordinaria è di Leonardo Sciascia … mi sembra perfetta per dire che una certa concezione “assolutista” della scienza oggettiva e forte un po’ la subiamo, e la sentiamo freddissima e lontana. I tanti proclami che escono quotidianamente sui giornali (in genere vaghi, più spesso totalmente inesatti), del tipo “la scienza ha dimostrato che…” alimentano questo tipo di percezione estraniata della scienza. È la scienza delle “cose che stanno così”. Non importa poi se ci sono altri approcci e altre teorie possibili, e non importa se non ci viene rivelato nulla sulla natura del problema e sul dibattito scientifico, ma ci viene elargito soltanto il proclama (semplificato) della sua soluzione. E poiché da quella soluzione conseguono un certo tipo di scelte energetiche, farmaceutiche, mediche e così via, bisogna tenersele, perché non c’è modo di controllare quello che fanno veramente gli scienziati. »

E sottolineare la grande responsabilità di tutti i “mediatori culturali”.
« Il problema della divulgazione è il problema della proiezione mediatica della scienza. Divulgazione è un termine già abbastanza brutto, dà l’idea di qualcosa che scende per sua infinita benevolenza da monte a valle. A parte questo, e contrariamente alle apparenze, è raro che la divulgazione spieghi ai “profani” qualcosa di scienza, o meglio qualcosa del fare scientifico.
Molto più spesso l’obiettivo è quello di creare consenso intorno a una teoria, e più in generale legittimare
Scientificamente una prassi e una visione del mondo. E convincere la gente che è vera. »

Vorrei aggiungere qualche mia parola a quelle del Prof. Licata per poi concludere ancora con le sue parole.

Nei giorni scorsi si è tenuta a Busto Arsizio quella manifestazione che il Corriere ha definito: “La Woodstock dei guru”. Un incontro di tante persone diversissime (fisici, attori, presentatori tv) che hanno proposto loro visioni dell’uomo e del mondo. Che c’è di male? Che ognuno ha preso un “pezzo” di scienza, completamente decontestualizzata e, fantasticando su questa, ha costruito una propria teologia, cosmogonia, medicina.
Io credo che oggi sia più che mai necessario che alla ricerca di una nuova visione del mondo e dell’uomo partecipino tutti. Se la scienza rimane un fatto privato d'èlite, si rischiano processi di involuzione autoreferenziale come quelli che, tra mille altri, ha denunciato il Prof. Lee Smolin nel suo libro “L’universo senza stringhe”. Egli racconta come intorno ad una teoria (un intero paesaggio di quasi infinite teorie, come dice Leonard Susskind) come quella delle stringhe, che ha quasi auto eliminato ogni possibilità di verifica (è, quindi, sia molto simile alla letteratura), si stia concentrando la maggior parte degli sforzi (anche degli investimenti, ovviamente) della comunità dei fisici, a scapito di altri progetti di ricerca.
Devono partecipare tutti, ma non cercando scappatoie per evitare fatica e lavoro. Per partecipare ad un gioco serve seguirne le regole. Per partecipare al gioco della conoscenza è necessario partire dalla conoscenza esistente, non da qualche brandello trasfigurato da ubbie e problemi psicologici personali. I media hanno una grande responsabilità in merito. Gli uomini dei media sono i primi che devono parlare della scienza e della conoscenza così come è. Uguale responsabilità hanno gli abitanti della “rete” che possono dare un contributo decisivo alla costruzione di una nuova scienza e di una nuova società, ma devono evitare particolarismi (pezzi di scienza spiluccati qua e là e generalizzati indebitamente) e sensazionalismi. Mi si permetta uno slogan di sapore antico: diamo anima alla rete con studio, profondità e passione.
Concludo, come già detto, citando ancora il Prof. Licata

“Dovremmo imparare a pensare con amore, gentilezza e rispetto alle condizioni in cui mettiamo al mondo una possibile "verità" da discutere e condividere, più che alla Verità Maiuscola. Verità come processo e non come possesso, se mi passate la semplificazione.”.

(*) Il Prof. Ignazio Licata, fisico teorico, è direttore dell' Institute for Scientifc Methodology di Palermo. Esperto di teorie quantistiche e di cosmologia.
Il Prof. Licata è autore, con L. Chiatti, di una proposta di cosmologia quantistica detta “Universo arcaico” che descrive la fase precedente (logicamente, e non solo cronologicamente) al big bang, usando il vuoto quantistico e la relatività di De Sitter. In questa teoria, la non-località viene introdotta “ab initio” a livello cosmico ed i comportamenti a tempo immaginario sono la norma: la descrizione dell'universo che "si svolge" a tempo reale e che osserviamo in espansione viene integrata con la descrizione delle leggi fisiche sull'ipersfera di De Sitter, a tempo curvo ed immaginario, priva di singolarità. In questo modo, si descrive l'emergenza del tempo e dell'universo locali e classici da un "tutto indiviso non-locale ad alta coerenza".

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.