sabato 9 luglio 2016

Tour de France, Luhmann, Mons. Galantino e un “tu”

di
Francesco Zanotti
Presidente ApEC

Risultati immagini per Greg Van Avermaet

Oggi a pag. 18 del Sole24Ore vi sono, l’uno vicino all’altro due, articoli che, apparentemente, non c’entrano nulla tra di loro. E, invece, parlano del problema e della soluzione.
L’articolo che parla del problema è il resoconto dell’ultima tappa del Tour de France fatta da Giorgio Squinzi, sponsor ed esperto di ciclismo. Egli dice che nella prima tappa pirenaica è accaduta una cosa anomala. La maglia gialla è sulle spalle di un ciclista (Greg Van Avermaet) che non è (era?) accreditato per la vittoria finale. In questa prima tappa pirenaica è accaduto che la maglia  gialla è andato in fuga senza che i pretendenti ufficiali reagissero, troppo intenti a curarsi l’un l’altro. E così il belga ha rafforzato il suo primato in classifica. Il problema è un caso particolare di un discorso generale sui sistemi sociali che fa Niklas Luhmann. Ogni sistema sociale è autoreferenziale: si occupa di quanto accade al suo interno e dell’esterno vede solo riverberi disturbanti. Il gruppo dei favoriti alla vittoria del Tour, durante la tappa, si è costituito in sistema autoreferenziale che, inevitabilmente non ha “visto” quanto accadeva al suo esterno. Cioè che la maglia gialla se ne involava, ben contento che gli altri perdessero energie a guardarsi in cagnesco l’un l’altro.
E la soluzione? Soluzione urgente perché l’autorefenzialità spinta è il problema fondamentale di oggi. Basta un solo esempio per percepire questa gravità: la ricerca della competitività genera sistemi di imprese che si guardano in cagnesco le une contro le altre perdendo di vista Uomo e Natura.
Per trovare la soluzione basta leggere l’articolo di Mons. Galantino su Bonhoeffer. Mi riferisco alla citazione che egli fa alla fine nel suo articolo: “Quando le idee sono troppo cristallizzate, arrivi tu e ogni volta le rimescoli, ed esse danno forma così a nuove costellazioni offrendo per un certo tempo all’occhio che le esamina nuovi gradevoli e stimolanti aspetti.”. Non ha importanza chi sia il “tu”. Il “tu” (piccolissimo) per i ciclisti è presumibilmente costituito dalla classifica della quale sono riusciti a prendere atti quando la corsa è finita. Cioè quando il sistema autoreferenziale dei favoriti che si era formato in corsa si è sciolto. Per il resto, oggi servono mille altri “tu” che strappino le nostre classi dirigenti da un torpore autoreferenziale che sta spegnendo l’umanità. Noi proviamo ad essere uno (pur piccolissimo) di questi “tu”.



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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.