martedì 4 ottobre 2016

Non vogliamo essere eroi

di
Francesco Zanotti

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Da cinque anni stiamo raccontando un’altra storia della crisi e stiamo costruendo proposte per superarla. Speriamo di riuscire a convincere prima di diventare eroi. Perché, allora, sarà troppo tardi.

La storia che raccontiamo è molto semplice: il modello della società industriale sta perdendo di senso. E nessun altro modello sta prendendo il suo posto.
Vediamo cosa permette di spiegare questa storia.
Cominciano dal disagio profondo dei giovani che Dario di Vico descrive oggi sul Corriere (chissà se vorrà farci la cortesia di un suo commento, così da aprire un dibattito). E’ ovvio che ci sia: i giovani hanno bisogno di un modello di società di riferimento. Da soli non riescono, però, a svilupparlo perché non dispongono delle risorse cognitive di rifermento. Ed allora cercano di sopravvivere negli interstizi della società esistente. Fino all’autolesionismo sociale di cui parla De Vico.
La stessa cosa sta accadendo alle imprese: producono delle cose che interessano sempre meno, ma da quelle non riescono a staccarsi ed allora cercano interstizi competiti di sopravvivenza che diventano sempre più angusti. Tornando all’articolo di De Vico, il problema non è come sarà il lavoro futuro. Il problema è cosa dovranno produrre le imprese del futuro. Poi discuteremo di come produrlo: dall’industry 4.0, alle modalità di lavoro.
La stessa cosa sta accadendo alle banche. E’ ovvio che il ruolo di intermediazione sta perdendo di senso. Ma purtroppo le banche sono solo quello sanno e vogliono fare. Ma così si riducono a chiedere soldi e buttar fuori persone e imprese che, a causa di quello che abbiamo detto sopra, diventano “sofferenze” che vengono date in pasto a puri e semplici esecutori testamentari: escutono le garanzie. A dimostrazione di questo disinteresse per un nuovo futuro, tutti parlano di nuovo modello di business per le banche, ma nessuno ne descrive uno.
La stessa cosa sta accadendo alle utilities e alle infrastrutture. Pensiamo ancora all’ampliamento delle infrastrutture tipiche della società industriale. Ma essa sta perdendo di senso funzionale ed esistenziale. Il sociale si accorge della crescente incongruenza di costruire infrastrutture per una economia che sta perdendo di senso e a questo modo di procedere si oppone. Non si pensi solo alla TAV, ma anche alla sorte dei progetti delle società di infrastrutture
La stessa cosa sta accadendo alla politica, ma credo che questo sia auto evidente.
La stessa cosa sta accadendo alla scienza che si sta perdendo in una visione specialistica esasperata, ispirata ed un riduzionismo altrettanto esasperato, che produce mostri cognitivi come l’LHC o il progetto genoma.

Non ho trattato il tema delle riforme. Non l’ho fatto perché esso viene discusso con una leggerezza sociologica sconvolgente. Basterebbe leggere Luhmann per capire che le  strutture fondamentali dello Stato sono solo ambiente per l’agire economico e sociale. Non hanno un rapporto casuale con questo. Detto diversamente, non si riesce a calcolare che impatto avrà un cambiamento strutturale dello Stato sulle riflessioni e i comportamenti degli attori economici e sociali.

La proposta. In forma molto stringata: dobbiamo far emergere l’intelaiatura di una nuova società. E lo possiamo fare solo cambiando la struttura cognitiva di fondo della società industriale: il modo di guardare al mondo tipico della fisica classica. E, poi, avviando una diffusa nuova stagione di progettualità. I dettagli di questa proposta li abbiamo definiti: Expo della Conoscenza.

E che c’entra il non voler essere eroi?
C’entra perché il processo tipico di accettazione di innovazione profonda della società industriale passa attraverso tre stadi: “Prima vi derideranno, poi vi combatteranno, poi diverrete eroi”.
A parte la nostra idiosincrasia personale al diventare eroi, seguendo questo processo si arriverebbe troppo tardi ad avviare un processo di riprogettazione di una nuova società. Si spegnerebbe prima quella attuale.


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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.