di
Francesco Zanotti
Giuseppe De Rita venerdì 2 aprile sul Corriere
scrive un articolo dal titolo molto forte “Cultura d’impresa. Il vuoto dei Piani alti.”.
La sua tesi è riassunta alla fine: “Ed è questo,
forse, l’unico modo per dare sostanza al vecchio termine di politica
industriale: non disperdersi in strategia di settore, ma concentrarsi su di un
solo fattore, il rinnovamento della cultura organizzativa, quella dei vertici
delle aziende, dei gruppi di impresa e delle istituzioni economiche”.
Io aggiungerei una precisazione che rende più
concreta la diagnosi (anche meno minacciante) e indica le direzioni di “cura”.
Io non parlerei di cultura, ma di conoscenza.
Meglio: risorse cognitive.
In questo
modo la tesi di De Rita si trasforma: cari top manager, alti burocrati,
imprenditori, politici e tutti voi che governate sistemi umani oggi non state
usando la gran parte delle conoscenze che vi servirebbero per governare
realmente. E ne avreste bisogno perché oggi (discorso medio, ovviamente) non
governate nulla. Cercate solo di sopravvivere e non costruite un nuovo percorso
di sviluppo.
Lo stesso De Rita illustra nel suo articolo questa
“nuova impotenza”, travestita dal mito dei “Master of Universe”.
In
questo modo la “cura” diventa evidente.
Occorre raccogliere tutte le conoscenze rilevanti per governare i sistemi
umani: dalle imprese alle burocrazie agli stati. Poi è necessario ricavare da esse
nuove pratiche di governo, diffondere conoscenze e metodologie e sperimentarle.
Non si tratta di cambiare le classi dirigenti: ci
penserà la Natura a garantire il cambiamento fisiologico. E anche una nuova
conoscenza (ad esempio le scienze cognitive daranno una rilevante contributo a
capire quale può essere il ruolo sociale complementare di giovani ed anziani).
Oggi il problema, urgente, ma affrontabilissimo
e senza l’esigenza di rilevanti investimenti. Noi abbiamo sviluppato un
Progetto preciso e l’abbiamo chiamato “Expo della Conoscenza”.
Ma
che c’entra con la corruzione?
C’entra e si intravvede un nuova prospettiva per
superarla. La corruzione è l’inevitabile risultato di strategie puramente
relazionali. Infatti, se i top manager o gli imprenditori dispongono solo di risorse
cognitive povere, non riescono a vedere e gestire le reali potenzialità di
sviluppo. Per sopravvivere, loro e le imprese che guidano, sono costretti a
costruire clan relazionali di supporto e protezione. Quando si ha a che fare
con Enti pubblici questa relazionalità complice non può che essere chiamata
corruzione. Ma essa è anche alla base di clan economici, sociali e politici che
fanno si che i rinnovi delle cariche avvengano sempre solo all'interno di
cerchie di persone conosciute. Anche quando sembra apparire un cambiamento
questo avviene con persone che, pure loro, cercano e costruiscono clan relazionali.
Questo accresce la povertà cognitiva delle classi dirigenti e finisce per
rendere sempre più inevitabile rimanere ancorati solo alle politiche di clan.
Quante volte parlando di innovazioni profonde si
vede l’occhio vitreo ed ignorante del manager o del politico di turno che sa
chiedersi solo quanto conti e di chi sei amico.
Quando classi digerenti di questo tipo di
interfacciano con la cosa pubblica non possono che considerala cosa di clan. Ne
sono costretti dalla povertà cognitiva: fanno quello perché non sanno fare
altro.
La prospettiva per superare questa degenerazione
relazionale è quella di costringere le classi dirigenti a confrontarsi con la
conoscenza, a saper selezionar le classi dirigenti in base alla conoscenza di
cui dispongono.
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