lunedì 19 aprile 2010

Stille di una nuova società


Costruire una nuova società… E’ un’ambizione che può sembrare velleitaria. Ma, in realtà, essa è profondamente rivoluzionaria. Allora, occorre liberarla dal rischio della velleitarietà e descriverne tutta la complessità e la ricchezza.
Può sembrare velleitaria perché, troppo spesso, è stata usata da chi ha rincorso utopie irrealizzabili e del tutto soggettive. Quasi utopie finalizzate a superare disagi psicologici e relazionali personali.
Ma, invece, è un’ambizione rivoluzionaria perché, da un lato, si contrappone alla deriva fatalista attuale: le crisi, come eventi incontrollabili quasi buttati sul cammino dell' umanità da un Fato imperscrutabile, ma capriccioso o addirittura da una Natura matrigna.
E, dall’altro, è rivoluzionaria, quando si prova a specificare cosa significa costruire una nuova società.
Costruire una nuova società significa attuare cambiamenti profondi nelle identità degli attori personali e organizzativi che costituiscono la società attuale. Voglio citare, senza pretesa di completezza e di profezia, ma come esigenza, le prime luminescenze di un sogno che inizia ad apparire. In alcuni frammenti sarà un sogno più definito, altri saranno meno chiari
Ma voglio provare a raccontarlo, perché anche solo il raccontarlo lo aiuta a formarsi più compiutamente. Forse riuscirà anche a stimolare mille profeti e poeti che sapranno scrivere storie di futuro, molto più importanti.

Costruire una nuova società significa costruire un nuovo sistema di manufatti (beni, infrastrutture e città) molto meno primitivi degli attuali. Innanzitutto, servono beni di utilizzo quotidiano che siano molti più simili alla struttura dei prodotti della natura: morbidi, multifunzione, evolutivi. Tali da eliminare l’innaturale circolo vizioso di concentrare elementi chimici per costruire prodotti esasperatamente mono-funzione che, dopo un utilizzo sempre più breve, a causa del circolo vizioso della competizione che costringe ad innovazioni sempre veloci (ma sempre più artificiali, cioè poco comprese), vanno buttati e, quindi, scomposti nelle materie prime di cui erano costituiti. Immaginate prodotti che si confondo con la mano …
Immaginate prodotti che sfuggono alla semplificazione: alta gamma, commodity. Questa semplificazione significa riuscire ad immaginare null’altro che un’unica dimensione lungo la quale distinguere, per valori diversi in questa dimensione, i prodotti: il prezzo. Detto per inciso, se pensiamo che, alla fine, i prodotti possono distinguersi solo per il prezzo, come facciamo a non cadere nella trappola della competizione di prezzo che sta devastando il nostro sistema industriale?
Immaginate, quindi, prodotti che non usano il prezzo come misura ultima di valore, ma che si differenziano per il modo di intendere la vita che concretizzano. Questi prodotti richiedono a chi li progetta vastità e profondità del loro guardare le società, le civiltà, i cuori degli uomini.
Non credete che questa sia la strada alla fine della quale si riesce davvero a immaginare che lo sguardo e la progettualità di noi tutti riesca, finalmente, a spostarsi dal mondo delle cose al mondo della conoscenza, in modo da non strutturare più la società attraverso la gerarchia “ricchi e poveri”, ma da valorizzare la specificità e la ricchezza di ogni essere umano?
Ma qui il sogno si sfuma … Non riesco ancora ad immaginare, operativamente, come potranno esser i manufatti del futuro. Riesco solo a desiderare che siano morbidi, multifunzione, evolutivi.
Costruire una nuova società significa immaginare nuovi sistemi produttivi, distributivi e logistici. Certamente strutturati a rete, una rete fatta di unità piccole e più simili agli oggetti della natura. Un esempio concreto in questa direzione, che può fare da esempio al progettare mille altri sistemi, è la possibilità di produrre energia in modo decentrato e collegato, in rete appunto. Evitando, così, le grandi piramidi monodimensionali che hanno come loro sogno finale le centrali nucleari, che sono l’archetipo forse più visibile di tutte le follie prometeiche. Significa immaginare un nuovo sistema finanziario complessivo e, più specificatamente, un nuovo sistema bancario che faccia da Hub non solo per i flussi finanziari, ma anche per i flussi cognitivi. Fino ad arrivare ad immaginare un profondo cambiamento nel concetto stesso di fare impresa, dove l’iniziativa privata non sia solo individuale, ma anche sociale, dove il valore prodotto non sia solo economico e finanziario, ma anche sociale, politico, culturale, istituzionale.
Costruire una nuova società significa cambiare la mission della classe dirigente che non può più limitarsi a gestire il presente usando l’arma del potere, ma deve diventare responsabile della progettazione e costruzione di questa nuova società. Significa immaginare una forma di Governo meno elitaria della democrazia rappresentativa. Le Web Technologies ci possono aiutare a trovare la strada se non ci limitiamo ad usare le loro prestazioni relazionali, ma iniziamo ad esplorare ed usare le loro prestazioni “cognitive”.
Costruire una nuova società significa immaginare un nuovo Stato Sociale che abbia l’obiettivo non solo di aiutare le persone che, a diverso titolo, vivono condizioni di disagio speciale. Ma che sia capace di valorizzare queste situazioni umane come luoghi pregiati di esperienze umane profetiche.
Significa creare una scuola che si liberi dal binomio insegnamento/apprendimento, che non imponga più percorsi di evoluzione personali innaturali perché fondati sulla riduttivistica visione di una conoscenza composta di materie che hanno delle basi che vanno apprese prima delle nozioni più complesse che, sole, permettono l’utilizzo della conoscenza. Una scuola che sia subito e sempre luogo di ricerca e di servizio. Ricerca e servizio a cui partecipano tutte le generazioni, ogni essere umano.
Costruire una nuova società significa dotarsi di nuove istituzioni e di una nuova Carta Costituzionale che rappresenti la sintesi di un nuovo Patto Sociale complessivo, esplicitamente orientato a creare una nuova società in continua evoluzione.
Costruire una nuova società significa costruire un nuovo insieme di valori di riferimento ed una nuova visione del mondo che relativizzi, si affianchi e completi la visione del mondo che nasce dalla scienza galileiana.
In particolare, significa costruire una nuova visione della scienza e della conoscenza, che ho cercato di delineare parlando dei nuovi modelli e delle nuove metafore e adottare una politica della ricerca opposta a quella attuale che si perde nel gigantismo e nel riduzionismo delle specializzazioni. Una politica della ricerca che non venga sottoposta ad un artificiale controllo sociale. Ma che sappia coinvolgere tutta la società, a cominciare dalla scuola.
Ripensando ora alla scuola: ma, allora, anche la scuola è un’istituzione a funzione unica come l’impresa. Allora, è necessario un futuro dove sia la scuola sia l’impresa diventino luoghi complementari di costruzione (produzione), ricerca e servizio.
Costruire una nuova società significa riuscire a costruire nuove relazioni umane meno primitive di quelle meramente funzionaliste, e orientate al soddisfacimento di esigenze oramai troppo artificiali. Relazioni umane più profondamente empatiche e solidali, capaci di generare una nuova qualità della convivenza che potrebbe avere un nome specifico: solidarietà progettuale.
Costruire una nuova società significa anche costruire un nuovo sviluppo dell’uomo. Ci dimentichiamo sempre che noi esseri umani odierni siamo figli di un’evoluzione profonda dai meandri profondi della natura. Non possiamo credere che questa evoluzione finisca con noi. Come sembriamo, invece, credere della storia il cui sviluppo vogliamo bloccare, come dirò più avanti, con rigide politiche di conservazione. Non possiamo non porci il problema dell’evoluzione futura della razza umana: dove andremo, come ci trasformeremo? E non possiamo non avere il desiderio di partecipare a costruire questo futuro biologico e culturale.
Costruire una nuova società significa costruire un nuovo rapporto con la natura.
Poiché viviamo in un tempo di ecologismi semplificanti e, purtroppo anche conflittuali, come se il disagio della natura fosse un’ulteriore e ghiotta occasione per riproporre una battaglia anticapitalista dai sapori ancestrali, è necessario spendere qualche parola in più per non rischiare di essere classificati tra questi semplicismi.
Non si tratta solo di fermare l’aumento della temperatura del globo. Si tratta di costruire un equilibrio dinamico ed evolutivo tra ambiente naturale ed ambiente artificiale. Fino ad ora abbiamo indicato un aspetto di questo nuovo rapporto con la natura: occorre riprogettare il tipo di manufatti che progettiamo di produrre, i sistemi industriali attraverso i quali li produciamo, il sistema di trasporto e distribuzione che li rende disponibili etc. Ma l’obiettivo deve essere non solo quello di rispettare la natura. Innanzitutto perché anche la natura evolve ed è uno sforzo di conservazione impossibile cercare di bloccarla come è attualmente. E, poi, perché la nostra presenza su questa pianeta non può più essere solo passiva o sfruttatrice. Deve essere una presenza progettuale e costruttiva. La costruzione di una nuova alleanza per una nuova evoluzione sinergica tra uomo e natura, tra cosmo e uomo.
In sintesi, costruire una nuova società significa creare di nuovi sistemi umani (imprese, attori sociali e politici, organizzazioni e istituzioni) che si coagulino in una nuova modalità di convivenza umana, non solo equa ed eco-compatibile, ma che si proponga uno sviluppo etico ed estetico che garantisca in una ecologia di nuove qualità della vita. Non un’unica qualità della vita standardizzata su un modello che pretenda di essere valido per tutti. Ma mille e diverse qualità della vita che nasca con il contributo delle diverse “località” geografiche, sociali, politiche e culturali di questo nostro mondo. E permettano loro di costruire un loro specifico sviluppo etico ed estetico. Questa nuova società deve, alla fine, prefigurare una nuova alleanza con la natura che, però, non può essere siglata all’insegna della conservazione, ma deve costruire una coevoluzione tra mondo della natura e mondo dell’uomo.
In fine, alla fine di questo mio sogno ad occhi aperti, costruire una nuova società significa iniziare a costruire nuove grandi storie sull’uomo, la società e la natura che abbandonino la pretesa infantile di diventare ideologie, cioè verità eterne sull’uomo, la società e la natura Che la nostra generazione costruisca la sua opera d’arte storica e complessiva.
Credo che sia necessario insistere. Tutti abbiamo un’idea di come poteva essere il mondo senza la stampa ed il mondo dopo la stampa, come poteva essere il mondo prima che fosse disponibile l’energia elettrica e dopo che essa ha iniziato a circolare nei fili di rame. Ecco noi dobbiamo immaginare una nuova società che sia così rivoluzionaria rispetto a quella attuale come sono state le società che usavano stampe ed energia elettrica rispetto a quelle che non le usavano.

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.