venerdì 11 giugno 2010

Lettera alla Materia (capire come dovere di specie)

Riceviamo e con molto piacere pubblichiamo, da parte del Prof. Minati, un contributo narrativo al nostro dibattito.
Ne auspichiamo molti altri ancora.


So che mi vuoi così …

Ti scrivo senza sapere bene cosa tu sia. Ma la storia si chiarirà nel raccontare.
Ti pensavamo materialità con massa, volume, localizzazione. Usando le risorse cognitive che ci hai dato e che abbiamo sviluppato, abbiamo considerato le diverse potenze, efficacie cognitive del definirti, ipotizzarti, modellarti, così come pure del tuo esistere, nostra esigenza cognitiva per ammetterti. Addirittura ti pensiamo invisibile nell’universo, materia oscura, assunto chiuso nel suo essere aperto.

1: 2 La terra era sterminata e vuota…

Vieni dopo il vuoto (quantistico) che esisteva prima di te.
Sei forse una proprietà di altro, energia senza corpo, che abita momenti e soglie, quasi-particelle e 
quasi-materia.
Ti scrivo perché, a queste soglie, hai costruito mondi. Io abito uno di questi e hai materializzato processi a scala macroscopica. Chiamerò Natura il mio mondo. In esso hai assunto proprietà che diciamo vitali e parliamo di materia vivente. In questo mondo pezzi di carne, pezzi di materia vivente devono agire per mantenere le loro proprietà, come cibarsi, bere, riprodursi, riposare, ritardare il morire, ecc. Per far questo, questo mondo, la Natura, forse in connessione con altri ha fornito capacità cognitive per suoi fini alla materia vivente.

3:7 Allora si aprirono gli occhi di tutti e due …

Ti scrivo perché abbiamo iniziato ad usare impropriamente le risorse cognitive per capire loro stesse, cercare di capire te, capire noi.
La materia vivente ha iniziato a comportarsi, godere e respingere secondo i tuoi fini, alcuni evolutivi, altri che non capiamo. Capiamo forse fino a che ti serve? Siamo andati oltre? O è inclusa in te la capacità di capirti e noi la impersoniamo? Ora, speriamo, abbiamo gioia, non solo, piacere delle tue cose, ma anche delle nostre, come una musica, un dipinto, una poesia: un imprevisto per te?
Non ricordo più solamente l’odore del cibo, la strada per la tana, ma il sorriso e le parole dei miei morti e la musica. Se ti serve questo è, forse, per un altro, gioco.
Ti dobbiamo tutto.
Epicuro, Lucrezio[1], Giordano Bruno, Tommaso Campanella e Leibniz pensavano alle tue proprietà: ma rappresentano un modo con cui avviene il divenire. Non tanto il perché, quanto il come. Tutto deve avvenire in un qualche modo. Il divenire dei neuroni non raccontano il pensiero, ma da dove emerge.
Abbiamo costruito una vita di differenze dai tuoi comandi sgusciando tra e usando ciò che volevi che facessimo.
Perché ti serve la vita, per comprenderti? Devi accelerare qualche processo?
Ci devi far produrre sostanze o energie nuove?
Ci fai gioire di ciò che ti occorre: abbiamo imparato a gioire di altro. E’ una deviazione o volevi che costruissimo nuovi mondi?
La nostra vita è ormai un combinarsi di gioire di ciò che ti serve e di ciò che creiamo. Il prezzo è che abbiamo incominciato a soffrire e sperare: questo nella tua indifferenza, madre amorosa delle specie e matrigna insensibile per gli individui. La morte, per noi, è altro che il finire un compito che ci hai dato. La morte ti serve.
Pensiamo che sia il prezzo dell’autonomia (coscienza?), ma forse sei sempre tu con un altro volto, un altro mondo.
Esploriamo gli estremi dell’incomprensibile come proprietà di altro.



Mangiare la doppia mela

2:19 Allora il Signore Dio plasmò dal
suolo ogni sorta di bestie selvatiche
e tutti gli uccelli del cielo e li condusse
all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati:
in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno
degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome.

Usando aree non regolate dall’attività cognitiva richiesta dalla Natura per raggiungere i suoi scopi abbiamo raggiunto consapevolezza dei limiti di ciò che facciamo.
Si ipotizza un Convertitore Biologico-Cognitivo, per cui ci fai riconoscere e desiderare una forma, un comportamento, una sensazione, un atto. Non sappiamo come avvenga questa trasformazione, non semplicemente mediata da agenti biochimici: forse non ti serve che lo capiamo.
Qualcuno della nostra specie rifiuta il gioco creandosi finalità mistiche, giocando un altro gioco all’interno del tuo, o anche rifiutando la vita.
Ora, usiamo l’attività cognitiva che ci hai fornito per cercare di capire l’attività cognitiva stessa.
Ma quale è il limite del capire del nostro sistema cognitivo?
Impossibilità di mutue rappresentazioni in mondi non-equivalenti?

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Chi sono io? Quello che desidera ciò che ti serve, che ha in disgusto ciò che non vuoi o chi ha capito il tuo gioco?
Capisco che forse mi hai fatto capire il tuo gioco per altre finalità.
Non posso che continuare a giocare il tuo gioco, ma sapendolo. Che cosa cambierà?
Probabilmente è come il problema dell’alt, dovremo giocare tutto il gioco prima di saperlo.

3:11 [il Signore] domandò,
«Chi ti ha fatto sapere
che sei nudo?... »

Diffido del piacere e della gioia, come non miei. E del sorriso di un bimbo e del bacio di un amore. Ecco, devo viverli, ma non ti prenderai gioco di me, tu che, insensibile, sei pronta a togliermeli in qualsiasi momento. Continuerò a sorridere come atto di specie, ti impersonificherò negli istanti, ma canterò di atemporalità e di eterno nel mio cuore che, quando avrà finito di battere, non sarà stato solo tuo. Capisco ora che sarò sempre tuo, ma a livelli diversi, perché non ci sei che tu.
E l’altra materia vivente attorno a me? Solo questa consapevolezza mi permetterà di capire la miseria dei tuoi istanti da far divenire tempo di un mondo degno di ciò che mi hai permesso di diventare.
Comunque, ho acquisito una speranza: conoscerti, capirti e, forse, saprò, quando non sarò più solo proprietà di materia vivente.
Ti riconosco:
nel sorriso di un bimbo,
nel bacio di un amore,
nella gioia di una madre,
nel rantolo di un morente,
nel sorgere del sole,
nel parlare della luna con le montagne,
nello sguardo di un’agonia,
nel ricordare una gioia.
Sarò degno di te.
Una carezza non sarà più la stessa nella gioia di capirti, compimento che dà pace.


The Meta-Perspective
Vivo nel tempo,
ma non appartengo a questo tempo
Gioco questo gioco,
ma so che è una mossa di un altro gioco,
So che tutto questo è proprietà di altro


A presto, genitore senza volto e senza nome

Esodo 3:14
Dio disse a Mosè:
 «Io sono colui che sono!»

Esodo 33:20
Disse ancora: «Tu non puoi vedere il mio volto,
perché l'uomo non può vedermi e vivere».

Esodo 33:23
«… poi ritirerò la mano e mi vedrai da dietro;
ma il mio volto non si può vedere».


[1] clinamen: … id facit exiguum clinamen principiorum nec regione loci certa nec tempore certo … Titus Lucretius Carus, ca. 99 BC - ca. 55 BC, De
                         rerum natura,  II, 292-293





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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.