giovedì 2 aprile 2015

Proposta post Expo

di
Francesco Zanotti


Ho scritto che l’obiettivo di fondo dell’Expo è già fallito.
Ciononostante l’obiettivo non è svaporato, anzi è da perseguire con tanta più intensità quanto più passa il tempo.
Abbiamo immaginato un progetto per camminare verso il raggiungmento dell'obiettivo di attivare l'emergere di una nuova scietàe lo abbiamo denominato il Progetto IMEFF (International Exhibition of Mediterranean Foods and Flavours). Essa costituisce uno delle possibili “concretizzazioni” della nascenda “Carta di Milano”.

Oggi sembra che tutti siano in attesa. Prima, di qualcuno che adotti misure che riescano a fermare la crisi e a stabilizzare la situazione.  Poi, di qualcuno che riesca a varare le riforme che potranno favorire la crescita.
A noi sembra che non sia il momento dell’attesa. E’ il momento della progettualità e dell’azione costruttiva dal basso. Il progetto IMEFF è un esempio di questa nuova vitalità generativa che ci sembra giusto definire “imprenditoriale”. Ecco in cosa consiste.

Il Mediterraneo: un’ecologia di civiltà …
Dalla notte dei tempi, intorno al mar Mediterraneo, si è sviluppata un’intera ecologia di civiltà che condividono una ecologia naturale particolarmente favorevole allo sviluppo integrale dell’uomo.
Intendiamo dire che ogni territorio ha sviluppato una propria civiltà, fatta di arti, scienze, città, strade, istituzioni etc. Ma tutte queste civiltà non sono monadi separate, piuttosto hanno evidenti e profonde radici comuni. Alcuni pensano che questa unità profonda sia ancora più vasta e lontana. In mille luoghi di un territorio che dalla Bretagna si allunga fino all’India, esistono segni di una civiltà comune: Gilania, la civiltà della Dea madre terra.
Ma fermiamoci, per il momento, alle rive del Mediterraneo. Ognuna delle civiltà che sono nate ed hanno vissuto lungo le sponde del Mare Nostrum è un ologramma di una storia comune, è una specifica, originale e sorprendente interpretazione di questa storia comune a tutti i popoli che hanno vissuto e vivono sulle rive di un mare dove “nostrum” può e deve significare: di tutti.

… che rischia di disperdersi nel conflitto
Purtroppo questa storia sembra dimenticata, quasi tradita. Le espressioni attuali di questa diverse civiltà stanno scegliendo di considerarsi monadi le une verso le altre e, quindi, si ritrovano a considerare il conflitto come unica strategia possibile. Ma si tratta di una strategia di sopravvivenza sofferente, non certo di sviluppo.
Il conflitto è economico, perché prevale la strategia della contrapposizione, della mutua esclusione, della competizione. Il conflitto sta diventando complessivo, degenerando in una paradossale guerra di civiltà. Da una contrapposizione conflittuale generalizzata può nascere solo una sconfitta complessiva e non certo uno sviluppo. Non è possibile neanche uno sviluppo  egoistico di qualche parte a spese delle altre.

Costruire una nuova cooperazione “dal basso” e “subito”
Per evitare un’epocale sconfitta complessiva, di tutti nella guerra contro tutti, è necessario costruire strategie e progetti cooperative comuni che traggano ispirazione, che permettano di riscoprire e valorizzare questa unità profonda di natura e di civiltà. Esse, sole, potranno costruire una nuova stagione di sviluppo solidale in tutte le dimensioni della società: economica, sociale, politica, istituzionale e culturale. Ed eliminare i conflitti latenti ed in atto e prevenire l’insorgere di conflitti futuri.
E’ necessario che queste strategie e questi progetti nascano dal basso per poter concretizzarsi subito.

Come fare? Abbiamo sviluppato una proposta

La magia del cibo
Perché partire dal cibo e, quindi, dal comparto agro-alimentare?

Partire dal cibo perché è una delle manifestazioni più “umane” della cultura di una comunità, di una civiltà. Forse, l’ambito nel quale questa unità profonda che si manifesta in diversità sinergiche è più evidente.
L’ulivo e l’olio che da esso si ricava costituiscono l’esempio più adatto a descrivere questa complessità sinergica ed unica. Infatti, l’ulivo viene coltivano praticamente solo nel bacino del Mediterraneo. Gli oli che si ricavano sono diversi da località e località, offrendo ognuno una specificità unica di sapori e profumi. L’ulivo, una pianta di tutti che tutti vivono diversamente. Si conosce a fondo l’ulivo solo se si sperimentano tutte le sue diversità locali. Ognuna scatena il desiderio dell’altra.
Promuovere il cibo (e i sapori) di un territorio significa promuovere nella sua integralità quel territorio.
Partire dal comparto agro alimentare perché un’“industria” chiave per lo sviluppo economico dei popoli che si affacciano sul Mediterraneo. Capace di trainare, informare di se’ uno sviluppo economico finalizzato ad uno sviluppo sociale etico ed estetico.

Una magia distrutta da una competizione miope
Oggi, però, accade, però, che i diversi cibi e sapori dei diversi popoli del Mediterraneo, pur molto apprezzati ovunque, rischino di perdere la loro originalità profonda e il significato che le loro storie possono raccontare a noi ed al mondo.
Infatti, siamo oggi portati a guardare troppo “in piccolo”: alle nostre piccole realtà locali  e non all'intero Mar Mediterraneo ed alla sua storia. Questo ci costringe a considerare solo le caratteristiche funzionali delle nostre cucine, dei nostri cibi e del nostro territorio. Al massimo ci aggiungiamo folclore.
Questa visione “partigiana” ci porta a praticare tutti un’unica strategia promozionale disponibile: la comunicazione competitiva che distrugge il senso profondo della civiltà di cui sono emanazione, la spezzetta in briciole che, prive della loro storia comune, possono solo raccontarne eccellenze organolettiche o folcloristiche.

IMEFF: Una comunità cooperante che costruisce sviluppo
Per sfruttare appieno le potenzialità delle risorse cibo e territorio è necessario immaginare una nuova strategia promozionale, cooperativa, invece che competitiva, per diffondere i sapori e i colori del Mediterraneo, insieme a quella ecologia di civiltà che è andata emergendo nei secoli lungo le rive di questo mare e che ne costituisce il senso più profondo.

Questa nuova strategia promozionale si può concretizzare in un Progetto che abbiamo denominato “Salone internazionale del gusto Mediterraneo”. IMEFF che è l’acronimo dell’inglese: International Mediterranean Exibition of Foods and Flavors.
Esso non intende essere solo una ulteriore tra le numerose esposizioni commerciali, appiattite sulla bontà dei prodotti esposti e sul loro prezzo, ma un momento di sintesi culturale in cui ogni territorio racconta il suo patrimonio enogastronomico come un’olografia locale delle nostre comuni e antiche civiltà.

IMEFF in concreto
Il Salone è pensato per essere una iniziativa senza soluzione di continuità.

La Prima Edizione avrà l’obiettivo di comunicare l’idea principale del Salone: cucina, cibo e territori sono manifestazioni diverse di un’unica storia che viene dai tempi antichi. La cucina, il cibo e i territori raccontano un’ecologia di stili di vita che possono essere sperimentati uno dopo l’altro in un tour senza fine attraverso territori caratterizzati da una storia e da un mare comune.

Da un punto di vista “logistico”, il Salone sarà strutturato in tre padiglioni ideali principali.
Il primo sarà dedicato a descrivere l’idea fondamentale del Salone: un messaggio di unità nella diversità che dovrà essere rinnovato ad ogni edizione, ma che rimarrà come costante richiamo a quella unità cooperativa alla quale la nostra comune storia ci richiama.
Nel secondo padiglione saranno descritte le cucine, i cibi e il territorio del Paese, dove si terrà la prima edizione.
Il terzo sarà dedicato a rappresentare gli altri territori del Mediterraneo che condivideranno il progetto.

Le diverse edizioni si terranno con scadenza annuale a rotazione in diversi territori e con un format comune: vi saranno sempre tre Padiglioni. Il primo sarà continuamente aggiornato, ma sarà sempre dedicato a descrivere l’idea fondamentale del Salone. Il secondo sarà dedicato al territorio organizzatore. Il terzo agli altri territori.

IMEFF e il PAM
L’idea del Salone è stata presentata al Parlamento del Mediterraneo che ne ha approvato il progetto di massima nella sessione di lancio del “Panel for External Trade and Investments in the Mediterranean” che si è tenuta a Lisbona il 27-28 maggio 2010.

IMEFF: risultati attesi
Il Salone avrà, innanzitutto, un grande impatto nello sviluppo sia del comparto turistico che del comparto agro alimentare.

Nel comparto del turismo genererà una vera rivoluzione. Infatti, cambierà il concetto stesso di “vacanza”: dall'attuale vacanza come “fuga” dalla dura realtà del lavoro a momento di sperimentazione di nuovi stili di vita e scoperta delle mille civiltà che hanno costruito il senso del nostro presente. Fino a diventare esperienza concreta di una nuova convivenza possibile, nella quale lo sviluppo di ognuno dipende strettamente dallo sviluppo degli altri.
Operando questo “shift” di significato verranno cambiate le regole della competizione. Le diverse comunità del Mediterraneo proporranno al mondo non uniche proposte isolate, ma un’ecologia di esperienze di vita sinergiche: quando qualcuno sperimenta una di queste, non può non sperimentare gli altri diversi stili di vita collegati.  Una proposta unitaria, insomma, che non spezzetta più, artificialmente, una unità di profonda di storia e di mare.

Questa iniziativa certamente può andare molto oltre il costruire sviluppo economico.
Il Salone Internazionale del gusto Mediterraneo può diventare il primo esperimento di uno sviluppo economico costruito non sulla competizione, ma fondato su un’ampia cooperazione non solo tra operatori economici, ma coinvolgendo tutta la società. Si ritiene che questo tipo di sviluppo, fatto di cooperazione e coinvolgimento, possa essere un’esemplare pietra miliare che sarà in grado di suggerire nuove dinamiche di sviluppo in tutte le dimensioni della società.
Se ci permette un paragone, il salone potrebbe svolgere nel 21° secolo quella funzione di “prima fase di dialogo” tra Paesi in conflitto, come lo era stati il ping pong nel XX secolo.


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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.