di
Daniele Frigeri
Direttore Osservatorio Nazionale sull'Inclusione Finanziaria dei Migranti in Italia
Secondo le stime di Banca
Mondiale oltre la metà della popolazione mondiale adulta, circa 2,5 miliardi di
persone e 450 milioni di imprese, non utilizza servizi finanziari ufficiali in
quanto finanziariamente esclusa. In Italia, secondo i dati pubblicati da
Eurobarometer la percentuale della popolazione che non ha accesso ad un conto
corrente presso un’istituzione finanziaria regolamentata è pari al 25%.
Il tema dell’inclusione
finanziaria è entrato a far parte dell’agenda internazionale già nel 2009,
quando i paesi del G20 a Pittsburgh ne hanno fatto un impegno formale, fissando
le linee di quello che sarà il G20 Financial Inclusion Action Plan, che ha
portato all'elaborazione dei “Principles for Innovative Financial Inclusion”
adottati durante il Summit di Toronto del giugno 2010 e l’avvio alla Global Partnership for Financial Inclusion (GPFI).
L’inclusione finanziaria
costituisce un tassello sempre più necessario perché l’individuo possa agire ed
essere soggetto attivo nel sistema economico e quindi anche in quello sociale
di riferimento.
Tra le categorie maggiormente
a rischio di esclusione ci sono gli immigrati, motivo per cui nasce il progetto
“Osservatorio Nazionale sull'Inclusione Finanziaria dei Migranti” (progetto pluriennale, nato dalla
collaborazione fra il Ministero dell’Interno e l’Associazione Bancaria Italiana
- ABI http://www.migrantiefinanza.it/) che
considera l’inclusione finanziaria come un complesso di attività finalizzate ad
aiutare l’individuo non solo ad accedere ma anche ad utilizzare in modo
adeguato (rispetto al contesto di riferimento) servizi e prodotti finanziari
presenti sul mercato.
Il
migrante da un punto di vista socio-economico si configura come un soggetto
caratterizzato da una maggiore vulnerabilità. Privo di una storia finanziaria e
creditizia, di un patrimonio finanziario a cui attingere e con un maggior
livello di precarietà lavorativa, abitativa e di riconoscimento e
valorizzazione delle competenze, e scontando anche le difficoltà linguistiche e
culturali legate alla sua condizione di immigrato, si trova maggiormente
esposto al rischio di esclusione sociale.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7M7d-CFIOTHYNF98ziA4T5BnEAWRMzjIxkHzzyniBEBF2bwUDqshfodwiohjm9RG7l-XK0Eosp6jQrZmefhl2Aosa0vLHvCSd4LvVrWAZxjm9Zmi9Phuf0HtkzYtB3ejRoIQSljNuHA/s400/Tavola.jpg)
Anche sotto il profilo della cooperazione l’inclusione finanziaria in
Italia e nei paesi di origine della migrazione può rappresentare uno strumento
rilevante, spesso trascurato, in grado di attivare processi virtuosi di sviluppo dei sistemi finanziari nei paesi di
origine, in particolar modo rurali, di introduzione di strumenti
finanziari innovativi come la microfinanza e azioni di sostegno allo sviluppo
di strutture produttive locali in connessione anche con il nostro sistema
imprenditoriale. Strettamente connesso a questo processo c’è un ulteriore
aspetto che lega l’inclusione finanziaria con l’agenda immigrazione ed è
costituito dal ruolo che le rimesse hanno
in termini di contributo allo sviluppo dei paesi di origine. La capacità del
sistema finanziario di intercettare e contribuire alla canalizzazione e
soprattutto alla valorizzazione di questi flussi (in termini di leva finanziaria,
investimenti produttivi e non) diviene pertanto essenziale e indispensabile.
Ma non sono solo le rimesse e la
maggiore propensione al risparmio evidenziata dai dati dell’Osservatorio a
rendere il migrante un soggetto interessante dal punto di vista economico. Nel
2013 l’imprenditoria straniera supera le 500.000 unità, pari all’8,2% del
totale delle imprese registrate in Italia; le province di Napoli, Roma, Monza e
Milano registrano i tassi di crescita più consistenti. Le imprese a guida
straniera si sono espanse a un ritmo di gran lunga superiore a quello del
totale delle imprese nazionali (+4,88% nel 2013 a fronte del +0,21% del totale
nazionale), grazie a queste si è potuto mantenere il bilancio anagrafico
positivo di tutto il sistema imprenditoriale italiano. Le ricerche che
l’Osservatorio ha condotto in questi anni su questo segmento specifico ha
mostrato che l’imprenditoria dei migranti non è sempre e solo auto occupazione,
in alcuni casi, seppur ancora con numeri contenuti, le aziende che gestiscono
hanno raggiunto livelli di complessità elevati.
Gli spunti rispetto al tema
dell’inclusione finanziaria sono molteplici e di non poco conto se si intende
sostenere una reale cittadinanza economica dei cittadini stranieri, attraverso
la nascita di soggetti economici dotati delle capacità e degli strumenti adatti
a far crescere la nostra economia. Deve essere una comune responsabilità, di
centri di ricerca, banche e istituzioni quella di costruire policy e meccanismi
che rendano possibile una piena inclusione finanziaria e permettere al nostro
paese di crescere ancora.
Daniele Frigeri
Direttore Osservatorio
Nazionale sull’Inclusione Finanziaria dei Migranti in Italia
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