di
Francesco Zanotti
Non sono certo un complottista. Non immagino il mondo disseminato di grandi fratelli che progettano piani complessivi, furbissimi, astutissimi e, ovviamente, coerentissimi che opprimono il popolo. Non lo immagino perché il costruire Piani perversi dall’alto presenta tutte le difficoltà (fino all’impossibilità) che incontriamo nel costruire Piani positivi dall’alto.
Accade, però, che emergano dal basso pratiche diffuse che sono concretamente molto dannose.
Quella di cui voglio parlare oggi è quella del sensazionalismo scientifico. Si tratta di un fenomeno che costituisce un grave ostacolo al progresso della conoscenza sull’uomo e sulla natura.
Parlando di esso non si può che finire a parlare delle logiche e delle modalità con cui si fa ricerca. Alla responsabilità di noi tutti e dei media nel far progredire la conoscenza sull’uomo e sul mondo.
L’occasione è data dalla recente vicenda dei neutrini: essa è un tipico caso di sensazionalismo scientifico. In questo caso si manifesta della spasmodica voglia di distruggere una teoria: la teoria della relatività ristretta.
Per dar un contributo alla battaglia contro questo sensazionalismo ho chiesto un contributo al Prof Ignazio Licata (*).
Egli ha preparato un documento che sintetizza la reale dimensione scientifica del “dramma dei neutrini” che i lettori potranno scaricare dai blog.
E mi ha concesso di “saccheggiare” il suo ultimo libro dal titolo “Complessità. Una introduzione semplice” edito da “Due punti edizioni”.
Ecco i “pezzi” saccheggiati. Sono molto eloquenti.
In termini generali Egli scrive:
« Certa divulgazione è il collante strategico tra due dimensioni della scienza, quella della scoperta originaria e quella del prodotto da vendere sul mercato, che è in genere la scoperta gonfiata di retorica prometeica ».
Poi, propone come esempio le neuroscienze, dove si mischia, irragionevolmente e con grandi rischi, retorica e realtà scientifica.
« La retorica delle neuroscienze sostiene che, studiando i singoli meccanismi neuronali, in qualche modo è possibile capire la complessità della mente. Le tecniche di neuroimaging vengono descritte quasi come una macchina leggi-pensieri »
« …neuroimaging non ci dice, e non può dirci, “cosa pensiamo”, ma fornisce piuttosto informazioni globali sul metabolismo cerebrale di un’area. Però in qualche modo questa retorica non solo stimola i finanziamenti, ma serve anche a far passare una certa immagine della scienza che potremmo definire neo-materialista, una scienza forte perché ti dice come stanno le cose. Alla retorica idealista,
pseudo-romantica e di vago sapore religioso, si oppone quella riduzionista del machismo scientifico. »
pseudo-romantica e di vago sapore religioso, si oppone quella riduzionista del machismo scientifico. »
Questi “errori” e “travisamenti” assumono anche significato politico.
« Ed il gran rumore dato a teorie di non immediata applicazione, come le superstringhe e la cosmologia? Al di là della fascinazione intellettuale, basta vedere com’è impaginata una rivista di divulgazione per comprendere il ruolo “politico” delle “teorie fondamentali”; non diversamente dalla fisica newtoniana e da quella particolarissima “teoria del tutto” che è contenuta nell’ immagine del demone di Laplace, cosmologia e teorie unificate hanno la funzione di una spiegazione ultima di sapore “teologico” (non a caso il Bosone di Higgs è conosciuto come “particella di Dio”), che sta dunque a fondamento e giustificazione di ogni “spiegazione scientifica”. »
E’ allora necessario ripensare al significato profondo della scienza.
«Si vive come cani per colpa della scienza». Questa frase straordinaria è di Leonardo Sciascia … mi sembra perfetta per dire che una certa concezione “assolutista” della scienza oggettiva e forte un po’ la subiamo, e la sentiamo freddissima e lontana. I tanti proclami che escono quotidianamente sui giornali (in genere vaghi, più spesso totalmente inesatti), del tipo “la scienza ha dimostrato che…” alimentano questo tipo di percezione estraniata della scienza. È la scienza delle “cose che stanno così”. Non importa poi se ci sono altri approcci e altre teorie possibili, e non importa se non ci viene rivelato nulla sulla natura del problema e sul dibattito scientifico, ma ci viene elargito soltanto il proclama (semplificato) della sua soluzione. E poiché da quella soluzione conseguono un certo tipo di scelte energetiche, farmaceutiche, mediche e così via, bisogna tenersele, perché non c’è modo di controllare quello che fanno veramente gli scienziati. »
E sottolineare la grande responsabilità di tutti i “mediatori culturali”.
« Il problema della divulgazione è il problema della proiezione mediatica della scienza. Divulgazione è un termine già abbastanza brutto, dà l’idea di qualcosa che scende per sua infinita benevolenza da monte a valle. A parte questo, e contrariamente alle apparenze, è raro che la divulgazione spieghi ai “profani” qualcosa di scienza, o meglio qualcosa del fare scientifico.
Molto più spesso l’obiettivo è quello di creare consenso intorno a una teoria, e più in generale legittimare
Scientificamente una prassi e una visione del mondo. E convincere la gente che è vera. »
Vorrei aggiungere qualche mia parola a quelle del Prof. Licata per poi concludere ancora con le sue parole.
Nei giorni scorsi si è tenuta a Busto Arsizio quella manifestazione che il Corriere ha definito: “La Woodstock dei guru”. Un incontro di tante persone diversissime (fisici, attori, presentatori tv) che hanno proposto loro visioni dell’uomo e del mondo. Che c’è di male? Che ognuno ha preso un “pezzo” di scienza, completamente decontestualizzata e, fantasticando su questa, ha costruito una propria teologia, cosmogonia, medicina.
Io credo che oggi sia più che mai necessario che alla ricerca di una nuova visione del mondo e dell’uomo partecipino tutti. Se la scienza rimane un fatto privato d'èlite, si rischiano processi di involuzione autoreferenziale come quelli che, tra mille altri, ha denunciato il Prof. Lee Smolin nel suo libro “L’universo senza stringhe”. Egli racconta come intorno ad una teoria (un intero paesaggio di quasi infinite teorie, come dice Leonard Susskind) come quella delle stringhe, che ha quasi auto eliminato ogni possibilità di verifica (è, quindi, sia molto simile alla letteratura), si stia concentrando la maggior parte degli sforzi (anche degli investimenti, ovviamente) della comunità dei fisici, a scapito di altri progetti di ricerca.
Devono partecipare tutti, ma non cercando scappatoie per evitare fatica e lavoro. Per partecipare ad un gioco serve seguirne le regole. Per partecipare al gioco della conoscenza è necessario partire dalla conoscenza esistente, non da qualche brandello trasfigurato da ubbie e problemi psicologici personali. I media hanno una grande responsabilità in merito. Gli uomini dei media sono i primi che devono parlare della scienza e della conoscenza così come è. Uguale responsabilità hanno gli abitanti della “rete” che possono dare un contributo decisivo alla costruzione di una nuova scienza e di una nuova società, ma devono evitare particolarismi (pezzi di scienza spiluccati qua e là e generalizzati indebitamente) e sensazionalismi. Mi si permetta uno slogan di sapore antico: diamo anima alla rete con studio, profondità e passione.
Concludo, come già detto, citando ancora il Prof. Licata
“Dovremmo imparare a pensare con amore, gentilezza e rispetto alle condizioni in cui mettiamo al mondo una possibile "verità" da discutere e condividere, più che alla Verità Maiuscola. Verità come processo e non come possesso, se mi passate la semplificazione.”.
(*) Il Prof. Ignazio Licata, fisico teorico, è direttore dell' Institute for Scientifc Methodology di Palermo. Esperto di teorie quantistiche e di cosmologia.
Il Prof. Licata è autore, con L. Chiatti, di una proposta di cosmologia quantistica detta “Universo arcaico” che descrive la fase precedente (logicamente, e non solo cronologicamente) al big bang, usando il vuoto quantistico e la relatività di De Sitter. In questa teoria, la non-località viene introdotta “ab initio” a livello cosmico ed i comportamenti a tempo immaginario sono la norma: la descrizione dell'universo che "si svolge" a tempo reale e che osserviamo in espansione viene integrata con la descrizione delle leggi fisiche sull'ipersfera di De Sitter, a tempo curvo ed immaginario, priva di singolarità. In questo modo, si descrive l'emergenza del tempo e dell'universo locali e classici da un "tutto indiviso non-locale ad alta coerenza".
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