venerdì 23 ottobre 2009

Pro o contro il posto fisso

Il dilemma è pendolante: posto fisso o flessibilità?
E il pendolo, come è dovere di tutti i pendoli fare, oscilla tra un estremo e un altro … Con grandi rimescolamenti di posizioni, come si vede in questi giorni.

Quando il pendolo ... pendola … significa che nessuna delle due posizioni estreme è soddisfacente. E non lo è neanche la posizione intermedia (di equilibrio) che non soddisfa nessuno dei due estremi che cercano, ad ogni stormir di fronda, di riportare il pendolo a casa loro.

Allora è necessario guardare altrove.
Per farlo inizio con una domanda che potrebbe sembrare a favore dell’estremo flessibilità”, ma non lo è!
La domanda è la seguente: chi propone il posto fisso a chi assegna l’onere di garantirlo? Alle imprese? Be’ non funzionerebbe. Si può anche impedire alle imprese di licenziare, ma se, quando è il momento di pagare gli stipendi, le imprese non hanno i soldi (in genere perché le banche non glieli danno) che se ne fanno le persone di un posto fisso che non significa stipendio fisso? Allora, invece di posto fisso occorrerebbe garantire stipendio fisso (sono esattamente la stessa cosa se l’impresa dispone di risorse infinite o può procurarsele quando serve come lo Stato). L’onere è a carico dello Stato? E lo Stato che fa? Presta i soldi alle imprese? O costringe le banche a finanziare le imprese? Oppure cosa altro? Forse qualcuno pensa che basta costringere i capitalisti cattivoni a guadagnare un po’ meno e le imprese possono garantire automaticamente stipendio fisso.
Mi sembra una domanda rilevante che non sento posta ed alla quale, ovviamente, non trovo risposta.

Ma continuiamo, con un'altra osservazione che sembra ancora portare mulino all’estremo pendolare della flessibilità, ma non è così. E convinco il lettore affermando che la flessibilità, così come viene intesa, lascia aperte domande senza risposta ancora più inquietanti …
L’osservazione: ma non è vero che il posto fisso (ripeto: è interessante lo stipendio fisso e non il posto fisso. E le cose non coincidono) rende la gente più sicura. Vi è un crescente numero di persone che preferisce garantirsi personalmente il futuro piuttosto che delegarlo, lasciarlo, impotentemente, in mano ad altri. Per costoro il posto fisso è un non senso. Come se legandoli al posto fisso li si legasse ad una prigione dove si dipende in tutto e per tutto dagli altri. Mica tutti sono così, ma ve ne è un numero crescente. Obiezione, ma il posto fisso mica è un obbligo. Certo che no! Ma questa posizione non solo va evidentemente accettata, ma è necessario scoprirne la cifra profetica …

Allora: viva la flessibilità? Un momento: quale flessibilità? Una flessibilità seria ha due “corni”. E si una flessibilità in uscita, cioè la flessibilità di buttare fuori. Ma deve anche prevedere una flessibilità in ingresso La possibilità di “buttare dentro” in un posto dove possono pagare quello stipendio che l’azienda che ha buttato fuori non può più pagare.
Ma allora abbiamo spostato il problema: dalla singola impresa, al sistema delle imprese. Perché la flessibilità (che deve essere equilibratamente sia in entrata che in uscita) vi devono essere imprese che assumono (e possono pagare loro lo stipendio) chi vien licenziato … Ma il sistema delle imprese non può garantire, sia pur collettivamente e non individualmente, lo stipendio fisso.


Allora, credo proprio che il dibattito sul posto fisso sia un “non sense”. Non sia che una ulteriore manifestazione di un più grande dibattito pro o contro la libera impresa che, francamente, ha proprio stufato. Si porta dietro la muffa, oramai ammuffita, degli anni ’70.

E' il momento di provare a guardare altrove, oltre la flessibilità e il posto fisso ..
In che situazione stiamo vivendo? Siamo di fronte al finire di un modello di società ed abbiamo il dovere di costruirne un altro. Nello specifico: è necessario progettare un nuovo sistema industriale ed un nuovo sistema economico. Il tentativo di conservare, come purtroppo si sta facendo, il vecchio sistema industriale ed economico in attesa che parta una ripresa che permetta di non cambiare nulla è fallimentare.

In questa contingenza storica cambiano i ruoli all’interno dell’impresa. Il lavoratore non può più essere solo esecutore, ma deve diventare risorsa progettuale per rinnovare continuamente l’impresa. Cambiano i ruoli,
non quando si produce, ma quando si progetta il futuro. La progettazione del futuro non può essere solo onere dell’imprenditore. In questa contingenza storica la vera “cosa” (guardate: non abbiamo neanche un nome per definirla) che garantisce tutti è un patto progettuale. Detto diversamente: l’impresa non deve più essere solo una gerarchia produttiva, ma ,anche e prima, una comunità progettuale. Ecco che abbiamo dato un nome alla “cosa”: comunità progettuale.
Una gerarchia esecutiva quando occorre cambiare il mondo, non può garantire nulla a nessuno. Una comunità progettuale è l’unico soggetto in grado di auto garantirsi solidalmente, il futuro.

E’ utopia l’idea di una comunità progettuale? Se sembra così, allora siamo sulla buona strada perché i grandi cambiamenti ( e Dio solo sa quanto di grandi cambiamenti abbiamo bisogno) vengono innescati solo da utopie. E poi è una utopia già in atto. Mille piccole imprese sono sempre stati comunità solidali. Oggi devono diventare comunità progettuali, ma il passo è meno assurdo di quello che sembra. Mille persone, quelle che considerano il posto fisso un a prigione, non aspettano altro che si offrano loro comunità progettuali che certamente non vedrebbero come prigioni.
Esiste anche una nuova cultura d’impresa che potrebbe stimolare e supportare l’affermarsi di comunità progettuali. Non è certo la cultura della competitività e della leadership. E’ la cultura dei sistemi emergenti.

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.