lunedì 8 marzo 2010

Internet ne è l'esempio

Edge è una rivista statunitense on line che si occupa di scienza e tecnologia. Ogni anno propone un argomento di discussione. La domanda del 2010 è: "l'uso della rete ha cambiato il nostro modo di pensare?". Un paio di centinaia tra scrittori, scienziati, filosofi e artisti hanno risposto finora. Tra questi, mi ha colpito l'intervento di Richard Dawkins, biologo evoluzionista. Il motivo è semplice: la sua vista globale del fenomeno mi ha ispirato intriganti paralleli e considerazioni che vorrei condividere con voi.
La prima considerazione è sulla genesi di Internet: non progettata da un singolo personaggio geniale nè da una grande azienda, ma da una comunità anarchica anonima, fatta da singoli o gruppi sparsi in tutto il mondo.


Ciononostante, ha dimensioni sovrumane, collega computer di dimensioni diverse, che funzionano a velocità diverse, progettati da aziende diverse. Ma la cosa più sorprendente è che non è stata progettata da nessuno eppure...funziona secondo principi non solo biologici, ma specificatamente ecologici.
Ecco allora una metafora sulla quale meditare per i responsabili di governo delle nostre comunità, grandi (paesi interi) o piccole (aziende) che siano. Un "funzionamento", o meglio, un comportamento funzionale, se deve avere a che fare con una intrinseca complessità, data dalla dimensione ma anche dalle differenze e dall'essere sparpagliati nello spazio, va fatto emergere più che progettato nel dettaglio. Poche regole, protocolli semplici e chiari e lasciare spazio ai singoli.
Internet ne è l'esempio.
Dawkins non sottace la qualità di alcuni contenuti, pessimi, volgari, a volte atroci, favoriti dall'anonimato che, prima o poi, bisognerà risolvere. Ma che dire della ricchezza e qualità di un contenitore come Wikipedia che, pur non essendo controllato da nessuno, continua ad essere una fonte attendibile, aggiornata e ben fatta di informazioni? Certo, a volte vi è qualche errore, ma la sua vita è più breve del meccanismo di correzione che lo eliminerà in poco tempo. Dunque bisogna esser ottimisti riguardo la rete che ha questa incredibile capacità di autocorreggersi con una sorprendente voglia di "prendersi sul serio", laddove ne viene data la possibilità. Spazi di rappresentazione di identità, aggiungo io, che sono talmente importanti che nessuno si sognerebbe di barare o non considerarli. Ecco un altro esempio da replicare nei campi più disparati: dare fiducia permettendo di soddisfare la voglia di autorappresentazione. Qualcuno ne abuserà, ma i benefici saranno di gran lunga superiori e a vantaggio di tutti. L'errore è in agguato, ma va tenuto in conto come costo da sostenere, non come elemento che inibisce il tutto.
Internet ne è l'esempio.
Sorprende l'esistenza di una sorta di "sistema immunitario" sulla rete. Se esiste un virus, un attacco, un qualsiasi acciacco che il nostro computer può prendersi, di sicuro la rete stessa ha da qualche parte la soluzione. E' il sistema stesso che se ne è dotato, per la sua sopravvivenza, nessuno lo ha progettato. Ancora una volta, assistiamo all'eterna lotta tra il bene e il male? Non lo so, so solo che bisogna dare fiducia ai sistemi che evolvono, prima o poi trovano un equilibrio e qualsiasi intervento esterno, oltre che inutile, risulterebbe anche dannoso, perchè rallenterebbe l'emergere della sua soluzione naturale, che sicuramente funzionerà.
Internet ne è l'esempio.
Conclude il suo intervento con considerazioni sull'unificazione mondiale che il web sta realizzando e su congetture sulla creazione di un singolo individuo, più che di una collettività umana. Siamo ben distanti da questo scenario, per certi versi, raccapricciante, vista l'incapacità di leggerci nel pensiero, ma il sistema Internet è un sistema che evolve, si aggiusta da solo, cresce, a beneficio di tutti. Non esiste in Internet qualcosa di troppo grande da cui dipende, eppure qualsiasi contributo può migliorarlo. Perchè non prenderlo ad esempio, studiarlo per comprenderne i principi con i quali progettare interventi sulle comunità umane che abbiano maggiori possibilità di successo di quelli che vengono imposti dall'alto oggi?
Perchè perpetuare un' atteggiamento di pianificazione e controllo di ogni dettaglio, valido per sistemi semplici o complicati ma fatti di parti elementari banali, invece di utilizzare principi più efficaci, come i contenuti della rete dimostrano?
E anche quì Internet ne è l'esempio.

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.