giovedì 15 ottobre 2009

Non a caso Elinor Ostrom si è fermata solo lì ...

Ad Elinor Ostrom è stato assegnato il Nobel per l’economia. Significativo, profondamente descrittivo è il titolo di un suo pezzo pubblicato il 13 ottobre 2009 sul Sole 24 ore: Innovazione dal basso. Ella sostiene che “Dobbiamo aprire il settore pubblico all’imprenditorialità ed all’innovazione”. E poi “I cittadini spesso
trovano nuovi modi di mettere insieme i servizi usando un mix di talenti e risorse locali”.
Sono tesi certamente da condividere. Che oggi, altrettanto certamente, merita il Nobel per l’economia. Sono tesi che andrebbero attentamente studiate da tutti i Governanti e tutti gli economisti che stanno progettando grandi riforme dall’alto. E da tutti gli strateghi d’impresa che non hanno ancora capito che la strategia non può nascere da un freddo processo progettuale curato da specialisti.
Ma non è un caso che una economista si sia fermata solo lì …
Non intendo certo sminuire il suo lavoro. Voglio solo osservare che s Elinor Ostrom si è fermata alla metà di un guado dove, certamente, pochi economisti sono giunti, ma che molti altri hanno già superato.
Sono arrivati sull’altra sponda, dalla quale stanno esplorando nuovi orizzonti, tutti coloro che hanno esplorato e studiato i sistemi complessi. Tutti costoro sanno che i sistemi complessi vengono generati da processi emergenti, dal basso. Lo sanno da decenni. Hanno iniziato a intuirlo da quando si è scoperto il ruolo attivo dell’osservatore dalla meccanica quantistica. Hanno, poi, precisato questa intuizione in mille dettagli, fino ad arrivare alla comprensione dei meccanismi dell’auto poiesi e dell’autoreferenzialità che presiedono alla formazione dei sistemi complessi. Fino alla scelta del livello mesoscopico (tra macro e micro) come luogo elettivo per leggere il formarsi di un sistema complesso. Fino alla proposta di Sorgente Aperta, un nuovo metodo di Governo, per stimolare e gestire processi emergenti.
Gli economisti sono rimasti all’intuizione (verificata “sperimentalmente”, dicono loro) che è possibile il governo dei sistemi umani dal basso. Cioè, una scoperta che la fisica quantistica aveva già reso disponibile negli anni ’20. E non stanno usando tutto il resto che abbiamo sommariamente citato prima. Tanto meno il nuovo metodo di governo che abbiamo definito Sorgente Aperta.
Questo isolarsi degli economisti è dovuto alla convinzione che la conoscenza sia strutturata in discipline dai confini giudicati (forse anche voluti) rigidi ed invalicabili. Una conoscenza che coltiva il mito dell’esperto che, forte della “astrusità” della sua disciplina, si auto costruisce un ruolo di “sacerdote del futuro”.
Con in mente questo modello di conoscenza, non si riesce a cogliere la portata rivoluzionaria di una scienza dei sistemi (sistemica), capace di stare al fondo, di ascoltare e fecondare ogni ambito disciplinare. Così si rischia che mille specialisti di mille discipline ripercorrano le stesse strade, senza cercare di imparare da coloro che davvero stanno già sull’altra sponda del guado che tutte le discipline dovranno inevitabilmente superare.
L’economia è, davvero, un esempio eclatante di questa visione della conoscenza. Nei mesi scorsi si è scatenata una battaglia sulla “serietà” o meno dell’economia. Una scienza sulla quale tutti facciamo affidamento, ma che viene messa in discussione perché le si addebitano mille colpe. A queste colpe gli economisti rispondono con una diffusa levata di scudi … Io credo che, invece di accuse e difese, sarebbe il caso di provare a esplorare i fondamenti epistemologici dell’economia. Li si troverebbe simili a quelli della meccanica classica. E, così, si scoprirebbe che gli economisti, mediamente, salvo eccezioni che meritano davvero il Nobel, non hanno neanche iniziato a guadare il fiume che permette di lasciare la landa oramai sfruttata della società industriale che nella meccanica classica ha il suo ideale epistemologico. E si proverebbe a suggerire agli economisti di guardare dall’altra parte del fiume che hanno davanti. Dove vi è chi sta loro tendendo una mano fatta di nuovi modelli e metafore per rinnovare la sua missione di servizio allo sviluppo.
Per rompere gli steccati tra discipline che si stanno inviluppando in sterili autoreferenzialità e favorire una sempre più feconda trans disciplinarità, stiamo immaginando un Expo della Conoscenza nel quale vengano “esposte”tutte le conoscenze che nel secolo scorso hanno superato la visione del mondo propria della scienza “classica” (che ha come modello di conoscenza e di intervento la meccanica classica). Non solo vengano esposte, ma si cerchi anche di capirne l’utilizzabilità nelle diverse discipline per renderle strumenti per costruire una nuova società che superi l’attuale crisi della società industriale.
Proviamo ad immaginare alcuni dei possibili risultati che l’Expo della Conoscenza potrebbe produrre per l’economia:
  •  l’imprenditore come operatore quantistico
  •  la competizione auto costruita
  •  i settori e i distretti industriali come meso strutture
  •  il fare strategia come creazione sociale di conoscenza
  •  le regole come sintesi ex-post di processi emergenti
  •  il Governo dell’economia come attivazioni e gestione di processi emergenti
  •  le banche e le istituzioni finanziarie come erogatrici non solo di risorse finanziarie, ma anche di         linguaggi e metodologie progettuali
  •  le comunità locali come fonti delle risorse cognitive fondamentali
  •  le persone come nodi protagonisti delle reti sociali di cui è fatta un’impresa
  •  la sicurezza come creazione di una comunità di “nodi protagonisti”.
Risultati per l’economia? In realtà pensiamo che dall’Expo della Conoscenza nascerà una vera e propria proposta per costruire quello sviluppo dal basso che alcuni economisti sono riusciti solo a vedere.

1 commento:

  1. Tutto bello ma molto, molto lontano dal pensar comune dell'uomo della strada (e intendo anche i suoi "governanti", dal capo in ufficio in su. Siamo sicuri che non possa esserci una via più comprensibile nell'indicare questa nuova strada? Ad esempio riprendendo "pratiche" in settori diversi e più vicini al quotidiano? Al solo scopo di "aprire" la mente a guardare in una nuova direzione.

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.