sabato 2 maggio 2015

Avete letto la carta di Milano?

di
Francesco Zanotti
Presidente Associazione per l’Expo della Conoscenza


Io credo che alla fine l’Expo potrà anche essere un buon successo commerciale e darà anche un contributo allo sviluppo delle nostre produzioni agro alimentari. Ovviamente, come tutti, condanno tutti coloro che contestano violentemente anche fosse solo in termini verbali.

Ma non credo che un successo commerciale significhi il successo dell’Expo 2015. Questa manifestazione voleva essere il momento in cui si iniziava a cambiare il mondo da Milano. Si sarebbe dovuto iniziare da Milano un cammino di riprogettazione  complessiva sulla nostra società partendo dal cibo che poteva davvero essere tema catalizzatore di un dibattito complessivo.

Che ne è di questo obiettivo?
Leggiamo la Carta di Milano per farcene un giudizio. Ah, caro lettore, comincio una analisi critica della Carta di Milano, ma non mi fermerò alla critica. Arriverò alla proposta, anche se con il timore di annoiare, perché ho descritto in questo blog più volte la proposta dell’Associazione per l’Expo della Conoscenza. E tanti documenti scaricabili da questo stesso post la dettagliano.

Cominciamo da qualche osservazione strutturale. Beh, la prima cosa che balza all'occhio è che, pur non essendo così vasto, nel documento si continuano a ripetere le stesse cose.

Ecco una prima analisi del testo che riguarda l’issue “educazione”, ma discorsi analoghi si possono fare per energia, cibo e molte altre issues.

A pag. 4 la Carta dichiara che “Siamo consapevoli che una corretta educazione alimentare, a partire dall'infanzia, è fondamentale per uno stile di vita sano e una migliore qualità della vita;”

Conseguentemente, a pag.5, dichiara che “In quanto cittadine e cittadini ci impegniamo a promuovere l’educazione alimentare e ambientale in ambito familiare per una crescita consapevole delle nuove generazioni.”

E, poi ripete, a pag. 6, che “In quanto membri della Società Civile ci impegniamo a promuovere l’educazione alimentare e ambientale perché vi sia una consapevolezza collettiva della loro importanza.”

Da ultimo ripropone pag. 8: “Quindi noi donne e uomini, cittadini di questo Pianeta chiediamo con forza a governi, istituzioni e organizzazioni internazionali di impegnarsi a sostenere e diffondere la cultura della sana alimentazione come strumento di salute globale.”

Le imprese, invece, non si assumono, invece, alcun obbligo verso l’educazione.


Che ne dite?

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.