lunedì 9 settembre 2013

Cernobbio e il cappotto di Akákij Akakiévič

di
Francesco Zanotti



Ho letto i resoconti del Sole 24 Ore sul Worshop Ambrosetti di Villa D’este … Che dire … un ricombinare di tasselli sperando che si aggiusti un vecchio mondo … Come pretendere di aggiustare il cappotto di Akákij Akakiévič, il protagonista del “Cappotto” di  Gogol.

Annusato il tabacco, Petrovič allargò la «vestaglia» fra le mani e la esaminò controluce e di nuovo scosse la testa. Poi la rovesciò dalla parte della fodera e di nuovo scosse la testa, di nuovo levò il coperchio con la carta incollata sopra il generale e, riempitosi il naso di tabacco, chiuse la tabacchiera, la ripose e finalmente disse: «No, non si può riparare: è in cattivo stato!»
A queste parole il cuore di Akakij Akakievič ebbe un balzo. «Come non si può, Petrovič?» disse con voce quasi supplichevole, da bambino, «è consumato soltanto sulle spalle, tu devi pur avere dei
pezzi di stoffa da metterci...»
«Certo, i pezzi si possono trovare, i pezzi si trovano,» disse Petrovič, «ma è cucirli che non si può: è roba completamente marcia, come la tocchi con l’ago, ti si disfa in mano.»
«Che si disfi pure, tu subito ci metti una pezza.» «Ma non c’è dove poggiarle le pezze, non c’è presa, è troppo logoro ormai. Non è panno questo, ma gloria: come soffia un po’ di vento vola
via.»«E tu appunto rinforzalo. Come sarebbe a dire, così, davvero, questo!...»
«No,» disse deciso Petrovič, «non si può far nulla. È una brutta faccenda. Meglio, piuttosto, appena verrà il freddo dell’inverno, che ve ne facciate delle pezze per i piedi, perché la calza non tiene abbastanza caldo. Sono stati i tedeschi a inventarla per farci più soldi (appena c’era il modo, a Petrovič piaceva tirare una frecciata contro i tedeschi), e di cappotto dovrete farvene uno nuovo.»

Il problema sta nelle risorse cognitive.
Ogni essere umano riesce a vedere quello che i suoi occhiali cognitivi gli permettono di vedere. Irrimediabilmente solo quello.
Ogni essere umano riesce ad esprimersi solo attraverso i linguaggi che conosce. La loro “potenza espressiva”.
Ogni sistema economico, modello di società e classe dirigente è caratterizzato da specifici occhiali cognitivi e linguaggi.
La società industriale (la sua economia, il suo modello sociale, le sue istituzioni) ci ha regalato davvero una lunga stagione umana di “magnifiche sorti e progressive”.
Ma ora sta perdendo di senso: sta perdendo la sua capacità di generare valore economico e sociale e entrando in conflitto con l’Uomo e la Natura.
Le classi dirigenti sono chiamate a guidare la costruzione di un nuovo sistema economico, di un nuovo modello sociale complessivo, nuove istituzioni. Più nello specifico: nuove imprese, nuove organizzazioni, un nuovo senso al lavoro, un nuovo ruolo all'uomo lavoratore.
Non possono, però, vincere questa sfida usando gli occhiali cognitivi e i linguaggi che ci hanno permesso di costruire la società industriale. Attraverso di essi non si riescono a vedere i Segni dei Tempi Futuri. Con essi non si riescono a raccontare nuove storie economiche e sociali.
Per fortuna all'interno della stessa società industriale sono apparsi nuovi occhiali cognitivi e nuovi linguaggi in praticamente tutte le scienze naturali (matematica, fisica, teoria dell’evoluzione, scienze cognitive, psicologia, linguistica sociologia, antropologia, filosofia). Occhiali cognitivi e linguaggi che, insieme, portano a immaginare una nuova visione dei rapporti tra l’uomo e il mondo. Che portano a comprendere la natura e i processi di evoluzione dei sistemi umani ed a immaginare una nuova modalità per governarli.
Allora la vera urgenza è quella di fornire questi nuovi occhiali cognitivi e linguaggi alle classi dirigenti.
Di più, occorre creare una vera e propria comunità di ricerca che ha come obiettivo quello di continuamente rinnovare il patrimonio di occhiali cognitivi e linguaggi che le classi dirigenti possono usare non per governare il funzionamento dell’economia e della socialità attuali, ma per governare il processo di costruzione di una nuova economia e di una nuova società.

Ma, oggi, a proporre risorse cognitive alle classi dirigenti, si rischia di rivedere la reazione di Akakij Akakievič.


“Alla parola «nuovo» Akakij Akakievič si sentì annebbiare la vista e tutto quello che era nella stanza cominciò a confondersi. Vedeva chiaramente soltanto il generale con la faccia coperta dal pezzetto di carta sul coperchio della tabacchiera di Petrovič.”

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.