di
Francesco Zanotti
Innanzitutto dobbiamo dire
che la Brexit non c’è stata. Intendo dire che non c’è stato un Evento del tipo “sì”
o “no”, bianco e nero, aut aut.
Di preciso, definito, c’è
stato solo l’esito di un voto, ma a cosa questo voto porterà nei rapporti tra
Ue e GB è tutto da definire. Solo per citare qualche fatto. Innanzitutto il
referendum ha solo valore consultivo. Poi, la Scozia non ne ratificherà il risultato
e insieme all’Irlanda del Nord, sembra aver intenzione di chiedere di entrare
nella UE. Molti hanno votato “leave” solo per protesta spaventandosi dopo la vittoria
e milioni di cittadini hanno chiesto di rifare il referendum. Le reazioni dell’UE
sono al solito eterogenee: dall’atteggiamento punitivo della Commissione, all’atteggiamento
più conciliante, guarda caso, dei tedeschi. In fine, nessuno sa come finirà il
negoziato di “divorzio”. Quindi le conseguenze concrete di un evento che non è accaduto
sono ad oggi imprevedibili, nel bene e nel male.
Detto questo, quasi tutti
hanno capito che la vittoria del “leave” è stato la misura di un disagio
profondo da diseguaglianze insopportabili e mancanza di sviluppo.
Ma, purtroppo, quasi tutti
hanno risposto riproponendo se stessi, autoreferenzialmente.
I Governi riproponendo l’equazione
scientificamente sbagliata: riforme istituzionali uguale sviluppo. Il nostro
Premier con il solito volontarismo banale. Gli imprenditori riproponendo i
fantasmi della competitività e della produttività. Le istituzioni finanziarie
cercando protezioni pubbliche. Se a qualcuno pungesse vaghezza di capire la
follia della chiusura autoreferenziale che ho appena descritto, potrebbe
leggersi il libro che descrive il pensiero di Luhmann e la nostra proposta che
trova presentato a lato di questo post.
La riflessione più profonda,
è le letterariamente più brillante”, mi è sembrata quella di Luca Ricolfi sul Sole 24 Ore di ieri “ … il popolo, più che fidarsi dei populisti, non sa a chi
altri affidarsi e, votandoli, fa una scommessa tanto scettica quanto disperata”.
In sintesi, punta il dito
sule classi dirigenti.
Ma allora dobbiamo sostituirle?
No! Dobbiamo dire loro che devono sviluppare progetti alti e forti sia a
livello nazionale che a livello di imprese, attori sociali, istituzioni finanziarie
etc.
E, soprattutto, fornire loro
le conoscenze per farlo. La loro incapacità di visione non è “ontologica”, non
dipende da qualche loro carenza personale. Dipende solo dalla povertà delle
loro conoscenze di riferimento. Moltiplichiamo le risorse di conoscenza nella
loro disponibilità e riusciranno a generare quei progetti di sviluppo alti e
forti di cui abbiamo esistenzialmente bisogno.
Il futuro è imprevedibile
fino a che non ci decidiamo a costruirlo.
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