Francesco Zanotti
Ieri (15 giugno 2010) sul Corriere della Sera è uscito un articolo a firma di Armando Torno che mi ha fatto riflettere sul tema della comunicazione scientifica.
E’ un articolo che annuncia un risultato matematico giudicato di grande rilievo. Ma la comunicazione è sensazionalistica e, anche molto imprecisa. Non è un servizio alla collettività insomma.
Nel testo si legge “hanno dimostrato la correttezza dell’equazione di Boltzmann”. Trovare la soluzione di una equazione o dimostrarne la correttezza (fenomenologica, suppongo) non è esattamente la stessa cosa.
No, non un solo esempio, anche qualcosa d’altro. Ma cosa è stato scoperto in fin dei conti? ..Leggendo qua e là su internet (grazie al contributo del Prof Minati di cui sto introducendo un intervento) mi sono fatto l'idea che, in effetti, Gressman e Strain hanno trovato una soluzione all'equazione di Boltzmann riportata nell'articolo stesso http://www.sciencedaily.com/releases/2010/05/100513162755.htm. E questa soluzione (nei limiti nei quali è valida l’equazione) dice che, nella diffusione dei gas, non vi saranno comportamenti di tipo “catastrofico”, cioè tale da cambiare, a fronte di piccoli disturbi, l’andamento del processo di diffusione dei gas che l’equazione descrive. E mi sono fatto anche una idea delle tecniche matematiche usate. Si tratta di ragionare su spazi che hanno dimensioni frazionarie.
Ma l’articolo non cita questi risultati. Ne immagina solo alcune conseguenze che si attende affascinino il lettore. L’articolo si conclude cercando di far capire l’importanza della matematica, ma non si esce dal paradigma “è utile”.
Io credo che questo tipo di comunicazione scientifica non serva a nessuno. A me dà anche la sensazione della presa in giro. Quasi la comunicazione di un mago che, iniziato alle segrete cose, si degna, ogni tanto, di parlarci. Ma lo fa partendo dall’ipotesi (e dichiarandola tra le righe) che siamo tutti ignoranti e che mai diverremo colti come lui. Quasi temesse che gli andiamo a levare la “cadrega” che la forza del mistero gli garantisce.
Io non credo a questo tipo di comunicazione scientifica, ma forse sono troppo azzardato, polemico. Ma il tema è importante. Allora, ho chiesto al Prof. Gianfranco Minati, Presidente dell’AIRS (Associazione Italiana per la Ricerca sui Sistemi) di aiutarci a capire.
Ecco il suo contributo.
Dalla divulgazione alla traduzione
Gianfranco Minati
Solitamente, la divulgazione è considerata come un processo di esplicazione facilitata della conoscenza per chi è ritenuto non essere in grado di accedere a quella originale.
Il ricevente è così considerato in modo generico come non in grado di accedere alla conoscenza originale.
Il processo di esplicazione facilitata, solitamente, avviene combinando uso di a) linguaggio semplificato usante analogie come corrispondenza o proporzionalità parziale (es. cresce come un fiore) e metafore con cui si usano espressioni linguistiche di un contesto per rappresentarne un altro (es. flusso del tempo); b) minimi riferimenti tecnici e scientifici senza contesto aventi la finalità di dare importanza al testo, con un minimo di legittimante non-comprensibilità; c) riferimenti storici o a libri che il lettore generico non conosce certamente e che mai leggerà; d) induzione di rappresentazioni gratificanti nel lettore che diano l’idea di un minimo di comprensione tuttavia con l’aggiunta di un senso di incompletezza a cui si deve rassegnare riconoscendo così la statura del divulgatore.
Si tratta di convertire immagini dal colore a bianco e nero, riducendo il numero dei pixel senza o con pochi interventi sul significato.
Tale divulgazione è spesso attuata da chi si assume un tal ruolo professionale per cui deve vendere comprensione parziale e rassegnata. Solitamente nessuno valuta e controlla tale divulgazione che può permettersi così per definizione ogni livello di imprecisione come la pubblicità che millanta percentuali di soddisfacimento e dimostrazioni scientifiche di efficacia. Si rivelano veleni capaci di togliere vita ad ogni tentativo di pensare declinando cultura e scienza. Con effetti devastanti sul modo di pensare dei giovani.
Le rare volte che chi possiede la conoscenza completa si impegna nel renderla fruibile, accessibile, rappresentarla concettualmente solitamente procede usando non un linguaggio generico, falsamente democratico, ma quello che ritiene più condiviso dal pubblico a cui si rivolge. Si abbonda in ridondanze disciplinari non-equivalenti, rappresentazioni multiple, reti di significati la cui simultaneità ha lo scopo di generare astrazioni adeguate e proporre reti concettuali che considerano concetti e processi considerati già capiti. Si tratta concettualmente di tradurre. Si deve fare un modello non vuoto del lettore ricevente.
Si tratta, poi, di attivare processi di traduzione, rappresentando e raccontando significati non solo in modo testuale, ma con una multimedialità culturale, usando, ad esempio, il teatro, filmati e videogames. Si tratta di attivare una didattica implicita anche non richiesta, ma semplicemente piacevole e fruibile.
Oggi poi, citare solo lavori di riviste scientifiche irraggiungibili dal lettore (e spesso ignoti al divulgatore-millantatore stesso) non è certo validante, ma mistificante se non si aggiungono riferimenti precisi anche a diversi livelli di fruibilità come links in Internet. La divulgazione-traduzione deve essere una porta per il lettore aperta ai livelli di approfondimento che sceglierà.
Nessun commento:
Posta un commento